Grilletti a martello, analogico a mescola morbida, ma soprattutto… WLF.
Passare alla scuderia Unreal Engine 4,
per Milestone,
è stato un cambiamento fondamentale nella loro crescita di sviluppatori come di piloti virtuali. Una grande opportunità che vede impegnato il team milanese in un periodo di apprendistato, cambiamento, intravedendo la strada verso la gloria e il successo che guidare un mezzo del genere, unito al talento, porta inevitabilmente tra le sue conseguenze. Un percorso iniziato l’anno scorso con MXGP 3,
culminato quest’anno con il capitolo Pro passando per Monster Energy Supercross, simulazione tanto elegante nella fisica quanto sporca e godereccia nel divertimento, capolavoro di Milestone, voluto e cercato da chi non si accontenta di copiare i compiti dei compagni più dotati. Su strada la situazione è però diversa, con una metamorfosi fisico-grafica iniziata proprio quest’anno, con risultati simili a quanto visto nell’acerbo MXGP 3, dalle cui forme, velate da una resa grafica ancora tendenzialmente povera, miope nei dettagli, cesellabile nella fisica, si intuisce già un futuro prosperoso, che chiede agli appassionati solo un po’ di pazienza, giro dopo giro, verso il gradino più alto del podio, magnum di champagne alla mano.
Versioni testate: PlayStation 4, Nintendo Switch
Vivere è prendere l’Arrabbiata 1 e 2 a gas spalancato
Una corposa carriera (
con annesso sistema di sviluppo/crescita di moto e pilota) dove accompagnare il nostro pilota, alter ego, estensione virtuale della nostra reale propensione alla velocità,
dalla Redbull Rookies Cup fino alla classe regina MotoGP, passando per
Moto 2 e
Moto 3, eventi singoli, quali gare, prove a tempo e campionati più emotivamente disimpegnati rispetto alla carriera di cui sopra. Multiplayer, locale e online, più una sezione eSport con eventi a cadenza regolare, rappresentano tutto lo scibile dell’offerta ludica di MotoGP 18, in cui cambiano i nomi, gli obiettivi e i menù, creando contenitori, o meglio, scuse, per permetterci di fare quello che davvero il titolo vuole farci fare: guidare.
E pad alla mano,
l’opera Milestone si gioca dannatamente bene. Tre stili di guida e una serie di regolazioni rendono il titolo accessibile ai piloti di primo pelo come impegnativo per quelli più scafati, che desidererebbero un playseat carenato da piazzare in mezzo alla sala. Facilitato, Normale e Pro, queste le tre mappature del sistema di controllo, laddove nella sua declinazione più estrema MotoGP 18 mostra dove vuole andare a parare una serie in continuo miglioramento. Le differenze con gli stili più spensierati la fa soprattutto
una gestione dell’ingresso in curva brutale, dove dosare la leva del freno anteriore con pressioni delicate e regolari sul grilletto, evitando di pinzare troppo forte, bloccando di conseguenza l’avantreno e finendo lunghi distesi sul bollente asfalto, gestendo separatamente il freno posteriore utile soprattutto per impostare la traiettoria.
Una gestione assolutamente verace delle staccate, da applaudire, cui non fa eco l’uscita di curva, con
un’accelerazione che mi sarei aspetto più ribelle, magari capace di far slittare prepotentemente il posteriore, dando vita a una gestione della derapata alla Casey Stoner dei vecchi tempi, cosa che accade invece sul bagnato, dove diventa fondamentale dosare il gas per non essere catapultati nella ghiaia, ancora tramite un grilletto che fa le veci, questa volta, del polso destro. Tutte queste meccaniche incidono inoltre sull’erosione delle gomme, obbligando quindi a guidare con saggezza e gestendo quando necessario, per arrivare ancora abbastanza freschi a fine gara e dare tutto nel momento del bisogno.
A convincere senza mezze misure, “se” o “ma”,
è invece la gestione dell’angolo di piega,
praticamente in scala 1:1 rispetto alla corsa dell’analogico sinistro e dotato di un’inerzia convincente, capace di creare quell’illusione sensoriale tipica delle ottime simulazioni, in cui sembra di sentire sul pollice tutte le forze che agiscono su un pilota aggrappato a una moto in curva. C’è da dire che la gestione dei vari modelli di guida è ancora da affinare, perché impostato su normale e togliendo comunque tutti gli aiuti, bisogna proprio impegnarsi per cadere (
ergo uscire fuori pista, piegare e accelerare, oppure schiantarsi deliberatamente), anche tirando in maniera sciagurata. Il consiglio è quindi quello di farvi le ossa, se siete a secco di simulazioni motociclistiche, per poi virare verso la modalità Pro e non tornare più indietro finché Marquez non vi abbatta, cosa che a pensarci bene non succede molto di frequente in-game, anzi.
