The Stanley Parable era un’incredibile critica al sistema videogiochi.
The Stanley Parable Ultra Deluxe è un’incredibile critica al sistema videogiocatori.

Messi davanti all’Universo Tutto, nei panni del Demiurgo finiamo per scegliere inevitabilmente la Terra. La vita come si è già sviluppata. Come continuerà a svilupparsi sempre, vittima della nostra stasi vegetativa incapace anche solo di contemplare il cambiamento. Per l’ennesimo giorno, per l’ennesimo loop, scegli di essere Stanley. Sono passati nove anni, e in nove anni il videogioco attorno a te è cambiato completamente. Ha abbandonato la Terra per andare su Marte, scoprendo che non serviva il budget dei Colonial Marines per raccontare un intero pianeta. A volte non serve nemmeno mostrarlo fisicamente, il pianeta.

Eppure continui a scegliere di essere Stanley. Quello che una volta era avanguardia ridotto a nostalgia, a zona di comfort, all'ennesimo stato vegetativo per la materia di cui sei fatto

Vogliamo i sequel. C’è del conforto, nel numero 2. Nel suo essere contemporaneamente primo e pari, unico nel suo genere come ambiamo ad essere dalla nascita e invariabilmente non riusciamo mai a diventare. C’è sempre qualcuno che è più di noi: più intelligente, più bello, più bravo a vendersi sui social media condannando tutto quello che scrivi ad essere nicchia insignificante per prove persone. Svuotandone ulteriormente un significato già dubbio, perché come puoi tu che sei infinitamente piccolo pretendere di raccontare l’infinitamente grande, una critica così feroce e perfetta che l’hai scambiata per un meme internettiano? È questa la magia dei sequel nel videoludo. Riescono dove noi abbiamo sempre fallito.

Nel Cinema è diverso, il seguito è sinonimo di poche idee e di questioni commerciali prima che creative. Nei videogiochi no. Il capitolo 2 ha tutto quello che è stato tagliato dal capitolo 1 e ne risolve tutti i problemi. E allora vogliamo i sequel. Qualcosa di nuovo, ma che allo stesso tempo è vecchio. Abbastanza familiare da non sembrare più un rischio. Lo stesso protagonista, le stesse regole. C’è pure il tutorial all’inizio a fare da ripasso per una memoria a lungo termine che ormai non ricorda più. Poi la magia finisce. Peter Pan ha finito la sua polvere di fata, o forse l’ha finita chi lavora alla serie, costretto a sostituirla via via con altre sostanze per corroborare un processo creativo che di creativo ormai ha soltanto il nome. Aumenta il numero sulla copertina e di pari passo la depressione.

È tutto contemporaneamente troppo uguale e troppo diverso

Quand’è che Resident Evil ha smesso di essere il vero Resident Evil? Esiste davvero, un vero Resident Evil? C’era bisogno di otto capitoli e chissà quanti spin off, remake e pachinko? The Stanley Parable Ultra Deluxe a chi serve, a che serve? Bastava portare il gioco lì dove non era mai arrivato: su console. Facile-facile, appalti il lavoro di porting a qualche team del sud est asiatico e trasformi il loro sudore in profitti. Non puoi perfezionare la perfezione. Non puoi nemmeno rifare più della stessa cosa, sarebbe come convincersi che Titanic 2 potrebbe incassare il doppio dei biglietti se solo Di Caprio annegasse un’altra volta. E poi il mondo è cambiato, abbiamo capito che non abbiamo scelta nei videogiochi. Non ce l’abbiamo nemmeno nella vita vera.

Io non ho scelto di scrivere queste parole, mi è stato imposto. Viviamo in una società, ma è una società per azioni. Gli sviluppatori mi mandano un codice perché decidono arbitrariamente che il mio portale fa abbastanza traffico da riuscire a portare i benefici oltre i costi. Mi hanno regalato una copia, sperano di venderne almeno due. Non ho scelto nemmeno di farti leggere questa recensione. Hai semplicemente cercato su Google “The Stanley Parable Ultra Deluxe” e/o variazioni della query di ricerca e un tiro di dadi che chiamiamo algoritmo t’ha portato qui. Forse. Forse no. Dopotutto cos’ho in più di SpazioEye, di The Multiplayer Machine o del canale YouTube degli Yogurt che recensiscono videogiochi?

La verità, la vera, cruda, terribile verità, è che molto probabilmente ho fregato gli sviluppatori. Molto probabilmente a te non interessa altro che il voto qui sotto. Vuoi un’altra verità? A me non interessa manco quello. Le recensioni sono l’ennesima cosa che all’inizio dava un senso alla mia vita e che ho trasformato in una zona di comfort. È quello che resta di un gesto che ormai è stato svuotato di significato. È Resident Evil che ad un certo punto smette di essere Resident Evil, ma non sapresti davvero dire quando. Non sapresti nemmeno dire se è successo davvero, e infatti ieri l’altro – o una stagione fa, o per una lunga giornata di sole sprecata davanti alla pallida luce di un monitor – eravamo lì a cercare di darsi un tono, di giustificare l’esistenza di pezzi che non meriterebbero di esistere ma si ostinano a farlo perché lo dice il capitale.

Ci arroghiamo il diritto di decidere noi cos’è d’essai e cos’è commerciale. Cosa merita davvero quel numero 2 sulla copertina e cosa invece è la solita scusa per estorcerci un po’ di denaro-misto-tempo-libero-tanto-poi-ti-lagni-su-Internet. Noi. Quelli che tirano a campare come parassiti di qualcosa che dicono di amare e stiamo soffocando. Noi per cui è tutto commerciale, pure gli stati su Facebook dove si parla di quanto è bello essere indie senza aver davvero capito cos’è la libertà. Perché un mondo senza compromessi non saprei nemmeno da dove iniziare a immaginarlo, e da lì è un attimo a dire che tanto le scelte non esistono e tanto vale commettere l‘insano gesto di giocare Detroit Become Human. Pensa, se hai cliccato il link qua a sinistra c’è pure il banner di una vecchia collaborazione finita male. Come faccio a parlare di indipendenza?

Tutto questo non sembra c’entrare un c*zzo, con The Stanley Parable Ultra Deluxe. Forse è così. Ma c’entra con come mi sono sentito io giocandoci.

Non posso davvero fare altro, per te.
Non ne sono in grado e non avrebbe senso.
Nessun videogioco è il conforto che cerchi.

Voto e Prezzo
10 / 10
99.99€ /22€
Commento
Siamo già stati costretti ad umilare la perfezione in testo e codice HTML nove anni fa. Nove anni dopo ci troviamo costretti a fare lo stesso. È il nostro loop, la nostra stasi, la nostra maledizione che ci impedisce di raggiungere davvero i videogiochi dall'altra parte dell'esperienza. Ma che senso ha?
Pro e Contro
Tutto

x Niente

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