Recensione Silence: The Whispered World 2

Sono passati sette anni da quando una Daedalic ancora alle prime armi, portava sugli scaffali l’avventura di Sadwick, il clown triste di The Whispered World, a spasso per un reame a metà tra il fantasy e l’onirico.

 

Quando il finale del primo titolo aveva rivelato il suo colpo di scena, tuttavia (ossia che Sadwitck e il suo mondo altri non erano che la proiezione di un ragazzino in coma), Daedalic aveva lasciato in sospeso la possibilità di un sequel. In questi ultimi mesi del 2016, tale sequel è arrivato sotto forma di Silence, o come è stato ribattezzato in più ambiti, The Whispered World 2.

 

Versione provata: PC

 
Hello Sadwick, my old friend…
Già dal solo titolo, si nota la volontà del team di Daedalic di prendere le distanze, almeno parzialmente, dall’originale. E in effetti, da questo punto di vista, le differenze sono molte e si notano fin da subito. Al posto di Sadwick troviamo due protagonisti, Noah e Renie, rispettivamente l’alter ego comatoso del clown e sua sorella. Entrambi vivono in un mondo non meglio precisato, travagliato da una guerra che non fa discriminazioni tra adulti e bambini nelle sue vittime. Così, per sfuggire ad un raid aereo, Noah e Renie si rifugiano in un bunker, dove, per risollevarsi un po’ il morale, iniziano a ricapitolare a grandi linee la storia di Sadwick. Purtroppo, come tentativo di aggiornare i giocatori neofiti sugli eventi trascorsi, non funziona granchè, ma serve se non altro ad introdurre il ritorno di Noah e della sorella nelle terre oniriche del clown triste.

 

silence-the-whispered-world-2-04

 

Dopo un bombardamento particolarmente violento, infatti, saremo costretti a seguire le tracce di Renie tra gli splendidi fondali in 2D del gioco, facendo nel contempo la conoscenza con un gruppo di ribelli, una nuova serie di avversari che difficilmente stonerebbero in un film di Miyazaki e riunendoci a vecchie conoscenze come il bruco Spot. Per chi avesse giocato al primo titolo uscito nel 2009, questo significa una piacevole serie di riferimenti, che richiamano continuamente all’avventura in 2D di Sadwick. Tuttavia, la storia stessa sembra partire dal presupposto che gli utenti siano a conoscenza dei fatti del primo titolo, rendendo Silence una pessima finestra d’ingresso al mondo di The Whispered World.

 

Tutto questo, senza considerare l’improvvisa ricomparsa della “personalità” di Sadwick stesso, che da un certo punto in poi prende il sopravvento su Noah. Ora, mentre il fratello di Reine, sebbene infantile e palesemente pieno di complessi, risulta un personaggio quantomeno interessante, Sadwick è l’emblema del pessimismo assoluto fine a sé stesso, al punto di diventare fastidioso sia per i giocatori che per i png. Daedalic non è nuova all’uso di antieroi nei suoi titoli (basti pensare al Rufus di Deponia, un egocentrico megalomane tutt’altro che eroico), ma in genere ha sempre tentato di metterli sotto una lente comica, rendendone i lati negativi più digeribili ai giocatori. Sadwick, sfortunatamente, non è niente di tutto ciò, e la seconda parte del titolo ne risente in maniera pesante.

 

silence_monument-1024x576

 
Chi s’è fregato l’inventario?!
A livello di gameplay, Silence si scosta dal predecessore in maniera molto più netta. In The Whispered World, come nella lunga tradizione delle avventure grafiche, avevamo a disposizione un inventario dove riporre oggetti recuperati in giro, combinarli e trovarne un uso creativo che ci consentisse di procedere. Il sequel elimina tutto questo, rendendo gli enigmi contestuali: tutto ciò che ci serve per risolvere uno scenario è già presente nelle tre-quattro stanze di cui si compone, e lo scopo del giocatore è semplicemente capire la giusta sequenza di azioni.

 

Da una parte, una meccanica simile risulta in enigmi decisamente meno frustranti, nei quali è impossibile rimanere bloccati a lungo (specie a causa dei pesanti indizi che il gioco stesso imbocca qua e là), e che sicuramente si distingue per originalità, invogliando il giocatore ad esplorare. A farne le spese, tuttavia, è la difficoltà: a lungo andare, il modo più efficace di portare a termine Silence è provare qualsiasi combinazione di azioni possibili, anche se spesso e volentieri gli enigmi avranno una sola risoluzione, e ogni nostra azione risulta in un indizio più o meno diretto. La longevità del gioco, in questo, ne risente molto, e l’intera avventura è tranquillamente esauribile in tre-quattro ore, prendendosela comoda.

