Big Boo’s Haunt – Super Mario 64
Super Mario 64, per gran parte dell’esperienza, abitua il giocatore all’assunto che per accedere ai vari livelli presenti nel castello (che funge da hub centrale) bisogna attraversare i quadri presenti nelle varie stanze.
Non mancano però un paio di eccezioni, e tra questa la più suggestiva è probabilmente quella di Big Boo’s Haunt: per accedere al livello infatti bisogna in primo luogo recuperare dodici Power Stars, in modo da riuscire a scatenare quella che di fatto è un’infestazione di Boo che andrà a colpire il corridoio che porta al cortile del castello (ed il cortile stesso). Raggiunta questa isola verde è poi necessario farsi strada attraverso gli spettri più piccoli, che diventano invisibili ogni qualvolta li si guarda direttamente in faccia (come da tradizione per le avventure di Mario) e concentrare le proprie attenzioni sul più ingombrante Big Boo. Sconfitto con il classico schianto a terra, si può finalmente accedere al livello, contenuto all’interno di una specie di gabbia per uccelli lasciata dal fantasma appena eliminato.
Super Mario 64 è ancora oggi un platform 3D ben riuscito grazie a livelli come Big Boo’s Haunt
Big Boo’s Haunt combina, una volta dentro il livello, un’atmosfera da casa infestata assolutamente ben resa (tinte abbastanza cupe, piena notte, un’enorme magione piena di fantasmi e altre creature del genere) con un level design che, oltre a mettersi pienamente a servizio dell’ambientazione, regala esempi d’alta scuola. Basti pensare alla giostra nascosta nel seminterrato, dove la piattaforma rotante, una volta fatto comparire di nuovo Big Boo, complica decisamente quella che fuori dal livello (ma anche quando lo si affronta alla ricerca della prima Power Star) era una boss fight semplice. O, ancora, al passaggio segreto nascosto nella libreria, luogo dove ovviamente i libri non hanno intenzione di rimanere al loro posto e si scagliano contro l’ignaro idraulico al suo passaggio. Senza dimenticare quella che, specie se contestualizzata al periodo di uscita del gioco con il 3D praticamente agli esordi, è
una delle dimostrazioni più chiare delle possibilità che la terza dimensione apriva all’idraulico italiano: arrivare sul balcone in cima alla tenuta, sconfiggere per la terza volta Big Boo e poi dover darsi alla scalata del tetto per riscuotere la corrispondente Power Star richiede nell’ordine l’utilizzo del wall-jump per arrivare alla porta che dà sul balcone, l’accortezza di non finire di sotto mentre si combatte ed infine una serie di salti precisi mentre ci si arrampica sul tetto. Indubbiamente oggi il platform ci ha mostrato ben di peggio, dal punto di vista della sfida, ma mettere mano ad un prodotto come Super Mario 64 (classe 1996) e ritrovare, specie nei suoi livelli più riusciti, così tanti degli aspetti che oggi si danno per scontati in un prodotto di questo tipo,
va a certificare l’ottimo lavoro fatto da Nintendo ormai vent’anni fa. Lavoro che è passato, per diversi aspetti, anche per la magione stregata di Big Boo.
Castello di Hyrule – The Legend of Zelda: The Wind Waker
La Hyrule sommersa di Wind Waker ha un fascino (davvero) fuori dal tempo
Il
Castello di Hyrule è fuor di dubbio una delle location più iconiche della serie di
The Legend of Zelda, comparendo in quasi tutti i capitoli di quella che è la saga per antonomasia quando si pensa alla casa di Kyoto e, di conseguenza, presentata di volta in volta con un taglio diverso in modo da adattarsi al capitolo che si sta giocando. Al Castello poi sono giocoforza legati alcuni degli eventi più importanti dei vari capitoli, dal primo incontro tra Link e la Principessa Zelda in
Ocarina of Time fino alla sezione che alla fine (dovendo pur sceglierne una) abbiamo deciso di includere in questo articolo, quella presente in
The Wind Waker. La vecchia Hyrule, quella che (tridimensionalmente parlando) il giocatore ha imparato a conoscere su Nintendo 64 proprio grazie al citato Ocarina of Time, è stata sommersa dalle acque che caratterizzano il primo capitolo della serie uscito su Gamecube, e all’interno del castello stipato di nemici il tempo ha smesso di scorrere.
