Non è affatto facile recensire a distanza di anni uno dei giochi che più ha influito nella tua vita. Per tanti motivi.

 

Da sempre Agosto è un mese “piatto” per quanto riguarda le uscite videoludiche.  Quest’anno però la tendenza sembra essere cambiata e nonostante ci si avvii verso la fine dell’estate sono ancora diversi i titoli in uscita.

 

Fra questi, ad aspettarvi dal ritorno dalle vacanze, c’è pure Shenmue I & II. Il titolo culto che ha influenzato le nuove generazioni sta per tornare su PlayStation 4, Xbox One e PC, con una remastered, che come si intuisce dal titolo, ripropone in chiave rimasterizzata, proprio i primi 2 capitoli ad un prezzo decisamente interessante (34.99€)

Abbiamo avuto già modo di parlare di Shenmue e del suo impatto nel mondo dei videogiochi dalla sua uscita, con il nostro ricco speciale. Adesso è arrivato il momento di scoprire se i due capitoli  hanno retto alla prova del tempo. Il tutto ovviamente nella recensione di Shenmue I & II.

 

Versione testata: PlayStation 4 Pro

 

 
Odissea moderna, made in Japan
Shenmue non è solo uno dei titoli“game changing” più influenti delle passate generazioni al pari di un Super Mario 64 o un Ocarina of Time. Shenmue è stato il giro di boa che ha dato il via a quello che è l’attuale panorama moderno. E senza di lui oggi non avremmo – o ci saremmo arrivati dopo – molti dei titoli che giochiamo quotidianamente. 

 

Ma Shenmue era anche un’esperienza ludica innovativa, che sapeva unire in un “bolo digitale” una miriade di idee che funzionavano perfettamente.

La parte difficile del parlare di Shenmue oggigiorno è far capire, nonostante il passare degli anni, quanto queste idee che oggi diamo banalmente per scontato, siano state la realizzazione del sogno di un visionario come Yu Suzuki.

Il tempo è una bestia che non perdona nessuno, specialmente in questo campo dove anche solo una manciata di anni pesa come se fossero decadi.

Uno degli aspetti di Shenmue ad aver colpito ai tempi è senza dubbio la sua storia.  Tutto inizia in una fredda giornata di Novembre.  Ryo Hazuki, il nostro eroe, tornando a casa assiste alla morte del padre per mano del misterioso Lan Di. Ovviamente il ragazzo è inerme, e nonostante cerchi di fare qualcosa, dovrà assistere da spettatore a questo tragico evento. Inizierà così la sua avventura, mossa solamente dalla vendetta, che lo porterà a cercare qualsiasi indizio che possa collegarlo al ritrovamento di Lan Di.

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Shenmue è un’avventura atipica
Tutto procede per “step”, mentre la storia viene scandita dal passaggio dei giorni.  Giorni nei quali dovremo sfoggiare doti investigative per riuscire a risalire all’assassino di nostro padre. Passeremo gran parte del tempo a parlare con i cittadini di Yokosuka per carpire anche il più piccolo dettaglio che possa aiutarci. I ritmi diventano dilatati, i giorni scorrono, senza fare progressi importanti. Il tempo è il primo ostacolo da superare.

Yu Suzuki concepì Shenmue come un titolo che proponesse situazioni verosimili.  In tutto il gioco il legame con la realtà è sempre forte e palpabile, e l’elemento temporale era uno strumento indispensabile. Non si trattava solo di un ciclo giorno/notte ma un concetto ben più complesso, Ryo doveva sottostare agli orari imposti. Certi eventi avvenivano solamente in determinati momenti, e non c’era modo di intervenire sulle lancette dell’orologio se non aspettare facendo altro.

 

Ed ecco qua che la piccola Yokosuka diventa il “playgroud” di Ryo nei suoi momenti morti. Un salto nella sala giochi locale, magari intrattenendoci con con una partita ad Hang On o ad uno degli altri cabinati. Collezionare gashapon, sperando di trovare uno di quelli più rari. O ancora passeggiare in libertà per i vicoli della città, scoprendo dettagli inaspettati sulla vicenda o assistendo ai molti tête-à-tête scriptati con i vari abitanti.

