Mi piacerebbe poter iniziare questo articolo dicendo che nel 2017 ho giocato a tutto ciò che mi ero prefissato e che, nonostante il lavoro, sono riuscito sempre a trovare il tempo per dedicarmi a quella che è, senza dubbio, una delle mie più grandi passioni.
Purtroppo però non è così.
Lo scorso anno è stato
davvero strano, dimostrandosi subdolo e bastardo (
proprio come la rucola) e obbligandomi a fare una drastica selezione dei titoli ai quali poter dedicare il mio tempo. Nonostante abbia passato meno tempo dei miei colleghi con il pad in mano (
ho scritto “pad”, maliziosi!)
ho comunque deciso di realizzare una classifica dei momenti migliori del 2017, ma a modo mio. Attraverso le mie recensioni, gli speciali e i social c’è una domanda che vi ho fatto sempre più spesso:
perché giocate ai videogames?!
Per il sottoscritto la risposta è più semplice del previsto: gioco per le emozioni.
Ho pensato quindi, in pieno stile Inside Out, di realizzare la mia
Top 2017 in base alle emozioni primarie, ovvero
Felicità, Paura, Rabbia, Disgusto, Tristezza e Sorpresa. Badate bene che non si tratterà di una “semplice” lista di titoli, ma di una serie di fenomeni videoludici per i quali ricorderò, senza dubbio, lo scorso anno.
Siete pronti?! Partiamo!
La felicità di essere liberi
Breath of the Wild è stato per me come scoprire il vero amore dopo una vita passata tra i bordelli
Diamo inizio alle danze con quello che è, a mani bassissime, il motivo per il quale ricorderò maggiormente il 2017, ovvero il titolo che ha saputo trasmettermi una delle emozioni più belle in assoluto:
la felicità.
Sono un videogiocatore sin da che ho memoria e di titoli che riescono a colpirmi al cuore ne escono a decine ogni anno, ma non esagero quando dico che
The Legend of Zelda: Breath of the Wild è stato per me come scoprire il vero amore dopo una vita passata tra i bordelli.
Dopo pochi minuti di gioco mi sono sentito pervadere da una felicità che non provavo da troppo tempo e che mi ha spinto a rimanere incollato al pad per ore e ore, a casa, al bagno, in treno e nelle pause pranzo (grazie,
Nintendo Switch). La totale libertà trasmessami dal titolo Nintendo ha però avuto come effetto negativo quello di aver dettato per me uno standard troppo alto che è andato inevitabilmente le produzioni per certi versi simili dei mesi successivi. Ecco che, quindi, titoli come
Horizon: Zero Dawn e
La Terra di Mezzo: L’Ombra della Guerra, per quanto ottimi titoli, mi sono sembrati troppo macchinosi e rigidi, facendomi sentire un po’ come un topo in un labirinto, costretto a prendere certi percorsi per raggiungere il risultato finale (esattamente l’opposto di Breath of the Wild). In definitiva:
sono certo che se amate i videogiochi troverete quest’ultimo The Legend of Zelda un vero capolavoro; in caso contrario saranno proprio le nuove avventure di Link il vostro lasciapassare per la scoperta del media con il potenziale più alto presente sul mercato.
Paura anche solo di voltare l’angolo
Non ho paura ad ammetterlo: Resident Evil 7 mi ha fatto cagare addosso
Chi vi scrive non è uno di quelli che si spaventa facilmente. Mastico horror da sempre, ho visto Alien prima dei 10 anni (
più o meno nello stesso periodo di E.T., film a mio parere molto più terrificante), sono cresciuto a pane e
Alone in the Dark e ormai i jump scare non mi fanno più né caldo né freddo. Ma
Resident Evil 7 mi ha fatto cagare addosso. Erano anni che aspettavo un ritorno del brand a questi livelli di tensione e finalmente, abbandonata la deriva da Michael Bay per spostarci decisamente verso una più da Romero/Del Toro,
posso ritenermi pienamente soddisfatto. Ma cosa mi ha colpito davvero dell’ultima fatica Capcom?! Beh, semplice:
la possibilità di essere giocato tutto attraverso il PlayStation VR. Per la prima volta nella mia vita (esclusi ovviamente i titoli mediocri come
Here They Lie) non ho giocato un titolo horror, ma
l’ho vissuto in prima persona. Non si può neanche lontanamente capire la paura che si prova nell’attraversare un semplice corridoio di Villa Baker con addosso il visore Sony. I tempi si dilatano e l’indole da “vado avanti spedito, male che vada ricomincio dal checkpoint” viene completamente accantonata per lasciare spazio a “se giro l’angolo e mi trovo un mostro giuro su Dio che muoio qui e ora”. Che dire?!
Speriamo che Capcom abbia capito in quale direzione muoversi e che, pur di soddisfare qualche fan represso, non decida di fare marcia indietro verso la deriva più action.
La rabbia verso i nostalgici del ca**o!
Passiamo ora a un paragrafo che non va a trattare un singolo gioco, quanto una vera e propria categoria: i nostalgici duri e puri
Passiamo ora a un paragrafo che, a differenza degli scorsi, non vede un singolo gioco, quanto una vera e propria categoria:
i nostalgici duri e puri. Sia chiaro: io per primo sono un amante dei titoli del passato e apprezzo quando vecchi brand vengono riportati alla luce, ma
per “nostalgici duri e puri” mi riferisco a coloro che disprezzano qualsiasi versione moderna e idolatrano il passato come unico modo per avere un prodotto di qualità. E badate bene che questa gente (che, vi giuro, sembrano esseri umani normali) vivono al nostro fianco per tutto l’anno e li si trova in qualsiasi contesto.