 

Nemmeno il frequente backtracking che il titolo impone ci viene incontro, e, anzi, costringe il giocatore a rimbalzare tra due o più sezioni dello stesso scenario. La cosa diventa presto un punto a sfavore del titolo, piuttosto che un buon metodo per allungare il brodo. Fortunatamente, perlomeno per quanto riguarda la versione PC, i tempi di caricamento tra un’area e l’altra non sono particolarmente lunghi, anche se più di un utente ha riportato questo problema su Xbox One e PS4.

 

silence_screenshot_01_en

 
2D e mezzo
Fortunatamente, ciò che davvero risolleva le sorti di un titolo altrimenti mediocre, è l’ambientazione stessa. Come il titolo ci ricorda spesso in maniera più o meno velata, l’universo di Silence è una sorta di “limbo” tra la vita e la morte, e spetta ai suoi abitanti scegliere come uscirne. Quale miglior modo di renderlo, allora, se non con atmosfere crepuscolari e decadenti che richiamano da vicino La Storia Infinita, dove i personaggi spiccano su un quadro perfettamente dettagliato? E questo è appunto ciò che avviene, con l’abbandono della grafica completamente in 2D del primo The Whispered World, in favore di un uso misto di scenari dipinti e modelli tridimensionali. La resa finale è decisamente spettacolare, comprese le animazioni dei personaggi. Sebbene buona parte del cast secondario risulti piatto rispetto alla personalità più marcata di Renie e Noah, le animazioni facciali fanno un lavoro egregio nel trasmettere le sensazioni, in maniera ancora migliore di quanto faccia il doppiaggio.

 

pcgames_doppelseite-pc-games_b2article_artwork

 

Certo, magari date le premesse cupe e la grafica suggestiva, avremmo preferito che il titolo non tentasse di soffocare il suo lato più “maturo” a ogni pié sospinto con situazioni banali e personaggi infantili (un alfabeto di rutti, ma seriamente Daedalic?!). Volendo paragonare Silence ad un altro prodotto del team tedesco, il primo che viene in mente è la serie The Dark Eye. In entrambi i casi si parla di universi fantastici, magie e un sottotesto decisamente più cupo di quanto la banalità delle situazioni non porterebbe a pensare, ma Silence non solo non riesce a far digerire completamente le proprie scelte narrative, né a scrollarsi di dosso la sensazione che la trama non sia particolarmente ben imbastita, lasciando qua e là dei buchi e saltando da una situazione all’altra con poca continuità.

Verdetto
6.5 / 10
Poco rumore per nulla
Commento
Dal filmato introduttivo e dalle vicende con cui prende il via Silence, potremmo tranquillamente pensare di avere a che fare con una trama profonda e matura, fatta di amore fraterno, traumi e accettazione di un destino che, in tutto e per tutto, sembra fuori dal controllo dei suoi protagonisti. O almeno questo è ciò che avremmo voluto. Purtroppo la prima impressione è vera solo a metà. Sicuramente Daedalic ha imparato una grande lezione dai tempi di The Whispered World: se vuoi narrare una storia dalla complessa profondità psicologica, il suo protagonista non può togliere ai giocatori la voglia di immedesimarsi. In questo i complessi di Noah e la solare innocenza di Renie giocano decisamente a favore del titolo, anche considerando la prevedibilità di molte situazioni (finale incluso). Tuttavia, la sensazione è che il team non se la sia sentita di andare fino in fondo con questa "maturazione", inserendo dove possibile degli elementi che stonano con il contesto generale della storia. Il lato positivo è che, in ogni caso, ci troviamo davanti a un prodotto molto più coinvolgente rispetto al precedente, che richiede ancora diverse limature, ma che tenta a modo suo di svecchiare il design delle avventure grafiche. Il negativo, è che lo fa costringendo il giocatore a recuperare il primo capitolo, pena il perdersi la gran parte dei riferimenti e passare la prima metà della storia con una forte confusione.
Pro e Contro
Una grafica da "quadro animato"
Storia più matura rispetto al predecessore
Enigmi variegati e mai frustranti...

x ...ma alla lunga troppo facili.
x Bassa longevità
x Pessimo punto d'ingresso per i neofiti della saga

#LiveTheRebellion