Recensione Ico & Shadow of the Colossus Classics HD

Tra le varie diatribe e polemiche sollevate dal mondo dei videogiochi la più importante è legata senza dubbio alla seguente domanda: può questo media essere considerato arte oppure è in qualche modo meno “nobile” rispetto ad altre forme di intrattenimento? A prescindere dallo schieramento per il quale si patteggi a questo proposito è innegabile che alcune produzioni si avvicinino indiscutibilmente (per creatività, carattere e anche coraggio) a forme espressive più blasonate. Ico e Shadow of the Colossus incarnano pienamente il concetto e possono essere definiti, praticamente senza nessun pericolo di compiere “lesa maestà” verso altri titoli, il manifesto di questa corrente artistica nel mondo videoludico.


Per approfondire:
Shadow of the Colossus

Nel 2011 Sony ha deciso di aggiungere questi due successi della scorsa generazione al novero di quei videogiochi rimasterizzati e riproposti in HD, promettendo oltre alla nuova veste grafica ed all’aggiunta dei trofei anche il supporto per il 3D stereoscopico e (con un successivo aggiornamento) la funzionalità di remote play su Playstation Vita. Scopriamo se il lavoro fatto in questo senso è adeguato al livello originale delle due avventure firmate Fumito Ueda oppure se stiamo parlando di una di quelle iniziative a misura di nostalgico finalizzata al guadagno facile.

E se lo dice il signor “testa di leone”…

La prima proposta della raccolta è risalente al lontano 2001, praticamente l’alba della scorsa generazione. Il successo riscosso a livello di critica da Ico è ben riassumibile con una dichiarazione di Peter Molyneux (il “papà” di Fable), che in un’intervista arrivò a dire “se avessi fatto qualcosa come Ico, sarei davvero felice di morire”. La vicenda narrata inizia (seguendo quella che diventerà una costante del team di sviluppo riconfermata con Shadow of The Colossus) senza dare particolari punti di riferimento al giocatore, che assiste ad un primo filmato dove il protagonista, Ico, viene sigillato in una specie di sarcofago da delle guardie, con l’unica spiegazione che è quello il destino dei “bambini dalle corna bianche”. Per un caso assolutamente fortuito riesce a liberarsi poco dopo, trovandosi all’interno di un misterioso castello apparentemente deserto. Proseguendo con l’esplorazione dell’area Ico, guidato dal giocatore, incontrerà una ragazza di nome Yorda, imprigionata in una sorta di gabbia e padrona di una lingua incomprensibile al ragazzo (e anche al giocatore, quantomeno durante la prima run di gioco). Liberata Yorda dalla sua prigione l’obbiettivo del protagonista sarà quello di fuggire dal castello e riconquistare la sua libertà.

Tra castelli, regine e ombre

Ico è senza ombra di dubbio una produzione fuori da tutti gli schemi ed i canoni videoludici. La cosa viene messa in chiaro già ad una prima occhiata allo schermo, che si presenza assolutamente privo di interfaccia e “nudo” dal punto di vista degli indicatori. Il sonoro mostra la stessa tendenza e spesso sparisce per lasciare posto ai rumori ambientali e anche a livello di telecamera si nota una certa originalità, con inquadrature che si pongono l’obbiettivo di ritrarre tutto lo scenario piuttosto che focalizzarsi sul protagonista e con una limitata manovrabilità da parte del giocatore, ridotta praticamente all’inquadrare Yorda quando questa è fuori dalla visuale proposta. Questa scelta registica non è assolutamente casuale e si pone in tutto e per tutto a servizio del gameplay: di “base” Ico si presenta come un platform/adventure in cui il giocatore si vede di volta in volta ostacolato da degli enigmi e puzzle da risolvere per poter proseguire. Ma quello che a parole sembra banale e già visto viene rivoluzionato dalla presenza di Yorda, che il giocatore è costretto a “portarsi dietro” tenendola per mano e venendo incontro alle sue limitate capacità fisiche (ad esempio sporgendosi dopo un salto per afferrarla con le mani e tirarla su) e soprattutto difendendola da delle misteriose ombre che compaiono tra una fase puzzle e l’altra con lo scopo di rapirla trascinandola in un “buco nero” che compare sul pavimento. Anche in queste schermaglie a prevalere è comunque l’aspetto “tattico” più che l’azione, grazie ad una IA abbastanza smaliziata ed in grado di schivare gli attacchi del bastone di Ico se questi sono troppo prevedibili e portati frontalmente. Va infine fatta una menzione d’onore per la presenza dei contenuti extra che invoglia decisamente ad una seconda run di gioco, permettendo questa volta di capire quello che Yorda dice e di accedere ad alcune aree prima bloccate, oltre che all’introduzione con un aggiornamento della modalità remote play per poter giocare su PS Vita senza inficiare particolarmente l’esperienza dato il gameplay non molto frenetico.

All’ombra dei colossi è forse il sonno della morte men duro?