Così facendo però si creano anche delle delle fasi che i giocatori di oggi, abituati male dalla tendenza del “tutto e subito”, rischiano di non percepire nella dovuta maniera. Ed ecco che la settimana passata al porto, fase fondamentale per la svolta delle ricerche di Ryo, diventa uno dei passaggi più tediosi e meno funzionali dell’intera opera.

 

Sebbene virtuale, il tempo al porto sembra amplificarsi. Al giocatore saranno interdette tutte le attività collaterali. Gli orari diventano ancora più rigidi, e l’obbligo di dover svolgere i propri compiti a bordo del muletto sembra distrarre il giocatore dal suo scopo primario. Nonostante questa forzatura di gameplay il gioco subirà proprio li il suo punto di svolta, entrando di botto nella sua fase conclusiva, che traghetterà Ryo verso l’atteso secondo capitolo.

 

Come potete immaginare, la storia di Shenmue termina proprio sul più bello. Lan Di sembra un miraggio ancora lontano. Gli indizi in nostro possesso ancora troppo pochi per trarre qualche conclusione. L’unica certezza la nostra prossima meta: Hong Kong.

Dalla Cina con furore.
Hong Kong è una metropoli. La mappa di gioco in confronto diventa smisurata. I suoi quartieri un dedalo di vicoli nei quali districarsi per trovare la nostra meta. Il viaggio di formazione di Ryo assume toni più maturi, come a sancire il passaggio ad un’età adulta del ragazzo.  

Shenmue era un titolo intimo, dove tutto era costruito a misura d’uomo a partire da Yokosuka. Con il seguito Suzuki fece le cose in grande.

Anche le vicende cambiano in qualche modo, mostrando il lato ad una vicenda più corale. Ryo non è più solo, ma troverà qua importanti alleati, e lo stesso Ryo assumerà il ruolo di eroe. Uno dei motivi della morte del padre ricade sul furto di un misterioso “specchio”, un oggetto di grande importanza che nelle mani sbagliate rischia di scatenare conseguenze inimmaginabili.

 

Un vettore narrativo che farà da fil rouge per tutta la durata dell’avventura, calando sul gioco un alone di misticismo “orientale” che ben si sposa con i tratti del racconto.


Queste “spruzzate” di mistero le troviamo già nel primo capitolo, nei sogni “lynchiani” di Ryo
, che turbato dagli eventi, rivivrà la morte del padre o avrà qualche flash premonitore con l’apparizione di una misteriosa ragazza, Shenhua. Sebbene presente sulla copertina del primo gioco, solo dopo esserci addentrati nelle profondità di Shenmue 2 arriveremo a farne la conoscenza, facendo finalmente luce sul destino dei due ragazzi.

 

Purtroppo però il viaggio di Shenmue venne interrotto bruscamente con il secondo capitolo, non riuscendo a trovare mai un epilogo e diventando una delle incompiute videoludiche più famose di sempre. Fortunatamente però, come ben sappiamo, l’annuncio del terzo capitolo in arrivo il prossimo anno (si spera) dovrebbe porre la parola fine a questa epica saga. Ma questa, è un’altra storia.

Shenmue ha cambiato fortemente anche il modo di giocare e percepire il videogioco stesso.

Il suo piccolo openworld, “ricco” di eventi ed intrattenimento, ha fatto da apripista ad un genere intero, da GTA a Yakuza. Con gli occhi di oggi, e l’impazienza dettata dalle abitudini moderne, gli eventi legati al tempo diventano una scomodità, condita da un contorno non così vasto come ci si ricordava. Ai tempi però tutto assumeva tratti completamente diversi.

 

Uscire dai binari imposti della storia, “vivere” in libertà l’avventura, “cazzeggiare” in sala giochi con i coin op, erano tutte possibilità prima di allora lontanamente inimmaginabili. O almeno lo erano in uno scenario poliedrico come quello di Shenmue, che univa così tanti elementi di gameplay da essere unico nel suo genere. Suzuki coniò il termine F.R.E.E. (Full Reactive Eyes Entertainment) per classificare una tipologia di gioco che prima di allora non esisteva.


Per approfondire:
Yakuza Kiwami
Un termine forse fin troppo ridondante ma ben chiaro nelle sue intenzioni, che rimarcava quanto il giocatore fosse libero di agire, o almeno in parte delle sue azioni. Molte delle conclusioni delle indagini potevano essere ottenute in vari modi, proponendo strade alternative per il raggiungimento dello stesso obiettivo.

