Spesso le serie più grandi fanno fatica a concludersi. È un problema che affligge l’intrattenimento odierno e che tocca cinema, serie tv, fumetti e videogiochi. Yakuza non è stato da meno, e SEGA ha sempre puntato fortissimo sullo status di icona che aveva raggiunto la serie, a maggior ragione dopo essere stata revitalizzata e resa più vicina al mainstream dal successo planetario di Yakuza 0. Yakuza 6 ha chiuso un’epoca, segnando la fine della storia legata a Kiryu Kazuma. Per fortuna, però, SEGA ha avuto il coraggio di riprendere in mano la serie e di stravolgerla per darle nuova linfa vitale. Il risultato è strepitoso. Yakuza: Like a Dragon non è solo uno Yakuza con meccaniche da JRPG. Tutt’altro.
Yakuza: Like a Dragon è un vero e proprio punto di riferimento per i JRPG moderni
Yakuza: Like a Dragon e la forza di rinnovarsi
Faccio fatica a considerare Yakuza: Like a Dragon come un vero e proprio reeboot. Lo è, intendiamoci, ma solo dal punto di vista narrativo. Il cambio di meccaniche si inserisce in una lunga tradizione di esperimenti a cui la saga ha abituato i suoi fan.
Yakuza è una delle serie che nel tempo ha saputo rinnovarsi con una costanza invidiabile rimanendo sempre fedele a se stessa. Dalle atmosfere più rilassate della Okinawa di Yakuza 3 ai protagonisti multipli di Yakuza 4 e 5, passando per la frenesia al neon di Yakuza 0 e per il ritorno alle origini con i rimandi a Shenmue di Yakuza 6, la serie ha cambiato pelle ad ogni capitolo senza mai perdere di vista la propria natura. Yakuza: Like a Dragon non è da meno, e rimane fedele alla serie pur introducendo meccaniche da JRPG classico e combattimenti a turni. Ad essere cambiato è solo il combat system, l’impianto narrativo è quello di sempre.
Yakuza: Like a Dragon ha trasformato la serie in saga, abbandonando Kiryu Kazuma e facendo raccogliere il testimone ad Ichiban Kasuga. Mai come ora è chiaro quanto Kiryu stesse diventando un limite per Ryu Ga Gotoku Studio. Ichiban ha permesso alla serie di cambiare registro ancora una volta, pur alternando come sempre la serietà estrema della trama principale con la follia e l’irriverenza tipica delle sue attività secondarie. Questo nuovo capitolo si inserisce perfettamente all’interno del continuum narrativo interrotto nel 2016 da Yakuza 6. Lo fa con i suoi tempi e delle nuove premesse, ma la sua trama si incastra benissimo con gli avvenimenti dell’ultimo capitolo, riprendendo il discorso dove era stato interrotto.
Ichiban e la pesante eredità di Kiryu
Non era facile creare un protagonista che potesse raccogliere l’eredità di Kiryu, che è stato il volto della serie per sette capitoli. Personaggio meraviglioso, Kiryu, ma come dicevo stava diventando un limite per la serie e Yakuza 6 ha chiuso il cerchio mettendo la parola fine alla sua storia. Ichiban è più giovane, ingenuo, impulsivo e meno tormentato del drago di Dojima. È un personaggio in divenire che incarna lo spirito di Yakuza: Like a Dragon (e, si spera, dei prossimi capitoli) alla perfezione. La forza di Ichiban sta nella sua incompiutezza. La sua potenza non è paragonabile a quella di Kiryu, Majima o Saejima, ma la eguaglia grazie alla collaborazione stretta con i suoi compagni d’avventura. Non più un lupo solitario ma il leader di un party che crede nella collaborazione e nell’amicizia.
Ichiban è anche la giustificazione delle nuove meccaniche da JRPG di Yakuza: Like a Dragon. È nato e cresciuto in un bordello, abbandonato a se stesso per buona parte della propria giovinezza. Cresciuto senza obbiettivi, Ichiban ha trovato rifugio in Dragon Quest prima ancora di entrare nella Yakuza. Ne è innamorato al punto da rifiutare lo scontro impari, permettendo ai propri avversari di colpirlo prima di sferrare un attacco, proprio come i combattimenti a turni di un qualsiasi gioco di ruolo. Questo, unito alla sua immaginazione, gli permette di vedere i teppisti di strada come se fossero mostri fantasy da combattere con i suoi alleati. Dopotutto, Ichiban ha sempre desiderato essere un eroe, proprio come in Dragon Quest.
