Recensione Starhawk

L’attuale generazione verrà sicuramente ricordata come una sorta di “età dell’oro” degli sparatutto, genere che ha ostentato per praticamente tutto il ciclo vitale delle attuali console una superiorità (quantomeno a livello quantitativo) indiscutibile rispetto a praticamente qualunque altra tipologia di gioco. In un mercato così saturo di concorrenti è trovare spazio è difficile anche se alle spalle hai un concept originale ed interessante, soprattutto se manca una campagna di marketing aggressiva e sempre con il coltello tra i denti. Starhawk prova ad essere proprio questo, un third person shooter atipico ed interessante sia a livello di ambientazione che sul fronte delle meccaniche di gioco, sviluppato da LightBox Interactive (studio nato dalle ceneri degli Incognito Entertainment di Twisted Metal) e rilasciato in esclusiva per Playstation 3. Sellato il cavallo e indossati gli speroni non resta che andare alla scoperta di questo mondo a metà tra Guerre Stellari ed uno Spaghetti Western.

Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile…

Durante la modalità campagna vestiamo i panni di Emmett Graves, un mercenario che viene assunto per difendere i giacimenti ed i punti di estrazione del cosiddetto “oro blu”, la geoenergia (con cui il protagonista ha già avuto a che fare, perdendo il fratello e rimanendo contagiato dalla sostanza). Questi infatti vengono attaccati dalle bestie, esseri umani mutati e corrotti da questa fonte di energia (che alcune voci sostengono essere senziente ed in grado di parlare con gli umani) di cui sono diventati veri e propri “fanatici”, tanto dal voler impedire ad ogni costo il suo utilizzo da parte degli umani. Ultimamente questa fazione nemica si è però fatta più furba ed organizzata, diventando una minaccia immensamente più concreta al punto che l’Unione (la fazione per cui lavoriamo) si è trovata costretta ad assumere Emmett. Ma il protagonista non sa che dietro l’organizzazione delle bestie si nasconde una figura che conosce benissimo e credeva morta…

Non è tutto oro quello che luccica

Di primo impatto Starhawk ci mette subito davanti ad una delle sue caratteristiche peculiari: trama e ambientazioni si rifanno infatti al vecchio West della “febbre dell’oro”, mettendo di fronte il giocatore ad un prodotto sicuramente particolare. Alle location tipiche di quel periodo storico (come ad esempio deserti e città dei pionieri) si affiancano poi degli scenari completamente ambientati nello spazio aperto, generalmente nei pressi di basi spaziali o strutture simili, in cui armi da fuoco più “tradizionali” lasciano il posto agli Hawk,  dei mecha in grado di trasformarsi in dei caccia ed equipaggiati con una dotazione più moderna (mitragliatrici e missili) che si traduce anche in armi futuristiche come cannoni laser e mine aeree. L’altra grossa nota caratteristica del titolo è il gameplay, che partendo da una struttura di base “classica” da sparatutto in terza persona vi aggiunge sopra meccaniche riprese dai real time strategy e dai tower defence, creando un’esperienza di gioco decisamente originale. Accumulando geoenergia infatti è possibile costruire fortificazioni o macchinari di supporto, oltre ad erigere edifici e strutture in grado di generare armi e veicoli (utilizzabili anche dagli alleati, siano questi controllati dalla CPU o altri giocatori online). Parallelamente a questi aspetti decisamente positivi però Starhawk propone anche sfaccettature meno riuscite, come la campagna, che nonostante la tanta “carne al fuoco” dal punto di vista del giocato e delle atmosfere risulta scarsamente longeva (sono richieste circa sei ore per portarla a termine) ed in definitiva utile solo per introdurre il giocatore alle meccaniche del gioco, come se fosse una sorta di tutorial espanso. Il problema principale di questa modalità è una ripetitività troppo palese, che ci vede assieme ad Emmett intrappolati in un ciclo dove si alternano le sezioni a terra in cui lo scopo è difendere una roccaforte (praticamente una modalità orda inframmezzata da filmati) e fasi nello spazio alla guida degli Hawk. L’intelligenza artificiale mediocre che anima i nemici fa il resto, appiattendo un gameplay decisamente riuscito ma che qui non è in condizione di rendere al meglio.

