Perché Vanquish è in sostanza questo, l’ultimo videogioco arcade su cui qualcuno abbia deciso di stanziare un alto budget alle spalle. Qualcosa che in una recensione di Vanquish all’epoca non potevamo sapere, ma adesso su PS4 è una sentenza. Un Tripla-A, un ultimo lascito prima che si dicesse “l’Arcade è morto“. Prima che Shinji Mikami tornasse a casa con The Evil Within, figlio putativo di quel Resident Evil rinato grazie al settimo capitolo e al remake del secondo. Perché prima di Tango Gameworks era Platinum Games, e in principio era Clover Studio. Se qui in Italia si è formato un culto dietro la Mano de Dios, è solo giusto che il Giappone, quando era ancora il Giappone, abbia risposto con God Hand.
Vanquish è l'ultimo Arcade davvero ad alto budget, l'ultimo salto nel vuoto di Shinji Mikami.
Ma perché farlo?
Vanquish dà il suo meglio nell’occhio del ciclone, nel pieno di una maratona di sei ore scarse corsa come se fosse uno scatto sui 100 metri. Si deve accelerare, gettarsi nel vivo dell’azione dove volano i proiettili. Prendersi dei c*zzo di rischi insomma, lasciarsi guidare dall’adrenalina che scorre e sfruttare le meccaniche a tutto tondo. Turbo, corpo a corpo, occasionalmente anche l’ambiente. Qualunque cosa permetta di prendere a cazzotti un mecha e tirarlo giù ottenendo il punteggio migliore, arrivare in cima alla classifica e guardare con disprezzo chiunque è rimasto giù. Perché chiunque non sia in cima non è degno, e come tale deve essere trattato. È un normie, uno che non ha capito Vanquish, non ne ha capito l’indole Arcade e si è limitato ad ammirarne al massimo l’alto budget speso per la grafica. Niente trucco, niente cheat, niente inganno. Un’esperienza gemella di Bayonetta, solo che invece di affettare tutto quello che si muove va riempito di piombo. Ha senso, che Platinum Games abbia pensato ad un bundle per proporle tutte e due. E ha senso anche la scelta che ho voluto fare editorialmente, preparare una recensione a testa per Vanquish e Bayonetta piuttosto che parlare del bundle su PS4. Due giochi diversi come possono essere diversi due fratelli, ma che hanno condiviso l’utero della stessa madre e la stessa educazione. L’attitudine è quella, è solo declinata in modo diverso, con mezzi diversi. Ma il fine è sempre lo stesso, far galoppare a pelo il giocatore dall’altra parte dello schermo, selvaggio come un barbaro ma allo stesso tempo raffinato come un cavaliere. 10 anni dopo ne sono uscite meno riedizioni, rispetto a Bayonetta. E ci conseguenza, avete letto al massimo un paio di recensioni di Vanquish e pochissimi approfondimenti monografici sul titolo. Ma come per Bayonetta il tempo si è cristallizzato, non togliendo nulla dello smalto del gioco. È un tuffo nel passato, in cui è facile cadere visto la longevità contenuta del pacchetto, pane per denti che non addentavano una sfida così tosta da tanto, forse troppo tempo.
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