Dopo Ico, per incontrare un’altra produzione dell’omonimo team dobbiamo arrivare al 2005. Conosciuto durante lo sviluppo come Nico (gioco di parole tra il nome del suo “prequel spirituale” e la parola giapponese Ni, ovvero due) Shadow of the Colossus si colloca a livello “spaziale” nello stesso universo narrativo del predecessore, ma temporalmente si posiziona alle sue spalle anticipandolo di un non meglio precisato periodo di tempo. Preso il joypad tra le mani ci si ritrova catapultati all’interno dell’avventura senza molti preamboli: al giocatore sono fornite solo informazioni sommarie sul suo alterego virtuale, limitate al suo nome (Wander) e al suo scopo, riportare in vita una ragazza di nome Mono vittima del “destino maledetto” del protagonista. Per ottenere questo obbiettivo Wander è arrivato al Sacrario del Culto, un territorio proibito in cui si dice sia possibile richiamare indietro i morti, e decide di entrare in contatto con una misteriosa entità di nome Dormin. Il giovane scopre da questi che per avere la possibilità di ricongiungersi con Mono deve distruggere i sedici idoli presenti nel tempio, e l’unico modo per farlo è abbattere gli altrettanti colossi che popolano quelle terre. Ad aggiungere altro mistero ed una certa suspance c’è inoltre la presenza di una sorta di esercito, uomini determinati a raggiungere Wander ed impedire che questi riesca nel suo intento.

Templi proibiti e divinità oscure

Shadow of the Colossus conferma quanto detto a proposito del precedente lavoro del team, ponendosi come un prodotto particolare. A livello di giocato, per quanto sia una classificazione assolutamente riduttiva e spicciola, è descrivibile come un adventure con componenti da puzzle game: alle fasi di esplorazione in cui si vaga per il mondo di gioco alla ricerca del prossimo colosso da abbattere (aiutati in questa quest dalla spada di Wander, in grado di riflettere la luce del sole in direzione dell’obbiettivo per localizzarlo) si alternano le sezioni in cui si affrontano le gigantesche creature, in cui generalmente bisogna capire ed individuare il percorso da seguire per arrivare dalla posizione iniziale ai “sigilli” posti sui colossi, che indicano dove colpire con l’arma i gargantueschi avversari. Questa operazione sarà ovviamente ostacolata da questi ultimi, per nulla inclini a farsi eliminare senza dare battaglia e decisi a  scacciare il nostro doppio digitale (con conseguenti cadute da altezze non trascurabili, data la mole delle bestie), ai cui sforzi va anche aggiunto il fattore stamina, che si consuma in modo graduale finché Wander rimane “ancorato” al corpo dei giganti. A questo proposito in soccorso del giocatore ritorna l’esplorazione menzionata sopra, arricchita sul piano prettamente ludico da collezionabili in grado di aumentare la resistenza e la quantità di salute del protagonista. Ma come in Ico (e forse anche in modo più marcato che in Ico) il gameplay è solo una delle sfaccettature del prodotto, inserita in un mondo di gioco vivo e dalla “risposta pronta”, che ci permette di cavalcare in foreste e deserti o di nuotare in laghi assieme ai pesci che li popolano (con la possibilità anche di “attaccarsi” a questi ed essere trainati per dei tratti), di esplorare templi e strutture architettoniche o di scalare montagne alla ricerca di collezionabili e colossi o anche solo per il gusto di farlo. Insomma, tantissima varietà e quasi altrettanta interazione, nonostante i personaggi che vi compaiono siano di fatto solo Wander ed i colossi. La storyline principale è inoltre arricchita da una serie di modalità extra, dalla classica “modalità ricordo” che permette di sfidare nuovamente i giganti già sconfitti alle sfide a tempo contro i colossi (che premiano il giocatore con accessori extra come la mappa dei frutti o armi più potenti), senza dimenticare una modalità difficile caratterizzata da un maggiore tasso di sfida. Tutti questi contenuti sono riproposti da un comparto grafico rimodernato in modo decisamente adeguato e accompagnato da una colonna sonora che accresce ulteriormente il valore della direzione artistica del gioco, oltre ad aggiungere come in Ico la possibilità di giocare in remoto su PS Vita, che però (anche in questo caso più che nell’altro titolo proposto) si scontra con la mancanza di alcuni tasti della portatile rispetto al Dualshock che obbliga ad alcuni compromessi a livello di mappatura di comandi.

Verdetto
9 / 10
Imprescindibili per ogni giocatore
Commento
Date alcune scelte stilistiche al limite del drastico e in rottura con quello che solitamente vediamo in un videogioco, non stiamo parlando di titoli “per tutti” ed il rischio di rimanere scottati o delusi esiste, ma nonostante questo si può (e a nostro avviso si deve) dare quantomeno una possibilità ad entrambe le esperienze. La “ricompensa” per quelli che seguiranno questo consiglio è quella di ritrovarsi immersi in due avventure memorabili anche dopo tutti gli anni passati dall’uscita (anche se Ico sotto questo punto di vista paga un po’ la sua carta d’identica, ma solo da un punto di vista meramente grafico), complici una direzione artistica (sia dal punto di vista grafico che da quello sonoro) di livello impressionante e delle atmosfere veramente riuscite e ben realizzate. Un’ultima controindicazione: giocando questa collection il rischio di riaccendere l’hype per The Last Guardian è più che concreto
Pro e Contro
Tanti contenuti e longevità garantita dagli extra
Originalità e direzione artistica di assoluto livello
Due esperienze che vanno quantomeno provate, senza eccezioni...

x ... Anche se non si adattano al palato di tutti
x Ico soffre un po' dal punto di vista grafico a causa dell'età

#LiveTheRebellion