Libertà a tutto tondo
L’intrattenimento offerto era quindi tanto e il gameplay di Shenmue si svelava un po’ alla volta. Ed ecco che fanno il loro ingresso i Quick Time Event, una rimembranza dei classici laser game, qua rivisti in chiave moderna. Le cut scene, dapprima statiche e passive, diventano parte integrante del gameplay richiamando sull’attenti il giocatore nelle fasi “morte” del gioco.

 

In Shenmue 2 queste acquistano un’importanza maggiore, vantando una presenza “scenica” più consistente e sequenze molto più lunghe e articolate che in precedenza. Scene di lotta degne del miglior gongfu movie. Inseguimenti al cardiopalma. O semplicemente il lavoro part time al porto. Questi diventano i momenti focali di tutta l’avventura, animando situazioni altrimenti “monotone”.

A queste si aggiungeva un sistema di combattimento libero, anch’esso nato dalle ceneri del progetto iniziale di Shenmue, inizialmente previsto come spin-off della serie Virtua Fighter. Qua le fasi di lotta acquistano importanza rispetto a molti degli altri titoli dell’epoca, proponendo una profondità di gameplay tipica dei picchiaduro.

 

Ryo può eseguire un numero incredibile di mosse. Altre possono essere apprese nel corso della storia. Le combo prevedono calci, pugni prese e schivate, e le possibilità di sfoggiare le nostre arti non mancheranno, con momenti memorabili come la battaglia dei 70 uomini. Shenmue 2 invece rilancia e migliora l’esperienza di gioco, introducendo nuove combo e rivedendone l’interfaccia, inserendo finalmente la barra di energia dei nemici. Una banalità, ma pur sempre una mancanza del prequel.

Elementare, Ryo
Anche l’esplorazione era differente rispetto agli altri giochi. Ryo si trova a vagare per le strade di Yokosuka alla ricerca di informazioni. Gli elementi di rottura li troviamo nell’assenza di una mappa che segni i nostri obiettivi, ma il tutto viene contestualizzato ad un tipo di esplorazione “visiva”.

 

La classica mappa di gioco diventa un cartello stradale sul quale sono indicate solo alcune informazioni basilari. Il tutto viene affidato allo spirito esplorativo del giocatore e sulla capacità di memorizzare i luoghi chiave di questa avventura. Da qua si capisce l’esigenza di una “morfologia” ridotta che porta all’intimità sopra descritta. Il battere continuamente certe strade, lo stare vincolati a determinati orari, vedere sempre le solite facce.

Shenmue impone al giocatore elementi costanti che si trasformano immediatamente in “quotidianità”, rendendo il tutto così familiare.

Le esigenze narrative di Shenmue 2 però cozzano con questa esperienza “personale” del primo capitolo, obbligando Suzuki e il suo team a dover necessariamente modificare alcuni aspetti. In primis, l’aumento delle dimensioni dell’area di gioco ha imposto l’introduzione di una mappa, sebbene molto basilare, per orientarsi fra i vicoli della città cinese.

 

La presenza di più quartieri, di un’infinità di negozi e persone spiazza Ryo così come spiazza il giocatore. Adesso i dialoghi permettono più linee di conversazione, con la possibilità di chiedere informazioni legate alla storia ma anche su argomenti secondari, come la ricerca del lavoro. Gli abitanti di Hong Kong sono persone dal cuore d’oro, e se faticheremo ad orientarci fra le labirintiche strade della città si offriranno di portarci a destinazione, aiutando non poco a continuare l’avventura.

 

Anche il tanto iconico concetto di tempo, qua subisce una lieve flessione nei confronti del giocatore, offrendogli la possibilità di velocizzare alcuni passaggi legati alla storia, così da ridurre a zero i tempi morti.
In generale Shenmue 2 va a correggere o modificare molte di quelle che erano le criticità del primo titolo, che nonostante la novità e le buone intenzioni non avevano riscosso troppo successo, né di critica, né di pubblico.  

 

Ne esce quindi un titolo che pur continuando la strada percorsa dal predecessore appare in parte diverso.

