Suda “Suda51” Goichi è, da una decina d’anni a questa parte, uno dei più famosi, chiacchierati e – perché no? – anche criticati game designer giapponesi. Dall’uscita del seminale
Killer7 nel 2005, i giochi a lui attribuiti hanno dimostrato di possedere
senso dell’humor, verve citazionista, attenzione per gli stili visivi non convenzionali ed un focus sull’azione stilizzata over the top. Siamo così abituati a questi elementi nei giochi di
Grasshopper Manufacture che oramai li diamo per scontati, come se si trattasse di un marchio di fabbrica dell’autore. Eppure pochi sanno che Suda51 non si siede più alla cabina di regia dall’ormai lontano 2008, dopo quel
No More Heroes per Nintendo Wii. È come se
la persona di Suda Goichi fosse rimasta vittima del personaggio pubblico Suda51, divenendo più un elemento di marketing per i titoli Grasshopper Manufacture che non partecipando attivamente allo sviluppo.
Dare a Cesare ciò che è di Cesare
“I nuovi giochi di Suda51”
Dopo i successi (di nicchia, ma pur sempre successi) di Killer7 e No More Heroes, i
publisher che hanno via via lavorato con Grasshopper Manufacture si sono resi conto del seguito che Suda aveva conquistato, ed hanno ben pensato di cavalcarne la fama attribuendogli ogni singolo titolo prodotto dalla casa. Ecco quindi che
Shadows of the Damned (diretto da
Massimo Guarini, che sarebbe poi andato a fondare gli
Ovosonico di
Murasaki Baby) e
Lollipop Chainsaw (di
James Gunn; sì, proprio lui, il regista de
I Guardiani della Galassia) sono stati pubblicizzati via via come “
i nuovi giochi di Suda51“, così come non si è fatto sapere più di tanto che i direttori di
No More Heroes 2 e
Killer is Dead fossero rispettivamente
Nobutaka Ichiki e
Hideyuki Shin (quest’ultimo al lavoro anche sul futuro
Let it Die) e come perfino titoli solo pubblicati da Grasshopper (ma sviluppati dagli ungheresi di
Digital Reality), come
Sine Mora e
Black Knight Sword, furono assimilati agli altri nella diffusa disattenzione della stampa specializzata. È certo vero che Suda non è estraneo alla casa di sviluppo che ha fondato, e che è sicuramente la persona con cui i vari direttori si confrontano per una supervisione generale, ma è fondamentale sapere chi ha fatto cosa; non solo per mettere dei paletti, ma anche perché solo così si possono trarre delle analisi sul percorso artistico dell’autore.
Dalle pompe funebri ai videogiochi
Dietro Suda51 c’è un percorso autoriale interessantissimo
Ebbene sì. Dietro al Suda51 allo stesso tempo strumento e vittima del marketing, dietro all’immagine un po’ Punk, alla malcelata attitudine da Tarantino dei videogiochi, c’è un
percorso autoriale interessantissimo, per quanto ancora in parte inedito in occidente. Entrato nell’industria dei videogiochi nel 1993 dopo
un passato come becchino, Suda trovò inizialmente lavoro come sceneggiatore presso
Human Entertainment, azienda oggi defunta ed assorbita da
Spike Chunsoft, allora nota per le serie
Clock Tower e
Fire Pro Wrestling. Proprio quest’ultima serie fu il battesimo del fuoco di Suda, che scrisse lo scenario di due capitoli,
Super Fire Pro Wrestling 3 Final Bout e
Super Fire Pro Wrestling Special.
Sin da questi primi anni emergono alcuni punti chiave della storia personale e professionale di Suda, come
l’amore per il wrestling professionistico e la fascinazione per il tema della morte, probabilmente maturata durante il lavoro da becchino. Sconvolgendo il Giappone del 1994, Super Fire Pro Wrestling Special ci da un piccolo assaggio dell’irriverenza e dello stile di scrittura dell’autore: al termine dello story mode, resosi conto che la sua è una vittoria vuota di significato,
il protagonista del gioco si suiciderà! Il debutto di Suda come direttore avverrà poi con
Twilight Syndrome, serie di
murder mystery adventure game, tra l’altro citata nel secondo capitolo di
Danganronpa 2. Suda scrisse e diresse i primi due titoli della serie (
PlayStation, 1996), realizzando successivamente uno spin off a tema sovrannaturale,
Moonlight Syndrome (
1997).
Kill the Past
Kill The Past, un gruppo di giochi con tematiche affini
Moonlight Syndrome, titolo successivamente rimosso dal canone ufficiale della serie proprio per le sue tematiche sovrannaturali,
è il momento di svolta della carriera di Suda. Fuoriuscito da Human per fondare
Grasshopper Manufacture,
il game designer riprenderà nel 1999 alcune tematiche (ed alcuni personaggi!) di Moonlight Syndrome con
The Silver Case. Da questo momento in poi ha inizio una serie di titoli denominata “
Kill the Past“; non una serie in senso stretto o cronologico, quanto più un
gruppo di giochi con tematiche affini. Le caratteristiche dei giochi
Kill the Past sono le seguenti: la presenza di un potere divino o sovrannaturale, che funge da
agent provocateur, mette in moto gli avvenimenti e/o controlla alcuni o tutti i personaggi, come se fossero pedine di una partita a scacchi; un
conflitto sotterraneo tra due o più fazioni (partiti politici, nazioni, gruppi mafiosi o etnie); uno o più protagonisti che, trovandosi in questo conflitto e venendo manovrati da forze superiori, si ritroveranno a fare i conti con un
passato traumatico rimosso, lo riporteranno alla luce e lo affronteranno per andare avanti con la propria vita. Anche per questo motivo i giochi Kill the Past sono tra loro correlati in maniera molto lassa.
