Ormai ci siamo, la famosa serie della BBC Sherlock sta per tornare nel solito format da tre episodi in una quarta stagione tanto attesa dal pubblico. Cos’ha lasciato in eredità Moriarty? Cosa aspetta il protagonista e le sue due spalle John e Mary? Dal primo gennaio 2017, tutte le risposte che i fan desideravano dopo aver visto “L’abominevole sposa” saranno date. Ma questa tanto acclamata serie inglese è soltanto l’ultima rilettura di un personaggio che ha fatto la storia della televisione, ma anche di cinema, libri, fumetti e perfino di videogiochi: Sherlock Holmes per l’appunto. Il famoso detective che vive al 221B di Baker Street di Londra è un personaggio creato dalla mente di un grande scrittore inglese: Arthur Conan Doyle, ed è protagonista di 4 romanzi , quasi 60 racconti e addirittura 3 commedie, pubblicate tra il 1887 e il 1927, e ambientati in piena età vittoriana.

 

Da Sherlock a Sherlock
Come si è già accennato, anche il mondo videoludico si è avvicinato a questo idolatrico personaggio, e lo ha fatto nemmeno troppo recentemente, malgrado le avventure grafiche rilasciate negli ultimi 10 anni siano state quelle con maggior successo. Fa sorridere come il primo vero titolo dedicato al detective londinese sia proprio intitolato Sherlock, ed è ancor più sorprendente il fatto che il gioco riproponesse le basi di un titolo creato dalla stessa compagnia (Beam Software) due anni prima: The Hobbit, la cui ultima riproposizione cinematografica, diretta dal regista australiano Peter Jackson, presenta proprio gli attori protagonisti della serie targata BBC: Benedict Cumberbatch e Martin Freeman.

 

 

Sherlock, che fu rilasciato per Commodore 64 e Zx Spectrum, è un’avventura testuale in cui il giocatore non dovrà fare altro che riuscire a trovare l’omicida che ha ucciso due persone nella città di Leatherhead, nella contea del Surrey. Il titolo però passerà alla storia più che altro per l’infinità di bug presenti, malgrado uno sviluppo durato 18 mesi che apparentemente non ha mai dato i suoi frutti (anche se recentemente qualcuno ha fatto di peggio). Tra i problemi più grandi che ne hanno fortemente limitato la giocabilità è impossibile non citare un bug generato da un “game over” dovuto al fatto che l’ispettore di Scotland Yard Lestrade arrestasse l’indiziato sbagliato provocando la fine del gioco a meno che non avessimo già trovato l’alibi perfetto per scagionarlo, senza dimenticare che a causa delle piccole dimensioni della RAM è impossibile far immagazzinare troppe informazioni al nostro caro dottor Watson: se proveremo a farlo, il risultato sarà il solito crash che ci farà ricordare le madonne.

 

 

Sherlock Holmes ha gli occhi a mandorla
Uno Sherlock Holmes in versione Bruce Lee
Passano due anni, arriva un nuovo titolo dedicato al detective, ma la situazione non migliora più di tanto. Nel 1986 viene pubblicato “l’inglesissimo” Sherlock Holmes: Hakishaku Reijo Yukai Jiken per Family Computer (Famicom). Un titolo che… che… che. Interamente in lingua giapponese, il gioco prevede uno Sherlock Holmes talvolta in versione Bruce Lee, che dovrà colpire i propri nemici con calcio volante per riuscire ad avere le informazioni che desidera per recuperare una contessa rapita. I “mitici anni ’80” si concludono con altri tre giochi dedicati al mondo nato dalla mente di Conan Doyle: sempre nel 1986 per esempio viene rilasciato 221B Baker Street per diverse console; ma il titolo è in realtà una riproduzione videoludica di un gioco da tavola omonimo creato da un certo Jay Moriarty (M-O-R-I-A-R-T-Y) in cui i giocatori potranno avventurarsi in 30 differenti casi e risolvere i tanto concitati misteri, un vero e proprio puzzle game che fa da capostipite alle future avventure grafiche. Oltre a Sherlock: The Riddle of the Crown Jewels (una particolare interactive fiction all’interno della quale sono completamente assenti immagini, ma troviamo solo dialoghi) ritorniamo infine in Giappone con Young Sherlock: Doyle no Isan, un titolo “basato sul film del 1995 Young Sherlock Holmes malgrado la trama sia completamente differente da quella del film”. Tutto chiaro, no?

