Recensione Red Dead Redemption 2 – La Dura Verità

Che cos’è un Capolavoro?

È una definizione difficile che, per quanto ce la raccontiamo, pone le sue basi sulla soggettività dell’individuo. Ci sarà sempre la persona a cui Quarto Potere non piace e che anzi lo schifa proprio.
Internet si è rivelata la sala in cui tutti possono dire la propria opinione. C’è quello che a gran voce porterà avanti le sue idee, sovrastando le voci degli altri a suon di insulti e calunnie. C’è quello che invece è talmente carismatico da rivoltare un discorso verso il suo pensiero, convincendo altri a condividerlo.

Chiunque  dotato di connessione internet ora può sentirsi un critico.

 

Vi starete domandando cosa centri questo preambolo con Red Dead Redemption 2L’ultima fatica di Rockstar è disponibile da tre settimane, ed è stata accolta con fragorosi Perfect Score dalla stampa di settore. L’aria di scetticismo ha dunque avvolto subito tutti i videogiocatori. O almeno quelli meno smaliziati. Quelli che hanno visto nel Perfect Score un titolo senza difetti e quindi  adatto a chiunque.

 

Il problema è che Red Dead Redemption 2 non è un titolo per tutti

 

E quando lo capirete sarà troppo tardi. Colpa, certo, anche di chi lo ha ingiustamente identificato con il GTA nel Far West. O di chi non è andato oltre il voto, non leggendo quello che lo accompagnava. Principalmente però, è colpa di chi lo ha acquistando senza informarsi su cosa fosse effettivamente il nuovo titolo di Rockstar e di chi invece quella descrizione neanche l’ha data. Un open world che cerca di fare un lavoro diametralmente opposto a quanto visto lo scorso anno in The Legend of Zelda: Breath of the Wild.

Non cerca di farlo meglio, cerca di farlo in maniera diversa.

 

 

Arrivati a questo punto, avrete capito che si tratta di un’altra recensione particolare. Un’analisi personale della mia cavalcata a fianco di Arthur Morgan. È inutile perdere troppo tempo ad elencarvi quanto avete già visto in video o provato con mano. Non aggiungerebbe nulla alla vostra esperienza e non muterebbe la vostra opinione sul titolo.Parlare invece di come Red Dead Redemption 2 da amante del genere Western mi abbia coinvolto, è invece tutt’altro paio di maniche.

 

Ve lo anticipo, nonostante il titolo di Rockstar sia uno dei migliori giochi di quest’anno e a mio parere si meriti gran parte degli elogi effettuati, non troverete un Perfect Score in fondo alla pagina. Quindi se vi interessa solamente quel numero, potete tranquillamente chiudere la scheda e tornare su Facebook a lamentarvi

Ho passato le scorse due settimane e mezzo (l’altra metà era a Lucca Comics & Games) nel vivo e stupefacente vecchio West di Rockstar. Tra rapine, bevute, lupi che mi hanno sbranato più di una volta mentre tornavo agli accampamenti, e forestieri troppo arrabbiati, il mio tempo al fianco di Arthur Morgan è stata una delle esperienze più altalenanti di sempre.

 

Altalenanti,  come la vita vera in un certo senso.

 

Una lettera d'amore al genere Western, con un gameplay ad uso esclusivo dell'aspetto narrativo.

Versione Testata: PlayStation 4 Pro

 

Perchè ho detto che Red Dead Redemption 2 affronta l’open world in maniera opposta a  Breath of the Wild?

È semplice: nell’ultimo capitolo di Zelda il focus è sul gameplay. Ogni scelta, azione, movimento di Link influisce su Hyrule, portandoci a vivere avventure straordinarie e spronandoci a tentare ogni possibilità con quello che ci troviamo davanti. La trama è messa da parte,  come corredo secondario dell’avventura.

 

Ecco, Rockstar fa esattamente l’opposto.

 

Ogni azione di Red Dead Redemption 2 è finalizzata alla narrativa. Scuoiare animali, affrontare bande rivali, perfino perdere tutto al tavolo del Poker aiuta a delineare personaggi ed intenzioni. La dovizia dei particolari, dal saluto alla provocazione, che pervade il vecchio west di Rockstar ha un che di straordinario. Pulire il fucile in tempi biblici, mettersi a cavalcare nelle lande cercando di portare intatta una pelle all’accampamento, per poi cadere sotto i colpi nemici e rischiare di perdere tutto. Non ci sono scelte morali, non c’è una trama diversa se si decide di ignorare qualcosa. Ci sono dei cambi minimi, ma che non modificano la scrittura di Arthur. Perché è Arthur Morgan il protagonista del racconto, non il giocatore.

 

L’esperienza che fa l’uomo, vivere con Arthur Morgan e non per Arthur Morgan

 

Una narrativa chiusa in un open world  vastissimo. Pare un ossimoro, ma  invece è proprio  il risultato di quest’ultimo titolo Rockstar. Un titolo che fa dei dialoghi la sua vera forza, molto più che del gameplay.
Questo ritmo lento e a tratti esasperato non è per forza un difetto. Lo sarebbe se il gioco fosse di un altro genere, ma strizzando più di una volta l’occhio alle pellicole western, giocare Red Dead Redemption 2 è come vivere un film di Sergio Leone lungo 60 ore. A rafforzare queste idee, la telecamera dinamica, che prende automaticamente il controllo del cavallo, e inquadra la scena in maniera cinematografica, con paesaggi mozzafiato – ma attenti a eventuali ostacoli viventi, o finirete per schiantarvi.