Guadagnato l’accesso al piano interrato, posto simbolicamente sotto la statua dell’Eroe del Tempo che aveva sconfitto il male, Link può finalmente reclamare la leggendaria
Master Sword e prepararsi a dar battaglia a Ganondorf, ma prima è necessario tornare in superficie. La rimozione della spada dal suo piedistallo ha infatti letteralmente ridato vita al castello, ripristinando lo scorrere del tempo e facendo rifluire il colore tra le sue pietre.
Mimetizzazione Perfetta/Sicario Infallibile – Call of Duty 4: Modern Warfare
Call of Duty 4,
lo abbiamo visto qualche giorno fa, è stato un prodotto a dir poco seminale per il suo genere di appartenenza, andando di fatto a definire quello che la serie intera sarebbe stata nel suo immediato futuro (fino anche ai giorni nostri) e più in generale sdoganando il genere dello sparatutto al punto da renderlo una delle forze dominanti della scorsa generazione. Grossa parte del merito ricade ovviamente sulla componente competitiva online, ma non bisogna comunque dimenticare l’ottimo lavoro fatto da
Infinity Ward per quello che riguarda l’esperienza in singolo. Sono in particolare due le missioni che, senza ombra di dubbio, sono rimaste impresse a fuoco nella memoria del giocatore, ed assieme vanno a regalare a chi sta davanti allo schermo momenti che ancora oggi rappresentano uno dei picchi ludici raggiunti dalla serie:
Mimetizzazione Perfetta e Sicario Infallibile, entrambe giocate nei panni del Capitano Price, all’epoca dei fatti ancora solo Tenente, ed entrambe giocate come cecchino delle forze inglesi, con tanto di Ghillie Suit (una mimetica che richiama la vegetazione per rendere il tiratore il più invisibile possibile).
Un’accoppiata di missioni che, nei capitoli successivi, Infinity Ward citerà e riproporrà spesso
Teatro delle vicende è la città di Pryp’jat’, alle porte di Chernobyl e ancora segnata dalle cicatrici dell’incidente nucleare legato, a doppia mandata, a quei luoghi. Lo scopo è quello di superare le forze degli ultra nazionalisti e riuscire a prendere posizione all’interno della cittadina, in modo da riuscire ad eliminare a distanza Imran Zakhaev, capo dei terroristi e antagonista principale dell’esperienza. A colpire, in particolare, è l’approccio scelto da Infinity Ward per queste due missioni (che vanno poi a formare un unico pacchetto, ambientato 15 anni prima delle vicende narrate dal titolo): sul campo ci sono solo Price ed il suo superiore, il Capitano MacMillan,
ed i due lavorano in simbiosi per superare gli ostacoli che si mettono sulla loro strada. Si abbattono, ovviamente sfruttando i fucili da cecchino, i nemici a coppie, scegliendo un bersaglio ciascuno e colpendo in modo da non lasciare agli avversari il tempo di rendersi conto che i loro compagni sono caduti all’improvviso (tecnica che poi si ritroverà, due anni dopo, nelle Operazioni Speciali cooperative di Modern Warfare 2). Rispetto ai precedenti (e ai successivi) livelli, quindi, la cooperazione tra le forze in campo, vista anche la situazione che vede i due SAS soli contro tutti, è più palese e meglio tratteggiata, ed il senso di pericolo si respira a pieni polmoni (specie quando poi, più avanti, ci si imbatte in un convoglio che passa praticamente sopra a Price e MacMillan nascosti nell’erba alta). Ma non è solo il solidissimo aspetto ludico a lasciare una traccia indelebile nella memoria, visto che anche dal punto di vista del design Infinity Ward ha realizzato un quadro che poi, non a caso, verrà riutilizzato per diversi aspetti del multigiocatore (le citate Spec Ops, ma anche alcune mappe per il competitivo).
Pryp’jat’ è resa in modo decisamente fedele, riproducendo con una buona approssimazione anche dettagli come la ruota panoramica sotto la quale si aspetta che arrivi l’elicottero per l’evacuazione, lugubre ed evocativa nel suo essere così fuori contesto se si pensa a quanto è successo a Chernobyl (e al conflitto a fuoco che sta avendo atto fino all’estrazione del giocatore).
Per forza di cose, quando (non senza un pizzico di masochismo) ci si cimenta nello stilare una lista di questo tipo, non mancano gli esclusi eccellenti e non si riesce mai ad accontentare tutti. A questo proposito vi rimandiamo quindi alla prossima (e ultima) puntata di questo ciclo di articoli, dove sulla base dei feedback ricevuti da voi lettori andremo a parlare di
10 livelli che vi hanno lasciato il segno.
#LiveTheRebellion