 

 

Sherlock, dove sei?
 

Una quantità impressionante di titoli di bassa qualità
Dal punto di vista videoludico, gli anni ’90 del secolo scorso non presentano purtroppo tanti titoli degni di nota. Sherlock Holmes è ancora amatissimo dal pubblico e alcuni sviluppatori indipendenti creano una quantità impressionante di titoli di bassa qualità dedicata al detective inglese ancora oggi presenti nei siti internet che offrono mini-giochi gratuiti. E il problema non attanaglia solo il mondo videoludico ma anche quello cinematografico: basti pensare che dei dieci film prodotti su Sherlock Holmes, ben sette sono stati mandati in onda soltanto nelle varie emittenti televisive americane, mentre altri sono arrivati sul grande schermo di alcuni paesi del mondo: i mitici Sherlock Holmes en Caracas e Fu er mo si yu zhong guo nu xia (no, non è un errore di battitura e purtroppo non siam riusciti nemmeno a trovare la trama su internet)

 

 

 

Gli unici tre titoli videoludici degni di nota negli anni ’90 sono stati prodotti dalla ormai non più vivente ICOM Simulation, ossia Sherlock Holmes: Consulting Detective; Sherlock Holmes: Consulting Detective Vol. II, e Sherlock Holmes: Consulting Detective Vol. III, anch’essi basati su un famoso gioco da tavolo. Se l’idea e la missione di fondo rimane la stessa (ossia svelare un mistero e scoprire l’omicida), in questi due capitoli – rilasciati tra il 1991 e il 1993- è presente una grandissima novità: il videogiocatore, tra una decisione e l’altra, dovrà assistere a brevi filmati in cui sono presenti degli attori in carne e ossa che dialogano tra di loro: è ascoltandoli e facendo attenzione ai particolari che dovremo prendere determinate decisioni e proseguire in maniera corretta nella storia, fino ad arrivare alla conclusione in circa due ore di gioco. Agli inizi degli anni 2000, il primo volume tornò a far parlare di sé a causa di una versione remastered per PC Windows e dispositivi iOS: la casa di sviluppo americana Zojoi infatti aprì una campagna su Kickstarter affinché potesse finanziare la nuova versione. La campagna fu un insuccesso, ma malgrado ciò il titolo riuscì comunque a vedere la luce, tanto che secondo alcuni la volontà di ottenere dei fondi era in realtà una trovata per un mero guadagno personale; il titolo era già disponibile a tutti gli effetti.

 

 
La vera svolta: Frogwares riporta in vita Sherlock
La vera svolta videoludica per quanto riguarda la figura di Sherlock Holmes si ha soltanto a partire dal 2002. La software house ucraino-franco-irlandese (giuriamo di non aver preso nazioni a caso) Frogwares decide di mettere le mani sul detective londinese in una serie di avventure grafiche perennemente in crescendo, che vedono la luce con Il Mistero della Mummia e terminano (ma solo per il momento) con The Devil’s Daughter rilasciato proprio durante il 2016. Le avventure grafiche di Frogswares migliorano di anno in anno, con un upgrade grafico più che palese e l’aggiunta di nuovi contenuti possibili soltanto grazie anche allo sviluppo tecnologico che hanno permesso tutto ciò. Se quindi si parte con un titolo PC che rappresenta ancora oggi la base a tutti gli effetti di questa saga-non saga (tra poco spiegheremo anche il perché di questa espressione), dall’altra abbiamo una gran quantità di miglioramenti che hanno reso Sherlock Holmes molto diverso non solo dagli esordi Frogswares ma anche dall’originale creatura di Conan Doyle, molto più vicina invece al personaggio interpretato da Robert Downey Jr. nei film diretti da Guy Ritchie.