 

 

Ambienti Spacca mascella
L’altro grande, immenso e inarrivabile punto di forza di Red Dead Redemption 2 è proprio il mondo di gioco. Se escludiamo gli NPC, spesso troppo burberi e pronti a malmenarvi alla minima occhiataccia,  le città, le stazioni, le valli,  gli argini dei fiumi, le colline, le foreste e le montagne del vecchio West  vi stregheranno dal primo istante in cui ci metterete piede. Forte anche di una componente tecnica tra le migliori (se non la migliore) disponibile su console, qualcosa di definibile seriamente come “Spacca mascella“. 

 

 

Realismo che sfocia anche nel comparto sonoro (oltre che nella natura), in un punto che la produzione di Rockstar ha in comune col già citato Breath of the Wild. Una soundtrack dinamica, che va ad attutirsi per lasciare spazio ai rumori della natura, per poi tornare prepotentemente per mettersi al servizio anch’essa della trama e del cammino di Arthur. Grazie ad una recitazione inglese di livello, vi innamorerete presto dell’intera banda e della voce di Roger Clark, che presta le proprie corde vocali al signor  Morgan.
Canzoni di gruppo attorno ad un focolare, il rumore di uno sparo in una notte assolutamente silenziosa, una continua ricerca del particolare, del pelo nell’uovo per rendere il titolo il più verosimile possibile

 

 

Questa vero-somiglianza però cozza con alcuni fattori puramente videoludici.

Durante  le missioni della campagna principale, accadrà fin troppo spesso di ritrovarsi a crivellare di colpi nemici. Siano uomini di legge o  mascalzoni, tutti vorranno la testa di Arthur e della banda. L’abilità speciale di Arthur, il Dead Eye, gli permette di rallentare il tempo e  sparare così più rapidamente dei propri avversari. Un potere che rende molto meno tediose le diverse ondate di nemici,  vero e proprio impiccio a quanto di veritiero si muove al di fuori delle missioni. Massacrare mercenari pari a metà dei cittadini di Valentine va in conflitto con l’astio nel combattimento di Arthur. Un uomo che spara solo quando è costretto a farlo. Ma in fondo Red Dead Redemption 2 è un videogioco, e il ritmo incalzante delle sparatorie fa decisamente parte dell’esperienza.

 

Se fuori dalle missioni principali non culminasse con dei check-point  tediosi

 

Quello che più ho trovato sfiancante all’interno della fatica di Rockstar però, è l’utilizzo malsano dei check-point. La vita nel Far West non è facile, far arrabbiare gli NPC invece è semplicissimo: ritrovarsi con una taglia sulla testa e ricercati in ogni cavolo di regione lo è ancora di più. Questo porta più di una volta alla schermata di morte, e al respawn presso una zona limitrofa, perdendo pelli o carichi del cavallo (oltre parte del denaro). Il problema principale è che quel che è perso e andato per sempre, eccezion fatta per le pelli leggendarie, e non c’è modo di riottenerlo. Un sistema punitivo non arginabile coi check-point automatici, posti praticamente sempre al respawn di Arthur. Bisogna fare sapiente uso dei salvataggi manuali ma, anche in questo caso non è sicuro che il bottino arrivi sano e salvo a destinazione.

 

Verdetto
9.5 / 10
La banda non si infama.
Commento
Red Dead Redemption 2 non è perfetto. Ma non mira ad esserlo. Non è un titolo che entra nelle corde di tutti, a causa di un ritmo narrativo molto lento (troppo per alcuni) che rispecchia giustamente il genere a cui fa riferimento. Perchè Rockstar vuole innanzitutto raccontare la storia di Arthur Morgan e della banda di Dutch. Per farlo, posiziona i propri attori sul palcoscenico più vasto e ricco di dettagli possibile. Curandone con dovizia ogni minimo aspetto. Non c'è libertà nel racconto, ma solo nel viverlo. Nonostante qualche scivolone (l'IA fin troppo iraconda e un utilizzo dei checkpoint malpensato) Red Dead Redemption 2 è destinato ad essere ricordato al fianco degli altri titoli che hanno cambiato l'Open World. Questa volta, ogni singola azione di gioco è in funzione al racconto, a dare una fisicità ad Arthur e alla banda. Un titolo che non può mancare nelle librerie degli appassionati di film western, sporco e crudo in alcuni aspetti e da lasciar senza fiato in altri. Quindi no, Red Dead Redemption 2 non è perfetto, ma non lo è neanche la realtà a cui si ispira.
Pro e Contro
Atmosfera Western perfetta e minuziosa
Gameplay al servizio della narrativa
Visivamente spacca mascella
Colonna sonora da brividi

x Ritmo e genere non adatto a tutti
x IA forse troppo rissosa
x Checkpoint da rivedere completamente

#LiveTheRebellion