La perfetta contestualizzazione delle meccaniche JRPG
È impossibile non vedere l’ombra di Persona 5 dietro Like a Dragon. I JRPG stanno cambiando, andando ad abbandonare i setting fantasy per conquistare una dimensione realistica e urbana e Yakuza: Like a Dragon non è da meno. Chiaro, il JRPG metropolitano non è un invenzione di oggi, già Shin Megami Tensei e The World Ends With You facevano da contraltare al fantasy medievale di tante serie di successo. Yakuza: Like a Dragon però si è spinto oltre, contestualizzando i cliché tipici del JRPG nelproprio universo narrativo e, soprattutto, con la modernitàdi una metropoli giapponese.
È così che il più classico dei job system cambia, trasformando le classi in veri e propri lavori intercambiabili recandosi fisicamente in un agenzia di collocamento. È così che in Like a Dragon il danzatore si trasforma in ballerino di break dance, il cavaliere diventa agentecorazzato delle forze speciali, la idol prende il posto del più classico degli healer e il senzatetto va a sostituire il mago. Allo stesso modo, scene comunitarie come quella del falò di Chrono Trigger oggi diventano momenti di condivisione davanti ad un bicchiere di whiskey al bar. Like a Dragon contestualizza tutto alla perfezione, strizzando l’occhio a Dragon Quest in più occasioni e regalando più di un sorriso.
Basta con elfi e gnomi, è tempo che i JRPG si spostino dentro le metropoli
Yakuza: Like a Dragon deve diventare un punto di riferimento per tutto il genere perché dimostra che i JRPG possono staccarsi dalla classica ambientazione fantasy/medievale. E pensare che è nato tutto come un pesce d’aprile sfuggito al controllo di SEGA. Ryu Ga GotokuStudio è riuscito ancora una volta a raggiungere l’obbiettivo. Non era facile.
Ad essere sbalorditivo è il modo in cui tutte le caratteristiche tipiche del gioco di ruolo vadano ad incastrarsi con ciò che ha caratterizzato Yakuza. Le missioni secondarie e i personaggi folli che introducevano sono rimasti, solo che adesso completarne una permette di sbloccarli come nuove summon all’interno del combat system. Sì, perché in Yakuza: Like a Dragon ci sono le summon, ma per utilizzarle non servono cristalli magici o poteri paranormali, basta chiamarli al cellulare. Ancora una volta un capolavoro di contestualizzazione.
Una marea di citazioni ed easter egg
La realtà dietro ai Sujimon I Sujimon sono una trovata divertentissima, che racconta però tutte quelle realtà di disagio e microcriminalità che si nascondono all’interno della società giapponese: dagli impiegati ubriachi ai maniaci sessuali, passando per otaku e bosozoku.
Yakuza: Like a Dragon nasconde un mondo di citazioni. Dai chiari e ripetuti rimandi a Dragon Quest fino ad una vera e propria parodia dei Pokémon: i Sujimon. I Sujimon non sono altro che tutti i tipi di balordi che si possono incontrare camminando per le strade di Yokohama, che vengono catalogati nel Sujidex in base alla loro rarità. Come se non bastasse, esiste una sorta di laboratorio Sujimon dove risiede un professore che ci affiderà il compito di combatterli tutti, premiandoci di tanto in tanto in base ai nostri progressi.
Una delle chicche più divertenti è la presenza in Yakuza: Like a Dragon dei cosiddetti Honk Honk Moments, chiaro rimando ai Puff Puff Moments di Dragon Quest, in cui dei personaggi (di solito) femminili offrono massaggi osé al protagonista. I Puff Puff Moments sono ricorrenti in Dragon Quest, e hanno origine nel manga di Dragon Ball. Sono piccolezze, certo, ma che dimostrano un amore sconfinato nei confronti delle opere di Akira Toriyama, che hanno plasmato buona parte della cultura pop giapponese.
