L’Era Activision: Il Distacco
Radical Entertainment, sussidiaria di
Vivendi Games e
Activision Blizzard, stava studiando un completo restyling della serie già a partire da
Crash Tag Team Racing (2005), ma fu in grado di realizzarlo a tutti gli effetti solo a partire da
Crash Of The Titans (200
7) in poi.
Quando l’azienda prese nelle proprie mani il progetto, la serie di
Crash Bandicoot si era ormai distaccata dalle sue origini per un tempo sufficiente a rendere quasi obsoleta la formula che faceva da cardine ai capitoli dell’Era Naughty Dog. Il fascino del mito e del personaggio di Crash, tuttavia, erano degli elementi ancora ben vivi nella mente dei giocatori più nostalgici, che si aspettavano un ritorno in grande stile del loro marsupiale preferito in una veste più fresca e moderna ma, ancora, inevitabilmente rivolta al passato. Ciò non avvenne: prima con
Crash Of The Titans, poi con
Crash: Mind Over Mutant (2008),
Radical Entertainment stravolse completamente la formula di Crash Bandicoot, studiando un nuovo personaggio con un set di mosse completamente diverso che potesse essere adattabile a un mondo interamente costruito sulla base dei platform contemporanei all’epoca.
Dallo stesso Crash a Aku Aku (passando per Coco e Neo Cortex),
non c’è un solo personaggio che sia stato risparmiato dal restyling visivo operato da Radical, che ha letteralmente ridisegnato ogni singolo personaggio (
non proprio con ottimi risultati) da cima a fondo, mantenendo semplicemente i principali tratti distintivi (
pantaloncini e scarpe per Crash, capelli biondi per Coco e così via). Con un gameplay decisamente mal bilanciato, una serie di cattive scelte di sviluppo e di design e un restyling complessivo che si è rivelato essere fin troppo radicale per il personaggio di Crash Bandicoot (
basti pensare che il vortice caratteristico di Crash dovrà essere sbloccato con dei punti esperienza, prima di essere utilizzato),
la discesa del mito del marsupiale arancione si è avvicinata al fondo del barile già con Crash Of The Titans, arrivando a raschiare il fondo l’anno successivo con un sequel leggermente più valido, ma minato da un comparto gameplay altrettanto povero e scarno.
Con Mind Over Mutant, Crash Bandicoot si distacca definitivamente dalle origini
A questo punto,
il distacco dalle origini della serie è ormai netto e ben definito, con un Crash Bandicoot molto diverso dall’amata mascotte Sony che ha accompagnato gli anni d’oro della prima PlayStation. Il Mito di Crash è effettivamente crollato da diverso tempo, e sono già otto anni che Activision non rilascia un nuovo titolo principale per sfruttare la succosa proprietà intellettuale che si ritrova tra le mani. Vittima di un genere che ormai non sembra aver molto altro da offrire ai giorni nostri,
il personaggio di Crash Bandicoot ha visto una discesa rapida almeno tanto quanto la sua salita, e solo una sapiente operazione da parte di un team di sviluppo potrebbe risollevare il povero marsupiale arancione dal terreno. E alcuni, come già accennato in apertura, confidano ciecamente in un ritorno degli stessi uomini che hanno realizzato i primi capitoli della serie.
Crash Bandicoot: Il Ritorno?
Dopo
Crash: Mind Over Mutant,
Activision ha effettivamente continuato a realizzare qualche titolo mobile per la serie nei pochi anni successivi, ma non è questo il punto: potrebbe Crash Bandicoot tornare sotto le luci dei riflettori nei giorni nostri, magari sotto una luce più “consona” alle sue origini?
Alcuni pensano di sì. Che sia per una semplice nostalgia dei tempi andati o per un sincero desiderio di rivedere Crash in chiave moderna, una buona fetta dei più affezionati giocatori PlayStation sembra attendere con una certa impazienza il ritorno del Mangia-Wumpa (
che da Crash Of The Titans ha ben pensato di smettere di raccogliere frutta per collezionismo, per motivi che ancora mi sfuggono), forse aspettandosi un ritorno alle origini o un reboot che possa dare nuovo splendore al personaggio. Dopo aver viaggiato di piattaforma in piattaforma (
e non solo),
Crash Bandicoot dovrebbe quindi tornare all’ovile per scacciare il fango che gli è stato gettato addosso negli ultimi anni, e ci sono già
un paio di motivi per credere che
Naughty Dog sia effettivamente decisa a riprendere in mano il personaggio (
e un altro paio di motivi per dire che non lo farà).