Ma alla fine chi vince? 
È difficile quindi asserire quale dei due titoli sia migliore all’altro. Entrambi i capitoli di Shenmue regalano due ottime esperienze ludiche fra loro complementari, e l’una non può esistere senza l’altra.

 

A distanza di anni, il peso si sente, in particolar modo se siete nuovi a questa serie. Alcuni elementi stridono oggi, a partire proprio dal concetto del tempo, o dai controlli che mostrano una certa legnosità che viene ereditata dall’assenza di un secondo analogico nel pad, con conseguente rivisitazione dello schema originale.

Shenmue è un’avventura 3D dai mille aspetti, uno dei quali associabile a quello delle avventure grafiche. Si procede per passi, per avanzare bisogna ottenere determinate informazioni e così via. La difficoltà è data dal mancato ottenimento di certi “codici” narrativi ma nulla che rischi di bloccare il giocatore.
In Shenmue manca completamente il concetto di game over. Se si sbaglia un QTE, basta riprovarci. Se si viene sconfitti in combattimento, si tenta nuovamente stando più accorti. Shenmue era un titolo pensato per tutti, senza però che questa apertura ne squalificasse la valenza del gameplay.

 

Ed è forse questa semplicità, oggi, ad essere uno degli aspetti meno convincenti. O almeno uno di quelli, se proprio dobbiamo trovare qualcosa di criticabile in lui.

Vintage rinnovato
Anche sul piano tecnico Shenmue fu una pietra miliare che rivoluzionò gran parte delle produzioni dell’epoca. Il Dreamcast era la console dei sogni, che segnò in maniera netta il salto in avanti della grafica 3D su console.  Sonic era imperfetto ma spettacolare da vedere. Soul Calibur proponeva animazioni e scontri da urlo.

I due Shenmue puntavano invece sul realismo grafico.

Yokosuka prima e Hong Kong dopo, erano riprodotte in maniera minuziosa, con un’attenzione ai dettagli quasi maniacale. Yokosuka in particolare cambiava aspetto con i passare dei giorni. Le sue strade si ricoprivano di neve, le persone si adattavano ai cambi climatici, e così come i negozi e le attività erano vincolate alle varie fasi della giornata.

 

Non solo la modellazione della città impressionava per la mole di lavoro certosino fatto, ma anche tutto il processo di texturizzazione lasciava a bocca aperta. I volti dei personaggi poi erano il cavallo di battaglia di tutta l’opera. Modelli 3D completi, animati in maniera impeccabile a servizio della recitazione. Anche quelli secondari, sebbene meno elaborati rispetto a Ryo e compagni, risultavano ben diversificati e anch’essi dettagliati.

Shenmue 2 poi alza la posta in gioco e rilancia.

 

Hong Kong offre molte situazioni architettoniche differenti, dai bassifondi del porto, al ricco cuore commerciale della città, abbandonando in parte gli elementi rurali e bucolici del primo episodio. Qua ci troviamo di fronte ad un mostro di cemento in espansione, il cui volto appare freddo e distaccato agli occhi del giocatore. Anche qua il lavoro svolto nella ricerca del dettaglio e delle texture è qualcosa che ai tempi aveva dell’impensabile. Il numero di elementi a schermo sale notevolmente, così da colmare un po’ la sensazione di “vuoto” che rilasciava Shenmue visitando il paese natale di Ryo.

Ma come gira il tutto oggi sulle nostre console?
Il lavoro di porting effettuato da d3t è buono, e la possibilità di lavorare sul codice originale del gioco ha permesso di portare sui nostri schemi un’esperienza equiparabile a quella vissuta su Dreamcast, con un tocco di modernità. Entrambi i giochi girano a 1080p, con un framerate solitamente stabile, che cede alla pressione nelle situazioni più complesse, come ad esempio la zona portuale del primo capitolo. Il tutto è abbastanza pulito, anche se, trattandosi di una versione rimasterizzata, a soffrire di più son proprio le tanto osannate texture. Per quanto “restauro” sia stato fatto, molte risultano oggi molto sgranate, con risultati non sempre piacevoli.

Entrambi i giochi presentano poi diversi bug grafici, molti dei quali fortunatamente risolti dalla patch che troverete al “day1”.  Nonostante le manovre correttive però, che migliorano notevolmente la resa dei due giochi, qualche magagna resta.

