Un altro intenso battesimo norreno
Ultimamente tra Hellblade,
God of War, “
La lunga e oscura pausa caffè dell’anima” (
secondo e ultimo capitolo della saga letteraria di Dirk Gently, vergata da Douglas Adams)
e questa incarnazione Switch di Jotun, penso di essermi fatto una cultura abbastanza elementare della contorta, sanguinosa e decisamente ostile al “family day”, mitologia nordeuropea. Quanto approfondita? Probabilmente più di quella cristiana, e certamente appresa in modi assai più interessanti del catechismo. Il bello è che queste tre opere (
non sto a citare Banner Saga e altri titoli a tema perché non ne ho giocati) sono decisamente complementari, sia a livello di gameplay che di narrazione, e questo Jotun, giocato in parallelo al capolavoro Santa Monica, ne esce come una sua miniatura disegnata a mano, quasi che fosse un Art Attack dello stesso Atreus, creato durante i ritagli di tempo tra un massacro e l’altro perpetrato dal poderoso papà. Tutto con le dovute proporzioni e con molte differenze (
a partire dalla prospettiva distaccata, isometrica), certo, ma l’opera
Thunder Lotus Games dovrebbe solleticare l’interesse di tutti gli appassionati, in primis di politeismo norreno, e poi di chi cerca con voracità action bidimensionali col cuore grande così.
Nel nome di Odino,
di Thor e di una pinta di birra alzata al cielo prima del Ragnarok,
amen.
Versione testata: Nintendo Switch
Si scrive Ginnungagap, si legge… Sempre sbagliato
Uno scioglilingua che corrisponde al purgatorio dei guerrieri “congedati con disonore” dalla vita terrena, come la nostra
Thora, che vede il Valhalla e la gloria eterna ancora lontana, intrappolata nel vuoto eterno con la possibilità di impressionare gli dei e riguadagnare onore, massacrando i Jotun, i giganti, eterna nemesi di Aesir e Vanir per conto di Odino, osservatore quieto, invisibile eppure sempre presente. Ci si sente i suoi occhi addosso, avvertendo il suo giudizio lapidario dopo ogni sconfitta.
Una situazione dantesca, dall’inferno al paradiso, aprendosi la strada con la forza. Cinque giganti (
per altrettante ora di gioco, circa) dislocati in altrettante terre divine, una boss rush intervallata da
accenni culturali e aneddoti della stessa guerriera, capelli rossi raccolti in due infuocate trecce e ascia bipenne sempre a portata di mano. Proprio
l’esplorazione che procede la battaglia, indicata dai più come il vero punto debole della produzione in occasione delle uscite precedenti, ha una molteplice valenza ai fini dell’esperienza.
Jotun si fa prima mangiare con gli occhi, grazie all’incantevole realizzazione tecnica, per poi diventare difficile da digerire al cospetto degli spietati giganti, complesso quanto spettacolare fulcro dell’opera.
Oltre ad essere raccordo narrativo efficace e ben scritto nel suo stringato copione, r
iesce ad offrire sempre uno spunto di level design nuovo ad ogni cambio di location, traducendosi in una provvidenziale varietà di enigmi, situazioni, intuizioni, che riesce a mitigare un ritmo abbastanza soporifero (
complice la quasi totale mancanza di nemici) e per fortuna non troppo dilatato nella longevità delle singole sezioni esplorative, mai uguali tra loro. Un’altra, fondamentale valenza di questi pellegrinaggi è proprio quello di rendere onore alle statue degli déi per ricevere in cambio parte del loro potere, veri e propri salvavita durante le terribili e spietate boss fight. Si va dalla benedizione che concede il recupero di parte dei punti vita a devastanti poteri bellici, passando per scudi magici e doppelganger da usare per le strategie evasive. Un piccolo appunto ai ragazzi di Thunder Lotus, pur avendo apprezzato la loro interpretazione del lato adventure, lo voglio però fare, e riguarda le meravigliose mappe da consultare durante l’esplorazione. Talmente belle che ne vorrei appendere delle copie sulle pareti di casa mia, ma davvero criptiche e poco funzionali all’orientamento, dato che
manca l’icona che indichi la posizione di Thora. Questo porta dunque a studiare la geografia dell’area in cui ci troviamo per poi trovarne un corrispettivo sulla mappa. Interessante e vintage, certo, ma anche pericolosamente spezza-ritmo.