L’elegia degli ultimi
Ichiban è un reietto. Rifiutato dalla propria madre prima e dal proprio patriarca poi, si ritrova abbandonato e in fin di vita in un accampamento di senzatetto ad Ijincho, quartiere ispirato ad Isezakicho, nella città di Yokohama. Il suo viaggio alla ricerca di un perché del tradimento lo porta ad incrociare il proprio cammino con una serie di personaggi caratterizzati divinamente ed accomunati dall’essere parte di quell’esercito di persone costrette a vivere nelle “zone grigie” della società giapponese. A lui si uniscono Adachi, ex poliziotto estromesso dalle forze dell’ordine dopo essere stato incastrato da un superiore, Nanba, ex infermiere che vive nel campo dei senzatetto di Ijincho e Saeko, direttrice di un hostess bar.
Gli eroi e i villain di Yakuza: Like a Dragon condividono tutti lo stesso passato. Fanno parte degli ultimi, dei dimenticati. Gli ultimi dei buoni, come possono essere Namba o Adachi, ma anche gli ultimi dei cattivi, come i membri di Geomijul e Liumang, organizzazioni nate per proteggere e trovare un posto nel mondo per i profughi clandestini cinesi o per i reietti di organizzazioni mafiose come la JingweonMafia. Yakuza: Like a Dragon è infatti un titolo che parla soprattutto di dignità e dell’affermazione di se stessi. Ichiban stesso lotta per affermarsi all’interno del mondo della Yakuza e, contemporaneamente, anche agli occhi degli appassionati della serie.
Toccare il fondo per risorgere
In Like a Dragon si parla spesso di toccare il fondo. Non c’è nessun fatalismo in questo e, come viene ribadito in una delle scene più toccanti del finale, perdere tutto è il primo passo per ripartire da zero e trovare la propria strada. Questo vale sia per i protagonisti che per il franchise di Yakuza, chiamato ancora una volta a reinventarsi per scoprire altre strade da percorrere. In questo, Ichiban e Kiryu si assomigliano parecchio. La storia di entrambi, infatti, si apre con un lungo periodo passato in carcere. La leggenda del Drago di Dojima e la storia di Ichi condividono lo stesso punto di partenza. A giudicare dai livelli toccati da Like a Dragon è più che possibile che i due possano condividere anche il successo. Quantomeno questo è quello che mi auguro io.
È possibile giocare Yakuza: Like a Dragon senza conoscere la serie?
Dragon Kart Tra le attività secondarie è possibile prendere parte ad una serie di campionati di Go Kart (organizzati da una vecchia conoscenza della serie). Così, tanto per rendere chiaro quante possibilità offra un titolo del genere.
Il lavoro fatto da Ryu Ga Gotoku Studio a livello narrativo è ottimo, e permette anche ai neofiti della serie di approcciare Yakuza: Like a Dragon senza avere particolari conoscenze pregresse. Il fatto è che, a mio parere, aver giocato i capitoli precedenti è fondamentale per capire quanto sia incredibile Yakuza: Like a Dragon. Conoscere Yakuza è imprescindibile per capire quanto Like a Dragon sia fedele alla natura della serie e quanto sia intelligente la sua rimodulazione. JRPG, sì, ma Yakuza al 200%.
Ad affiancare una trama profonda e spesso più toccante del previsto (specie nelle fasi finali), infatti, ci sono come le solite storie folli degli abitanti di Ijincho. Tra Yakuza con la fissa del pannolone, venditori di kimchi miracoloso, urinatori seriali e sadomasochisti che non sentono più dolore, le strade di Ijincho pullulano di un’umanità completamente fuori di testa. Esagerata, sopra le righe, folle, ma al tempo stesso calorosa. Ognuno è lì per regalare una risata, ma anche per tramandare un insegnamento, per quanto piccolo o scontato che sia. Alla fin fine, Yakuza è sempre stato questo, ed è un bene che questo non sia cambiato.