Complice un’IA scolastica, regolabile in percentuale di talento, che comunque si limita a fare il compitino, aumentando ritmo e precisione senza ragionare in maniera sofisticata, soprattutto quando si parla di traiettorie. L’aspetto di MotoGP 18 su cui però si può sindacare di più è certamente la resa estetica.
Frame rate a 30fps, quando ormai il genere viaggia, tendenzialmente, al doppio della velocità, pur non influendo pesantemente sul gameplay,
ma soprattutto un colpo d’occhio piatto,
spoglio, tanto negli elementi di contorno, come un pubblico che sembra passato attraverso un paio di generazioni ludiche (
e neanche i volti dei piloti brillano per fotorealismo), quanto nelle piste in sé, con elementi in bassa definizione, pochi tocchi di classe e una palette cromatica anemica, un po’ offuscata, che non restituisce la sensazione di vitalità e adrenalina che siamo abituati a osservare in piedi sul divano o negli autodromi, in contrasto con le forti emozioni di guida. Mi viene da pensare al sempre splendido Ego Engine che muove i titoli F1 di Codemasters, con un MotoGP che, a parità di blasone motoristico, meriterebbe lo stesso make-up, sperando che l’Unreal Engine faccia il suo corso.
Sulla cura riposta nei tracciati,
intesi come monastero di curve e rettilinei su cui dare sfogo ai nostri cavalli,
niente da dire, ricreati alla perfezione come sono, centimetro dopo centimetro, avvallamento dopo avvallamento, domarli sarà un vero piacere, e quando non lo sarà vuol dire che in primis architetti e designer reali hanno fatto un pessimo lavoro, ma restano casi isolati. Dal buono all’ottimo invece animazioni e modelli poligonali delle due ruote, con le prime che peccano solo nei momenti delle cadute, fin troppo “rag doll”,
ancora parecchi margini di miglioramento invece per la fisica dei contatti, talvolta finta e con hitbox che richiedono un ulteriore lavoro di regolazione.
Mani avvinghiate al controller come un pilota alla sua moto, MotoGP 18 riesce a restituire sensazioni vere, corpose, ricche, spingendo a cercare sempre il limite, staccando sempre più forte.
Bandiera rossa per la versione Switch
Fortunatamente l’edizione per l’ibrida Nintendo non è stata la sola su cui ho potuto mettere mano, perché a fondo pagina starete leggendo un sonoro 4 di denuncia. Semplicemente impresentabile, a livello tecnico e ludico. L’Unreal Engine 4 al suo peggio, mal ottimizzato, mal gestito, un colpo d’occhio oleoso, minato da una risoluzione annebbiata (
in modalità handheld più che mai, ma in dock non migliora di molto) e una fluidità fangosa. Sinceramente non capisco dove si sia trovato il coraggio di pubblicare un lavoro del genere, conversione che inoltre non ha minimamente tenuto conto dei limiti di Joy-Con e Pro Controller, sprovvisti di grilletti analogici, lasciando il gameplay così com’era, senza pensare di rendere il tutto più arcade magari (
diciamolo, su PS2 la serie MotoGP, in mano a Namco, era splendida pur senza grilletti), aggiustandolo e regolandolo attorno alla macchina, restituendo al giocatore un controllo sul mezzo artificioso, molle, con
input lag pazzeschi nell’accelerazione. Capirete che qui non è questione di accontentarsi, di scendere a compromessi per giocare il titolo in portabilità, ci sono falle di gameplay troppo evidenti rispetto alle altre versioni per consigliarla anche se in casa avete solo Switch.
Prodotti di questo tipo è sinceramente meglio che non arrivino sulla console, certamente non in questo stato, perché creano imbarazzo sia agli sviluppatori che a Nintendo, complice di presentare al suo pubblico prodotti capaci solo di diventare portabandiera dei suoi limiti hardware. Panic Button e i suoi porting ad hoc insegnano.
Verdetto
8 / 10
Mugello lifestyle
Commento
Pro e Contro
✓ Guida profonda quanto immediata
✓ Modello fisico promettente ma già convincente
✓ Carriera interessante
x IA scolastica
x Tecnicamente "work in progess"
#LiveTheRebellion