Più che una storia di vita giocata, una storia di User Experience, tare mentali e soldi spesi con (troppa) leggerezza, sopratutto in cover
iPhone X è una tentazione, dicevo a ridosso del keynote in cui Apple mostrava i suoi ultimogeniti. E se leggete i miei sproloqui su queste pagine da un po’ lo sapete, quando si parla di tecnologia tendo a cadere spesso in tentazione (che è un modo elegante per dire che spendo abbastanza a caso i miei soldi). Risultato? Da qualche settimana sono tornato ad iOS dopo sei anni di Android.
E ho scoperto con una certa sorpresa che alla fine i due OS sono quasi equivalenti.
Non avevo un iPhone dal natale 2011
Non avevo un iPhone dal natale 2011, quando ho mandato in pensione il mio ormai vetusto iPhone 3G e ho ceduto al marketing perculativo di Samsung e del suo Galaxy SII. E da quel momento non ne ho avuti più, perché dopo aver provato le gioie di un display enorme – negli anni in cui Apple si ostinava a rimanere ferma ai tre pollici e mezzo, quando non aggiungeva “righe” allo schermo e basta – e sopratutto OLED ed essere evaso dalla gabbia dorata che l’azienda di Cupertino costruiva attorno ai suoi utenti, Android aveva tutto quello che chiedevo in uno smartphone. Per uno abituato a dover eseguire un jailbreak e smanacciare con i file di sistema per poter usare una suoneria personalizzata, Android era il paradiso, sopratutto perché ho avuto la fortuna di salire sul treno di Google proprio mentre Google stava maturando, con un posto in prima fila per gli update che lo hanno reso l’ottimo OS per mobile che è adesso (uno su tutti, Jelly Bean).
IOS mi andava benissimo su iPad – visto che Android, lato tablet, arranca parecchio e non ha app dedicate.
Ma dal mio smartphone volevo di più.
E allora perché questo ritorno di fiamma recente? Beh, intanto perché – non ci ho potuto far nulla – sono cambiato. Sono cambiate le mie abitudini (nel 2011 ero al primo anno di Università, oggi sono uscito da quel postaccio da tre anni), e non ho più il bisogno di tutta quella libertà da smanettone che sul mio 3GS nemmeno un jailbreak riusciva a darmi completamente. Ma sopratutto sono cambiati i due Sistemi Operativi, in meglio: contaminandosi a vicenda e rimanendo comunque due prodotti abbastanza diversi, ma oggi più che mai sovrapponibili.
Nel 2011 passare da iOS ad Android mi aveva proiettato in un mondo nuovo. Fare il contrario a gennaio 2018 non mi ha sconvolto l’esistenza.
Intendiamoci, le differenze ci sono.
Apple è meno nazista, ma…
Apple non è più la nazista dei tempi di iOS 3 e 4, ma la gabbia c’è ancora. È più spaziosa, è arredata tremendamente meglio e lascia anche qualche ora di libertà vigilata, ma alla fine qualcosa che su Android si può fare e qui no (o qualcosa che su Android si fa più velocemente, e meglio) si trova. Esempio stupido? State visualizzando una foto dall’app di Facebook e volete condividerla in uno dei mille gruppi Whatsapp/Telegram/Salc*zzo che frequentate. Su Android è facile, tasto opzioni e tap su “condividi esternamente”. Su iOS? Dovete salvare la foto nel rullino, aprire l’app di messaggistica e poi inviarla da lì. O ancora: utilizzate da diversi anni uno smartwatch Pebble – ecco che torna il discorso su come spendo male i soldi. Android vi ha abituato bene, perché usando i tre tasti dell’orologio potete accendere e spegnere il Wifi, cancellare le email che vi arrivano e rispondere ai messaggi usando alcuni testi preimpostati (pensateci, metà delle volte vi basta rispondere “Ok” e problema risolto). Con Pebble Time, si può anche utilizzare il microfono dell’accrocchio per dettare la risposta. Su iOS se volete fare tutte queste cose dovete comprare l’orologio di casa Cupertino, altrimenti l’utilizzo è molto più basico (leggere le notifiche, cambiare canzone durante la riproduzione musicale e poco altro).
Apple applica una sua versione del design per sottrazione, degli Ueda più commerciali (e influenti)
Ma d’altra parte questi paletti rendono l’Esperienza Utente nel complesso un po’ più curata. È un’idea molto simile al design per sottrazione di Fumito Ueda: Apple ha tolto tutto il surperfluo – o meglio, tutto quello che ritengono superfluo (e diciamocelo, su cui non vogliono lucrare – vedi l’esempio sullo smartwatch) – in modo da guidare l’utente verso un certo tipo di comportamenti, dove bisogna riconoscere che hanno fatto davvero il possibile per metterlo a suo agio. Sto scoprendo che aspetti su cui ero molto scettico – FaceID su tutti – sono veri gamechanger, e altre cose che ritenevo direttamente fuffate come 3D Touch aggiungono invece molto all’esperienza. Una pressione più decisa sull’app di Amazon fa comparire un popup che mostra in tempo reale la situazione di eventuali ordini in spedizione, permette di far partire la ricerca tramite scansione del prodotto e di accedere subito alle offerte. E tantissime app sfruttano questo menu contestuale, una versione moderna del click destro di Windows, per fornire delle shortcut. Se perfino la mia banca ha integrato questa funzione (e con sorpresa, anche FaceID!) vale ancora una volta la regola aurea:
Se lo fa Apple, poi il resto del mondo si adegua.