I protagonisti di Moonlight Syndrome ricompaiono brevemente nel primo capitolo di The Silver Case.
Flower Sun & Rain (
PlayStation 2, 2001; Nintendo DS, 2008) segue le avventure di un personaggio secondario di The Silver Case, sebbene nella seconda parte del gioco ci siano dei riferimenti intrecciati piuttosto importanti.
Killer7 (
GameCube e PlayStation 2, 2005) chiude il cerchio. Pur essendo ambientato in un diverso universo, i suoi avvenimenti ricalcano quelli di The Silver Case, e, attraverso una delle sue meccaniche di gioco, dà
una risposta all’ultimo mistero rimasto insoluto in Moonlight Syndrome.
Un intreccio di influenze e citazioni
Non sono solo i temi a rendere particolari i titoli
Kill the Past. In ciascun caso troviamo un
approccio non convenzionale al genere di riferimento. The Silver Case è una visual novel, ma dal
ritmo completamente atipico e dalla presentazione grafica inusuale. Flower, Sun & Rain è un adventure game che
fornisce al giocatore fin dal primo minuto di gioco le risposte a tutti gli enigmi. La sfida diviene infatti capire quale sia la risposta adatta a ciascuna situazione. Killer7, complice il
sodalizio con Shinji Mikami, è una peculiare
versione stilizzata e su binari dei Resident Evil più classici, condita con un impianto visivo influenzato dalla
Pop Art e dal
Neo-noir.
Grasshopper produsse concentrati di cultura moderna e post-moderna
Gioco dopo gioco, la scrittura si fa sempre più criptica, enigmatica, libera alle interpretazioni del giocatore. Pian piano aumentano le citazioni e gli omaggi di Suda alle opere culturali e agli argomenti a lui preferiti, dal
complottismo di fine millennio à la Chris Carter, all’immaginario surreale ed onirico di
David Lynch, dal già citato Pro Wrestling alle sottoculture giovanili, quella hacker e quella punk. Dal mal celato amore per artisti
new wave come
Joy Division,
New Order,
The Stranglers,
The Smiths al cinema di genere degli anni ’70. Prima ancora di sfociare nel delirio “ultracitazionistico e quasi-tarantiniano” dei titoli più recenti, i titoli Grasshopper delle origini si fanno conoscere per essere
un concentrato di cultura moderna e post-moderna, rimasticata e rielaborata da un Suda51 in stato di grazia.
La nuova era
La feroce critica alla cultura e all’industria videoludica
Tra il 2005 di Killer7 ed il 2008 di
No More Heroes, qualcosa cambia. Non sappiamo cosa; magari in questo lasso di tempo
Suda Goichi è riuscito ad uccidere il suo, di passato, ad affrontare qualsiasi demone interiore lo tormentasse. Sta di fatto che il titolo Nintendo Wii è uno spartiacque nella produzione di Suda51. È vero, un cameo
mostra nel finale un omaggio a Garcian Smith/Emir Parkreiner di Killer7, ed è anche vero come
Travis Touchdown sia senza dubbio un protagonista che deve uccidere il suo passato, ma per la prima volta
altre urgenze comunicative prendono il sopravvento. No More Heroes è innanzitutto una
feroce critica al mondo degli hardcore gamer, alla cultura gamer ed all’industria dei videogiochi. Nascondendo questi elementi dietro una serie di
difetti di pianificazione volutamente inseriti, come un
open-world volutamente vuoto, No More Heroes denuncia un ambiente in cui tutti si lanciano all’inseguimento dell’ultima moda, sia essa l’open-world stesso oppure l’ultraviolenza (all’epoca era forte la polemica su
Manhunt 2, in cui Suda stesso si inserì di peso dichiarando che No More Heroes sarebbe stato più violento di Manhunt). Allo stesso tempo viene
denunciata la cultura dell’Hype, che produce
nerd stereotipati e sfigati come il protagonista Travis Touchdown. È con No More Heroes, infine, che la verve citazionista di Suda51 prende definitivamente piede, affondando le mani tanto negli argomenti già cari all’autore come la musica ed il cinema anni ’70 (
l’impianto generale della trama è un omaggio ad El Topo di Jodorowski) ma attingendo anche alla cultura nerd ed otaku.
Fedeli alla linea, anche se la linea non c’è
Se da un lato
No More Heroes sancisce la trasformazione di Suda Goichi nel Tarantino dei videogiochi, è anche la
fine della sua storia professionale. Da questo momento in poi non avrà più un ruolo di primo piano nello sviluppo dei titoli Grasshopper Manufacture, pur continuando ad influenzarli più o meno indirettamente. Nel bene e nel male, i titoli moderni di Grasshopper sono figli di No More Heroes e del suo stile esagerato ed ipercinetico. Peccato solo che, nella stragrande maggioranza dei casi,
ne imitino lo stile ed i linguaggi ma non i contenuti, che, seppur diversi da quelli della saga
Kill the Past, erano comunque interessanti e profondi. Sotto sotto, in fondo, è un po come se Grasshopper Manufacture, la
punk videogame band di Suda Goichi, superata la gioventù rivoluzionaria fosse divenuta un pò più reazionaria.
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