Recensione Planet Alpha – Talmente bello che ci vivrei

I want to believe

Alzando gli occhi al cielo capita di essere travolti da interrogativi più grandi di noi, atavici, domande che riguardano la vita, l’universo, quella sensazione di non essere i soli, là fuori, ad aver colonizzato un gigantesco ammasso di materia fluttuante nel nulla. È il fascino del mistero e la bellezza di fantasticare sulle sue migliaia di possibilità e combinazioni, ritrovandosi quasi senza fiato, sopraffatti e agorafobici davanti a quello spazio vuoto da riempire a piacimento con la sola forza dei nostri pensieri.

Se io dovessi immaginare un mondo alieno sarebbe molto simile al meraviglioso Planet Alpha scoperto dal progetto ludo-spaziale di Tim Börrefors grazie ai finanziamenti di Team 17 e portato a noi in forma di simulazione virtuale; primitivo, inesplorato, in cui i soli e le lune che baciano la sua superficie creano le più belle sfumature di colore mai viste, teatro di una catastrofe imminente, di una missione per salvarlo da un’invasione, ripercorrendo le orme di una civiltà gloriosa, ora silente, spezzata, forse per sempre.

 

Versione testata: PlayStation 4

Ground control to Major Tom
Planet Alpha non è esplorazione, è una missione vitale e solitaria per la salvaguardia di un ecosistema meravigliosamente spiazzante, vivo, a tratti commovente. Una corsa a perdifiato da sinistra a destra su un piano bidimensionale, disarmati eppure talmente in sintonia col pianeta su cui poggiamo i piedi da essere capaci di alterarne la rotazione, sfruttandone la natura e le sue regole. Un ciclo giorno-notte fluido, malleabile, che restituisce la sensazione di essere a corto di sabbia nella clessidra, pur senza chiari riferimenti temporali. Anche perché, continuando nel nostro pellegrinaggio a oriente, la minaccia si paleserà presto, un esercito meccanico, o forse alieni protetti da un massiccio esoscheletro dal design sci-fi anni ’60, la devastazione visibile sull’asse della profondità di un mondo completamente 3D nel colpo d’occhio, focolai e colonne di fumo che deturpano le sterminate e appariscenti praterie popolate da enormi ed eleganti sauri di terrestre memoria, fino a esseri impossibili e ancor più maestosi.

La sensazione è quella di correre verso un obiettivo preciso, scappando a perdifiato sfiorati da letali raggi laser, evitando lo scontro nascondendosi e sfruttando l’ambiente a nostro vantaggio, un’ansia stealth che riporta alla mente ciò che dovette passare Abe nella sua fuga dai Mattatoi Ernia (similitudini estetiche che torneranno anche in certi, inquietanti, ambienti), risolvendo poi puzzle ambientali basati sulla fisica e sullo spostamento di blocchi dalle forme variabili come Limbo comanda (e a dirla tutta già abbastanza vecchi e banali dopo il primo esperimento Playdead), volendo essere nell’insieme un erede spirituale di Another World, con cui non mancano punti di contatto. La vera esplosione di personalità e creatività se la concede però quando alla pressione dei grilletti si osserverà la volta celeste roteare, assorbire tutte le quotidiane sfumature giornaliere e modificarne gli ambienti, facendo crescere funghi da usare come piattaforme, piante come nascondigli, spostando masse rocciose grazie ai cali di pressione atmosferica che la notte porta con sé, oppure semplicemente creando giochi di luce e colori da stropicciarsi gli occhi. Quello che più stupisce è però l’accento posto su un platforming esigente, che richiede precisione nel salto e riflessi d’acciaio nella lettura delle situazioni più adrenaliniche, dei pattern degli inseguitori come delle varie bizze della natura o delle strutture fatiscenti pronte a crollare sotto il nostro peso.

Il mondo alieno di Tim Börrefors è puro spettacolo visivo che esalta la leggerezza di un gameplay di base già visto e in cui le idee originali vengono sfruttate a corrente alternata.

Ed è una bella sorpresa, perché spesso in questo genere si tende a sottovalutare, tendendo a sminuire la bravura del giocatore. Questo porta però inevitabilmente a una deriva trial & error che ridimensiona il level design, a tratti abbastanza tediante per una certa difficoltà nella lettura delle situazioni che spesso spinge ad andare a tentoni, trovando magari la soluzione per caso. Diciamolo chiaramente, Planet Alpha non è un gioco particolarmente brillante, divertente o stimolante, talvolta anche impreciso nell’attuazione dei meccanismi, fa il suo, si ispira ad altri e porta in dote al genere anche delle belle trovate, ma niente per cui strapparsi le vesti; ciò che fa la differenza è compiere queste azioni in un ambiente dalla bellezza e dalla cura realmente fuori scala. È sinceramente uno dei mondi più belli che abbia mai visto prendere vita sullo schermo di un televisore, un cocktail di stili mescolati in maniera omogenea capaci di creare un gusto unico, mai provato prima. La struttura low-poly degli elementi inorganici su cui cresce una vegetazione sempre fitta, mossa dal vento, soffice alla vista, iper-realistica nella sua densità, habitat di creature plasticose, traslucide, splendidamente caratterizzate e animate.

Un mondo alieno sui generis, sì, ricco di cliché estetici, che però da osservare in movimento è balsamo per le pupille, pura estasi cromoterapeutica tra fluorescenze e sfumature pastello, qualcosa che si desidererebbe poter toccare con mano, respirare, contemplare. C’è poi la profondità di campo, il design delle antiche rovine e dei misteri che si celano al loro interno con relativi picchi di level design, varchi inter-dimensionali che giocando con la gravità; tutto è incredibilmente coerente, in un continuo crescendo di suggestioni pronto a esplodere in un finale drammatico, visionario, fortemente emozionante. Si vede chiaramente che è nata prima l’idea del pianeta Alpha, su cui poi è stata poggiata una struttura ludica senza infamia e senza lode, piacevole soprattutto perché sfida continuamente il giocatore, riuscendo a vivere in simbiosi con la potenza tecnica e brillando di luce riflessa, uscendone sovrastimato. Una cura pazzesca dalla fotografia fino al più piccolo dettaglio ambientale, arte visiva che va a sostituire una sceneggiatura muta, criptica, ricca di simbolismi velati e significati ambigui, distribuiti lungo 6 ore di esperienza ludica del terzo tipo, assolutamente da provare.

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Verdetto
8 / 10
Team 17 telefono casa
Commento
Planet Alpha è uno dei mondi alieni più belli mai visti, un'insieme di ispirazioni ludo-estetiche che ha portato a un risultato eccezionale nella sua pura forma visiva. Una missione dal gameplay già visto, collaudato, divertente ma mai esaltante, che si anima grazie alla possibilità di alterare la rotazione del pianeta e malleare il suo ciclo giorno-notte, scintilla creativa che accende la miccia dei suoi momenti più interessanti, capaci di dare un'identità unica al progetto pur sfruttati col contagocce. Una piccola opera che guarda in alto, raccogliendo dalle infinità dello spazio una possibilità troppo bella per non perdercisi, sognando galassie lontane lontane...
Pro e Contro
Un pianeta da sogno, lussureggiante, bellissimo
Interessante possibilità di alterarne la rotazione
Platforming impegnativo

x Ludicamente già visto
x Talvolta impreciso e poco soddisfacente

#LiveTheRebellion