Apple insomma negli ultimi sei anni si è aperta, ed iOS è cresciuto proprio grazie a questa apertura. Nel 2011 ufficialmente non si poteva scegliere una suoneria personalizzata, oggi si può scegliere una tastiera di terze parti e rimpiazzare alcune delle app “storiche” di sistema (Mail e Mappe, su tutte) con gli equivalenti della concorrenza. L’esperienza finale è molto più sovrapponibile a quella di Android di quanto si potrebbe pensare – di quanto pensavo, basandomi su quello che ricordavo e sull’uso di tutti i giorni che faccio su iPad. Mancano i widget nella dashboard? Poco male, alla fin fin quelli davvero utili sono inseribili nella pagina di ricerca… Una soluzione ovviamente più rigida, ma che permette ad iOS di essere più monitorato e a prova di babbano (se io per primo negli anni su Android ho installato porcherie inutili che funzionavano male, non oso immaginare cosa possa aver combinato un utente medio). E se tu che stai leggendo sei un Android-user duro e puro e stai sorridendo pensando “questa roba la posso fare da Gingerbread in poi“, non hai ancora capito una cosa abbastanza importante nella storia dell’informatica di consumo.
Come dice il personaggio di Steve Jobs ne I Pirati di Silicon Valley: i bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano.
è la User Experience ad essere Dio, e iOS lo ha capito da subito
E se Apple negli anni ha rubato ad Android – cosa che per come la vedo io semplicemente certifica il miracolo operato da Google, che dalla quarta versione del suo OS in poi ha davvero cambiato il mondo a colpi di Material Design – vale anche il contrario, in un certo senso. Perchè Apple è stata la prima a capire che alla fine quello che conta è la User Experience (lasciando tendenzialmente agli altri la corsa all’ultimo megahertz, salvo la triste parentesi in cui hanno fatto i fenomeni per i 64bit dei loro processori) e che è proprio la User Experience ad essere Dio, quando si parla di prodotti con cui miliardi di persone hanno a che fare tutto il giorno e tutti i giorni – ah ecco, se sei uno di quei tecnofobi convinti che questo non ci abbia migliorato la vita, premi pure la X in alto a destra sul tuo monitor 4:3 e ciao ciao. E Android è maturato davvero solo quando è riuscito a far suo questo concetto, e per lo stesso motivo ai miei occhi zoppica ancora quando si parla di tablet – Apple ha una serie di app pensate per iPad, su Android tutto gira su tutto… È un bene, ma è anche un male.
La verità è che oggi siamo fortunati ad avere a disposizione due Sistemi Operativi così sovrapponibili, a non dover scegliere più tra due estremi
Android è ancora un OS più libero ed incarna il concetto di free in tutti i sensi, e iOS è ancora un prodotto più elegante ma rigido, proprio come uno smoking. Ma i due mondi si sono avvicinati tantissimo e non è più una questione di pillola rossa o pillola blu, ma di sfumature. È una c*zzo di vittoria, che a fine 2017 ci ha portato – finalmente! – ad avere un iPhone con lo schermo OLED, il display enorme e capace di fare quello che Apple deve fare nel mondo, ovvero diffondere il verbo. Non ho dubbi che presto equivalenti di FaceID si diffonderanno a macchia d’olio e che l’Esperienza Utente di tutti passi al livello successivo, e non dubito che un po’ alla volta Apple reinventerà la ruota adattando la flessibilità di Android alla sua visione, facendo crescere ulteriormente il suo prodotto.
Bonus: le spese collaterali
Subito dopo aver realizzato di aver appena speso l’equivalente di uno stipendio in telefonini (che poi utilizzerete per tutto fuorché chiamare) sale l’ansia.
Non l’ansia di capire cosa mangiare nei prossimi due anni per rientrare la spesa, ma più banalmente quella del “emmòcome evito che mi si graffi l’iPhone?“.
La prima cosa da acquistare è una buona cover. Ora, il problema fondamentale è che per quanto si possa dire male di Apple, riesce sempre a tirar fuori dei device con una certa cifra stilistica dal punto di vista del design (o detto più banalmente, belli son belli), per cui una cover inevitabilmente tende ad essere l’equivalente dei baffi disegnati a penna o dei denti inchiostrati che si colorano per noia su qualche giornale.
Trovare una cover che protegga dignitosamente senza rovinare troppo l’estetica ed ingombrare nella tasca non è facile.
Io ho risolto con un prodotto che effettivamente aumenta un po’ lo spessore di iPhone X, ma che d’altra parte sembra abbastanza studiato. Il retro del telefono una volta infilato nel guscio evita lo “scalino” tra la fotocamera ed il resto della scocca e sui quattro bordi ha dei piccoli rialzi che evitano che un eventuale schianto si scarichi tutto sul vetro posteriore del telefono. Davanti la cover è leggermente rialzata tutto attorno al telefono, per evitare grossomodo la stessa problematica, e in tutto questo i tasti e la storica levetta per la modalità d’uso rimangono molto accessibili.
Ah, e ho speso una decina di euro. Mica male.
Per non sapere nè leggere nè scrivere, è sempre meglio mettere anche una pellicola sul display. Va bene il Gorilla Glass, ma qualche millimetro di plastica extra vi faranno dormire meglio la notte.
Superato l’annoso problema del “madonna, come si mettono senza lasciare bolle?” la mia scelta è ricaduta di nuovo su una delle tante Amazon Choices in questo senso:
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