Nessuno è perfetto
I difetti ci sono, per quanto spesso si tratti di dettagli su cui è fin troppo semplice sorvolare. Ciò che più mi ha fatto storcere il naso, però, è stato proprio il nuovo setting. Ijincho è estremamente più grande di Kamurocho, Sotenbori, Onomichi e tutte le altre ambientazioni. Questo la rende molto più disperisva e meno memorabiledel solito. Se ogni volta che rimetto piede a Kamurocho mi sento a casa è perché sono riuscito a costruire un rapporto strettissimo coi suoi vicoli. Ijincho, al contrario, è decisamente più anonima e meno caratterizzata. Chiaro, una mappa più grande era necessaria per dare un feeling da JRPG, ma spesso attraversare Ijincho diventa monotono, e si ricorre all’uso dei taxi piuttosto che muoversi a piedi.
Altra nota dolente, nonostante rappresenti contemporaneamente uno dei più grandi colpi di genio del gioco, è proprio il Job System. Oltre alla decisione inaccettabile di offrire alcune classi solo come DLC a pagamento, Yakuza: Like a Dragon cade nel tranello di molti JRPG, offrendo un buon numero di classi pressoché irrilevanti. Molto spesso le classi uniche dei singoli personaggi sono molto meglio di quelle opzionali, e dopo qualche test ho preferito ripiegare proprio su quelle iniziali. È un peccato, perché alcuni lavori, come il musicista o il bodyguard, nascono da ottime idee che nella pratica si inceppano in fretta.
Completamente senza senso il fatto che Ichiban possa ottenere l’abilità “demolizione” solo diventando supervisore (e senza nemmeno il bisogno di salire di livello), dal momento che l’abilità è legata solo all’eplorazione della mappa e dei dungeon opzionali. Sarebbe stato molto più sensato inserirla tra le abilità ottenute al di fuori del job system, senza rischiare di mancarla completamente, precludendosi così tesori nascosti e drop rari senza motivo.
Arrivederci, Ichiban!
Tolti questi piccoli intoppi (a cui vanno aggiunti anche i caricamenti spesso davvero troppo lunghi), quel che resta di Yakuza: Like a Dragon fa gridare al miracolo. Siamo di fronte ad un titolo che può aprire la saga ad un infinità di sviluppi narrativi futuri, andando così a capitalizzare alla perfezione su questo soft reboot. Questo primo passo è stato assolutamente convincente, tanto che, per chi scrive, Yakuza: Like a Dragon rappresenta forse il GOTY di questo 2020.
Non vedo l’ora di rivedere Ichiban. Non vedo l’ora di vedere fin dove si spingeranno i ragazzi di Ryu Ga gotoku Studio. A dirla tutta, non vedo l’ora di scoprire se Yakuza: Like a Dragon sarà davvero in grado di aprire la strada ad una nuova ondata di JRPG moderni, o anche solo di ispirare altri sviluppatori a rimettere mano a IP storiche in maniera così aggressiva per donargli nuova vita. Per il momento mi accontento di questo, che a conti fatti è un mezzo miracolo.
Arrivederci, Ichiban!
Verdetto
9 / 10
Yakuza: Like a Dragon (Quest). Basta con gnomi e draghetti, il futuro sono i JRPG urbani.
Commento
Si può prendere una serie che conta sette capitoli e rivoluzionarla completamente rimanendo fedeli alla sua natura? Sì, e Yakuza: Like a Dragon ne è la prova. Ennesimo esperimento riuscito da parte di Ryu Ga Gotoku Studio e quel pazzo di Toshihiro Nagoshi, che meriterebbero più apprezzamenti di quanti ne abbiano ottenuti finora. Il nuovo impianto da JRPG a turni classico è contestualizzato in maniera esemplare all'interno della narrativa della serie, aprendo ad una serie infinita di possibili sviluppi futuri. Ichiban Kasuga è un protagonista meraviglioso, perfettamente in grado di reggere il confronto con Kiryu Kazuma. Passaggio di consegne effettuato con successo.
Pro e Contro
✓ La contestualizzazione dei cliché da JRPG ✓ L'equilibrio tra serietà e cazzonaggine ✓ Divertentissimo
x Ijincho è un po' anonima x Caricamenti un po'snervanti
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