Attivate le due rune e aperto il cancello per la dimora del gigante, la musica cambia, la tensione sale, un enorme artwork prende vita come per magia, spaventando e affascinando per una bellezza tanto minacciosa quanto cristallina.
C’è la consueta supposizione del pattern,
un primo approccio conoscitivo,
un corteggiamento quasi sempre fatale, mentre la sensazione d’impresa fa vibrare l’aria e le dita, sempre più sudate man mano che le barre degli HP diventano sempre più flebili. Attacco leggero, attacco pesante caricato e schivata, dosando i poteri speciali e soprattutto facendo ballare l’occhio, pratica più che mai fondamentale, vuoi per apprezzare la meravigliosa arte che ci circonda, vuoi per scoprire e sfruttare i punti deboli, i lati ciechi. T
attica e improvvisazione per una vittoria che dipende totalmente dall’abilità manuale e dall’estro del giocatore, che non solo dovrà evitare i devastanti attacchi, ma scegliere come reagire, stando sulla difensiva o emulando la furia dei fieri e sanguinari berserker. Si viene soverchiati fisicamente e psicologicamente dalla stazza dei nemici, al cui cospetto Thora appare come un essere minuscolo, insignificante (
anche troppo se giocato in modalità portatile, ma non c’è da perdere molte diottrie). Imprevedibili nelle mosse e sempre più rabbiosi e disperati man mano che la battaglia si avvicina al suo finale, che sia amaro o lieto, scoprendo, nell’ultimo caso, quanto sia saggio il proverbio da strada “
più sono grossi, più fanno rumore quando cadono”, sfiniti e anche un po’ dispiaciuti per aver tolto la vita a creature così imponenti.
Un’anima boss rush fine e spietata, intensa, dove si lavora sì di ascia ma anche di fioretto. La frustrazione tipica del genere e la sua elevata quanto naturale difficoltà sono ben presenti ma mai invadenti. Sono scontri studiati per essere sempre soddisfacenti e splendidamente giocabili, godibili, risolvibili apprendendo tutti i segreti della sua essenzialità.
Dipinto nordico
Se l’anima esplorativa è buona ma non spettacolare e la sfida ai singoli giganti brilla di luce propria,
ciò che colpisce fin da subito è la meravigliosa cornice,
tratteggiata a mano e colorata in tinte pastello. I regni della mitologia norrena prendono vita grazie a uno stile semplice ma incredibilmente armonioso nelle forme e nei colori, grazie anche a contorni leggerissimi, tra laghi ghiacciati, caverne laviche, l’albero del mondo Yggdrasill (
la mia preferita, date le reminiscenze che mi hanno ricordato certe escursioni nella natura di Zelda Minish Cap), ma soprattutto nella caratterizzazione dei Jotun. Bellissimi, imponenti, animati
frame by frame in ogni loro coreografico attacco. Le tempeste di fulmini scatenate da Hagalaz, gli agguati da sotto un’azzurra lastra di ghiaccio di Isa, la pioggia di fuoco e i brutali fendenti che esprimono tutta la potenza della gigantesca lama di Kaunan, sbattuta sulla nuda roccia, apprezzando e temendo la forza della natura di Jera e della sua minacciosa prole vegetale.
Una bellezza capace di caratterizzare e dare un impatto unico all’intera opera, diventando parte integrante del gameplay e scatenando nel giocatore un’ammirazione sincera per un lavoro di grandissima qualità.
Verdetto
8 / 10
Ho una sedia dell'Ikea con lo stesso nome, giuro.
Commento
Pro e Contro
✓ Boss fight splendide
✓ Stile artistico unico
✓ Esplorazione mai banale...
x ...Seppur talvolta soporifera...
x ...E resa difficoltosa dalla mappa
#LiveTheRebellion