Siete andati a vedere il nuovo Jumanji?! Ecco che troverete persone che lo hanno schifato in quanto non degno del titolo originale (che, per dirla tutta, era un filmetto da
Italia Uno al sabato sera).
Avete visto Devilman Crybaby su Netflix?! Ed ecco che spunta il (finto) fan di Go Nagai che “eh, ma ai miei tempi le animazioni degli anime arrivavano in orario”.
State facendo un discorso riguardante l’ottimo lavoro fatto da Capcom nel suo recente Resident Evil 7?! “Ma vuoi mettere quando si vedeva il personaggio tutto intero?! Quelli si che erano Resident Evil!”.
Per non parlare di Star Wars: Episodio VIII: Gli Ultimi Jedi, capace di far uscire dal covo anche il più becero tra gli elementi. Il 2018 è arrivato già da più di due settimane, ma per alcuni siamo ancora fermi agli anni Ottanta, dove tutto era magnifico e dove nessuno produceva serie tv, film, videogames per fare soldi, ma solo per una qualche sorta di beneficenza verso l’umanità. Si, continuate pure a crederci.
Il disgusto dell’avere sempre ragione
Se la rabbia può essere superata e/o ignorata, a darmi davvero fastidio e disgusto sono le persone che vivono di assoluti
Se la rabbia può essere superata e/o ignorata, a darmi davvero fastidio e disgusto sono le persone che vivono di assoluti.
Con il passare del tempo il mondo sembra essersi dimenticato dei toni di grigio e sembra volerci spingere a vedere ogni singola cosa in bianco o nero. Persino molti critici pare abbiano dimenticato come un prodotto possa risultare mediocre (termine non per forza negativo) e riuscire comunque a svolgere il proprio compito:
intrattenere senza per forza doversi rivelare un capolavoro assoluto. La cosa peggiore, diretta conseguenza di questo fattore, è
il bisogno di imporre il proprio pensiero sugli altri, come se il nostro giudizio possa ritenersi indiscutibile e, soprattutto, come se dire “tanto tu non ci capisci un cazzo” possa renderti una persona migliore. Sia chiaro,
i gusti sono gusti (lungi da me volervi dire come pensare), ma è evidente come l’avvento dei social abbia aperto le gabbie di tutte quelle persone che vogliono imporre la propria verità a al resto del popolo (sia esso del web o meno). Insomma:
la gente ha paura di essere giudicata per i propri gusti di merda e preferisce vivere di assoluti, prendendo una posizione decisa e difendendola fino alla morte, piuttosto che apparire umana ed essere disposta ad accettare pregi e difetti di un dato prodotto.
Dire “è una merda” è sicuramente più facile di dire “a me non piace”, ma questo non ti rende certo più intelligente agli occhi degli altri. Anzi.
La tristezza di amare troppo i videogames
Caro Babbo Natale, il prossimo anno vorrei che mi facessero schifo più cose
Come anticipato nel paragrafo di apertura,
questo 2017 appena concluso è stato per me un anno davvero intenso dal punto di vista lavorativo. Talmente intenso da avermi costretto a sacrificare alcuni titoli in favore di altri per i motivi più svariati, magari perché da coprire con una recensione oppure perché più comodi da utilizzare grazie alla loro natura portatile (e per un pendolare che passa tre ore in treno tutti i giorni questo è sicuramente un elemento da non sottovalutare). Sicuramente tra i recuperi più importanti che dovrò fare nei prossimi mesi sono presenti titoli come
Hellblade (scusa, Pietro Iacullo),
Uncharted: L’Eredità Perduta (scusa, Guido Avitabile),
Xenoblade Chronicles 2 (scusa, Filippo Veschi), ma sono certo che, andando a spulciare nel dettaglio, la lista possa tranquillamente continuare per più di 20 titoli.
Mi auguro che questo 2018 possa ristabilire un po’ l’ordine e che mi dia la possibilità di vivere appieno quella che è, ogni giorno di più, una delle mie passioni più grandi e che, proprio per questo, mi fa apprezzare il 90% dei titoli in uscita. Caro Babbo Natale, il prossimo anno vorrei che mi facessero schifo più cose.
Sorpresa: mi sono innamorato nuovamente di Nintendo!
la “sorpresa” è la principale sensazione che mi ha saputo dare l’arrivo di Switch
Non presente all’interno del capolavoro Disney/Pixar che risponde al nome di
Inside Out, tra le emozioni primarie è presente anche la “sorpresa”.
Sorpresa che, effettivamente, è la principale sensazione che mi ha saputo dare l’arrivo di Nintendo Switch. Non sono certamente un fan sfegatato di Nintendo (nonostante abbia tutte le console a partire dal NES, l’ultima ad avermi davvero convinto è stato il Nintendo Gamecube), ma devo dire che, vuoi a causa di un anno molto frenetico o grazie a un titolo del calibro di
Breath of the Wild, mi sono davvero stupito della nuova console ibrida della grande N.
Prestazioni ottime, portabilità totale e una line up che alcuni hanno definito mediocre, ma che io ho trovato perfettamente equilibrata sono solo alcuni dei motivi per i quali ormai non esco più di casa senza la mia piccola bambina. Insomma: ho iniziato questo speciale osannando un titolo Nintendo e lo chiudo elogiando la nuova macchina da gioco “appena” uscita.
Il 2017 è stato davvero un anno strano per il sottoscritto.
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