Square Enix, tuttavia,
insegna che i remake e i reboot devono necessariamente adattarsi ai tempi che corrono, che questo possa piacere ai fan o meno; in alcuni casi, è necessaria un’operazione di “svecchiamento” di un marchio o di una formula di gioco, posto che la maggior parte dei capitoli principali di
Crash Bandicoot presenta comunque un gameplay che può risultare divertente e impegnativo ancora oggi. Con il genere
platform in caduta libera, però,
non c’è dubbio che un ritorno del marsupiale arancione corra il “rischio” di tradursi in un ulteriore restyling della serie, che potrebbe potenzialmente spingere lontano i nuovi fan e attrarre soltanto i vecchi; un procedimento per cui Sony, in tutta probabilità, non sarebbe disposta a rischiare le sue carte migliori.
L’Eredità di una Generazione: un mito vecchio vent’anni
La storia insegna che la nostalgia può essere un sentimento pericoloso, e la serie di
Crash Bandicoot, in fondo, appartiene a una generazione videoludica che è ormai vecchia di quasi 20 anni, una generazione in cui il
platform (
da Ape Escape a Spyro, passando per Pandemonium, Klonoa e chi più ne ha più ne metta) è già stato declinato in tutte le sfumature di significato possibili. A parte qualche caso isolato (
come il riuscitissimo Unravel di Electronic Arts o l’ultimo Ratchet & Clank di Insomniac Games), il genere sembra ormai relegato soprattutto al panorama Indie, dove un
KLAUS di recente uscita è affiancato da titoli come
Never Alone e
Braid (
tutti giochi dallo stampo artistico non indifferente). Dopo un periodo in cui sembrava che
LittleBigPlanet di
Media Molecule potesse dare il via a una nuova ondata di
platform nella scorsa generazione, il genere è stato nuovamente sepolto da un’ondata di
action e altri generi che hanno riportato nell’ombra i salti e le piattaforme, confinandoli in uno scenario Indie (
o sulle console Nintendo, tra i vari Super Mario e affini) in cui puntare sul comparto artistico è sostanzialmente un procedimento all’ordine del giorno.
La Forza di un’Icona
Crash Bandicoot è un’icona tra rischi e certezze
Non bisogna, tuttavia, sottovalutare il
potenziale dell’icona rappresentata dal marsupiale arancione, che potrebbe essere un vero e proprio
game-changer in questo senso: che sia per motivi legati al marketing tradizionale o per un semplice passaparola tra le generazioni, è innegabile come Crash Bandicoot abbia il potere di attrarre a sé vecchi e nuovi fan, soprattutto se sotto il marchio della sua leggendaria casa di sviluppo originale. Se, da un lato, un ritorno di Crash in grande stile potrebbe far pensare a una serie di rischi per l’eventuale publisher, dall’altro la storia dei primi tre episodi della serie ha la straordinaria capacità di “parlare da sola”, offrendo una vera e propria
garanzia silente a chiunque voglia avvicinarsi a un possibile reboot. La resurrezione di
Crash Bandicoot e del suo universo classico (
che vanta un fascino tutto suo anche a distanza di vent’anni), dunque, potrebbe rivelarsi tutt’altro che un flop, se non altro perché permetterebbe a Sony di riesumare una delle sue mascotte di maggior successo (
affiancata, non a caso, da Nathan Drake in persona) e di portarne avanti la storia nel corso dei prossimi anni.
E un ritorno nell’universo di Crash Bandicoot immergerebbe effettivamente un gran numero di giocatori in un ambiente rinnovato ma familiare,
un luogo pieno di magia e carico di ricordi che, già da solo, basterebbe a giustificare l’acquisto almeno per tutti i vecchi fan della serie “classica”, portando il figliol prodigo di Naughty Dog a nuovi e antichi splendori. A patto che non si decida di farlo volteggiare sopra un dirupo o di aggiungere tatuaggi alle sue braccia, ovviamente.
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