Il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava

Dati i difetti ed i limiti della campagna, il peso della riuscita del gioco non poteva che gravare sul comparto multi giocatore. Il multiplayer risponde prontamente a questa chiamata e vale sicuramente il proverbiale prezzo del biglietto, complici quel gameplay e quelle ambientazioni che nella modalità storia erano zavorrate da quest’ultima e che qui invece posso esprimere appieno il loro potenziale. L’esperienza online risulta divertente ed è capace di intrattenere per un buon numero di partite grazie a delle meccaniche TPS ben realizzate (il cui unico neo è la mancanza di un sistema di coperture stile Uncharted o, guardando “in casa d’altri”, Gears of War) e soprattutto alla componente da strategico in tempo reale, che si amalgama bene con gli altri aspetti di gioco e risulta ben bilanciata. A quanto detto va inoltre aggiunta una nutrita lista di abilità attivabili (una alla volta) per il personaggio, che diventano disponibili per l’acquisto compiendo delle azioni specifiche durante la partita e successivamente sbloccabili spendendo i punti abilità che si accumulano giocando. Le modalità di gioco disponibili sono cinque: si tratta di modalità classiche del genere e sicuramente già viste in altri sparatutto, ma che grazie alla componente RTS di Starhawk acquistano nella maggior parte dei casi una rilevanza ed uno spessore che difficilmente si trova in un altro titolo di questo genere. Se deathmatch e deathmatch a squadre offrono poche novità e sono toccate in modo marginale dalla fase strategica, modalità come cattura la bandiera, zone (in cui bisogna conquistare e fortificare le fonti di geoenergia per accumulare più punti dell’altra squadra) e prospettore (la modalità ad orde) smettono di essere un semplice contorno e arrivano ad occupare una posizione di primo piano proprio grazie a queste meccaniche. Da segnalare la presenza sporadica di qualche bug: capita ad esempio che raramente durante un respawn la capsula con cui il nostro personaggio arriva a terra (e con la quale può uccidere dei nemici cadendogli sopra) non compaia ed il personaggio completi l’atterraggio senza questa, perdendo la possibilità di far fuori subito qualcuno. Un’altra cosa che può capitare è quella di ritrovarsi catapultati fuori dalla mappa all’improvviso con l’impossibilità di rientrare se non suicidandosi. Si tratta di problematiche che tutto sommato si verificano raramente, che però possono risultare fastidiose per quei giocatori fanatici del punteggio.

Per me tutte le partite sono a due… io e gli altri

Dal punto di vista del numero dei giocatori presenti online Starhawk si difende bene: il matchmaking è veloce e non si è costretti a patire attese indefinite prima di riuscire ad entrare in una partita, indipendentemente dalla modalità scelta. È ovviamente possibile creare partite “su misura” scegliendo oltre alla modalità le regole che si preferiscono, sia per quanto riguarda le condizioni di vittoria che per quanto concerne la dotazione di strutture, oltre ad una serie di opzioni specifiche per ogni modalità (ad esempio creando una sessione di cattura la bandiera si può scegliere se permettere a chi sta trasportando la bandiera di volare con l’Hawk o meno). A voler trovare un difetto l’unico problema sotto questo punto di vista è a livello di interfaccia, che all’inizio non è sempre esplicita come dovrebbe e rende un po’ ostico capire quali strutture si possono utilizzare nella partita a cui stiamo accedendo. Dopo qualche ora di gioco alle spalle ed un po’ di esperienza fatta sul campo di battaglia comunque il problema rientra praticamente del tutto.

Verdetto
8 / 10
Poi non lamentatevi dei soliti spara-spara
Commento
Se siete alla ricerca di uno sparatutto diverso dal solito Starhawk è sicuramente quello che fa per voi. Le originali ambientazioni a metà tra Star Wars e un Western e soprattutto un gameplay che aggiunge allo “spara spara” elementi ripresi dal genere RTS sono quanto di più vicino ad una boccata di aria fresca si possa chiedere ad un genere che per qualcuno inizia a puzzare di stantio. Non si spaventino i giocatori non avvezzi agli strategici (o quelli che non amano il genere): pur essendo un aspetto importante dell’esperienza non arriva mai a prevaricare l’azione e si limita a spalleggiarla, risultando un gradevole extra per praticamente tutti.
Pro e Contro
Meccaniche RTS ben implementate e godibili per tutti
L'ambientazione è originale
Multiplayer divertente e bilanciato...

x ... Anche se non manca qualche bug occasionale
x La campagna è praticamente solo un tutorial

#LiveTheRebellion