Buone invece le opzioni grafiche presenti. In tutti e due i giochi sarà possibile decidere se giocare in wide screen o utilizzare il rapporto originale il 4:3. Non mancano nemmeno dei filtri grafici, come l’odiato bloom effect, che debuttò con la versione Xbox del secondo capitolo. Attivandolo si andrà ad intervenire sul riverbero delle luci sui vari materiali, rendendo il gioco più “luminoso”, ma con risultati non proprio naturali.

 

Altra opzione quella che permette di abbassare la risoluzione di gioco per un esperienza più vicina a quella degli originali. Sebbene il gioco sia stato adattato per adeguarsi al rapporto visivo delle attuali TV, i filmati non presentano alcun tipo di modifica. Anzi, troverete le varie cut scene nel formato originale, con delle vistose bande nere nel primo, o una cornice più “cinematografica” nel secondo, con una resa non proprio convincente nel passaggio dalle sequenze animate a quelle di gameplay.

Contenuti extra ne abbiamo? 
In questa edizione rimasterizzata dei due Shenmue troviamo anche la possibilità di scegliere il dual audio inglese/giapponese. Per quanto sia stato un capolavoro, uno degli aspetti peggiori della produzione Sega risiede proprio nel dub inglese, con un livello di voice acting non solo scadente, ma a tratti tragicomico. Sebbene fossero altri anni, e ci fosse una cultura diversa rispetto ad oggi per quanto concerne i giochi dal taglio cinematografico, il doppiaggio rovinava l’allora inedita esperienza.

 

Decisamente meglio selezionando la traccia giapponese. Tuttavia, per quanto propone anch’essa soluzioni di adattamento spesso discutibili, come i bizzarri inglesismi spesso utilizzati dai personaggi americani. Oggi come ieri assente del tutto la traduzione italiana, problematica del tutto secondaria, visto il livello scolastico dei vari dialoghi che dovrete sostenere.

 

Scomparsi invece gli extra presenti all’uscita e contenuti nello Shenmue Passport, che a mo di versione estesa da “home video” proponeva alcune curiosità sul gioco, funzioni online e modelli dei volti interattivi, che servivano a sfoggiare le qualità tecniche della console Sega. Si trattava quindi di poca cosa, ma comunque un contenuto piacevole da ritrovare, specie per gli amanti della serie.

Verdetto
8.5 / 10
Prima o poi sapremo come andrà a finire
Commento
Shenmue 3 è ancora lontano. Ma oggi è possibile rivivere le avventure di Ryo con questa edizione rimasterizzata dei due capitoli di Shenmue. Valutare un titolo come Shenmue è difficile per molti aspetti. In primis bisogna combattere con le emozioni e i ricordi di un tempo. Ricordi di un titolo capace di cambiare per sempre la percezione di videogioco nei confronti dei giocatori e degli addetti ai lavori. Molti degli aspetti che oggi sono la “normalita” nascono con Shenmue e tutt'ora continuano ad essere imitati dai titoli che giocate quotidianamente. È difficile parlare di Shenmue se lo si guarda con gli occhi di ora, senza sapere del suo passato. La storia potrà anche essere banale e scontata, il gameplay ormai sorpassato e piuttosto basilare. Ma quello che oggi diamo per scontato un tempo è stata rivoluzione ludica, ed è giusto riconoscergli la giusta importanza e il doveroso onore che merita. Mettete da parte quindi ogni aspetto critico e aprite la mente. Shenmue è un capolavoro senza tempo, anche se il tempo può non essere stato generoso nei suoi confronti. E se non avete mai sentito parlare di Shenmue, o l'opportunità di giocarlo, vi trovate di fronte l'occasione per fare vostro uno dei tasselli più importanti della storia del videogioco moderno. E perchè no, unirvi ai fan della serie, che ancora spettano come il messia l'avvento del terzo capitolo.
Pro e Contro
Due pezzi di storia videoludica ad un prezzo invitante
Lavoro di porting buono...
Ancora oggi due pietre miliari...

x ...con qualche bug di troppo
x ...anche se il peso del tempo si sente su alcuni aspetti
x Doppiaggio inglese dimenticabile

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