 

Creepy Watson
Di miglioramenti in oltre 14 anni di Sherlock Holmes targati Frogwares ce ne sono stati eccome, ma non sono stati immediati e anzi, la compagnia ha presentato talvolta degli scivoloni clamorosi che ne hanno minato la giocabilità per certi aspetti. Bisogna però procedere per gradi prima di perdersi nei meandri dei tanti argomenti. È bene quindi registrare qui quali sono i giochi dedicati al detective inglese made in Frogwares:

 

  • Sherlock Holmes: Il mistero della mummia (2002)
  • Sherlock Holmes: L’orecchino d’argento (2004)
  • Sherlock Holmes: Il risveglio della divinità (2006)
  • Sherlock Holmes versus Arsène Lupin (2007)
  • Sherlock Holmes contro Jack lo Squartatore (2009)
  • Il testamento di Sherlock Holmes (2012)
  • Sherlock Holmes: Crimes and Punishments (2014)
  • Sherlock Holmes: The Devil’s Daughter (2016)
 

Dal punto di vista grafico si assiste come abbiamo già detto a un miglioramento mai esponenziale, con un cambiamento significativo soltanto nell’ultimo capitolo di gioco (grazie anche ai motori grafici moderni e alle console di ultima generazione Xbox One e PlayStation 4), che presenta più action senza mai svenare la vera essenza del gioco: si tratta pur sempre di Sherlock Holmes, la cui dote più importante non è di certo il calcio rotante, ma la deduzione con cui arriva alla conclusione dei vari misteri. In ogni modo questi titoli sono anche caratteristici grazie a una serie di easter egg fan service (come il segno di Batman di cui si occuperà un uomo chiamato Wayne, l’incontro con un bambino chiamato Hercule Poirot, o ancora il riferimento a un gruppo di quattro musicisti di Liverpool famosi con il nome di “Scarafaggi”); e presentano talvolta misteri inediti, ma anche delle re-interpretazioni dei famosi racconti scritti da Conan Doyle che non sono certo spoiler-free.

 

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Il problema maggiore di questi titoli si trova in alcuni bug che ne hanno limitato fortemente la giocabilità. Il caso più eclatante in questo caso (e provato in prima persona da chi vi scrive) si ritrova ne Il testamento di Sherlock Holmes, quando il nostro personaggio rimane incastrato subito dopo un salvataggio, rendendo così vano anche il tentativo di spegnere e riaccendere la console, che riprenderà proprio dal punto in cui il detective resterà nuovamente bloccato. Ma il vero e proprio Re indiscusso di bug e glitch è il dottor John Watson. Il caso più raccapricciante in questo senso si trova in Sherlock Holmes versus Arsène Lupin, all’interno del quale è presente il cosiddetto “Creepy Watson”. Per ovviare infatti a un problema di fondi, la compagnia decise di far “teletrasportare” il dottore vicino al suo amico e collega quando non inquadrato dalla telecamera. Ecco quindi che per ogni movimento che faremo, troveremo il caro John apparire d’improvviso nelle nostre vicinanze, rendendolo per l’appunto un po’ raccapricciante.

 

 

Ma dopo aver scherzato sui problemi e sugli easter egg, bisogna sottolineare come i titoli di Frogwares non hanno mai snaturato la natura dei personaggi principali rispetto a quelli ideati da Conan Doyle. Piuttosto ci sarebbe ora bisogno di quel “quid” che è finora mancato: non che ci si debba sforzare più di tanto perché The Devil’s Daughter, ultimo titolo sviluppato e pubblicato dalla compagnia, non deve rappresentare un punto di arrivo ma uno di partenza, in quanto se molti degli amanti di Sherlock Holmes e di videogiochi hanno potuto già apprezzare gli sforzi fatti in passato, dall’altra c’è la speranza di poter un giorno giocare a un titolo ancor più completo sotto tutti i punti di vista, cosa che finora è mancata in tutti i videogiochi dedicati al detective finora creati.

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