Recensione Grip – Tutta questione di aderenza

Il mondo a testa in giù… a 500km/h.

Grip è un simulatore di mal d’auto, un po’ come quando mi ostinavo a giocare col Game Boy durante i viaggi in macchina, tra i tornanti dell’Appennino emiliano. Un combat racing che vive a 360°, talmente veloce da lasciare indietro pure la telecamera (e rendere autolesionista la visuale in soggettiva), costretta ad arrancare e fare i salti mortali per recuperare posizione, facendo salire il sangue al cervello e ammaliando fin dai primi minuti col suo track design rotondo e ispiratissimo, sfondo di gare hardcore, granitiche, rabbiose, dedicate a chi ha vissuto pad in mano il passaggio tra anni ’90 e nuovo millennio. Il periodo d’oro della drum & bass, delle corse arcade al vetriolo, di WipeOut e Rollcage, del quale Grip è erede spirituale dichiarato, reincarnazione e reboot, fortemente voluto da Caged Element che dimostra da subito un savoir-faire non comune.

 

Versione testata: Xbox One

Il braccio violento di Mario Kart
Già dal primo impatto estetico, Grip tradisce l’amore verso quel futuro fortemente industriale e inquinato che andava di moda a cavallo del ventunesimo secolo. Tanto metallo e troppe ciminiere, che l’uomo non si è potuto esimere dall’esportare nei quattro pianeti che fanno da sfondo a gare fuori di testa, che sembrano infiammare il dopo lavoro degli operai terrestri, improvvisate e poco seguite da pubblico e sponsor. Più che mezzi da competizione, queste auto sembrano ferraglia messa insieme con qualche nozione di meccanica da piloti della domenica cresciuti tra VHS di Mad Max e Hot Wheels, pensati per sfruttare le brutture architettoniche di tracciati improvvisati e percorrerli anche capovolti con nonchalance, dotati di un motore a reazione capace di spingersi a 500km/h e quattro ruote motrici con pneumatici da trattore per aderire a ogni superficie. Pipe, giri della morte, paraboliche, pareti e soffitti, se preso alla giusta velocità ogni elemento è percorribile, in una corsa da subito centrifuga, spiazzante, spettacolare. La possibilità di spiccare un piccolo balzo è un’altra caratteristica che avvicina il titolo all’ibridazione racing-platform, arricchendo le possibilità di manovra e le sfumature che il pilota più sgamato saprà dare a un modello di guida tutto velocità e poca tecnica, che rende il freno un optional per occasioni speciali e carica costantemente il serbatoio di liquido iniettabile nel motore, per un pizzico di sovralimentazione in più che non guasta mai. Viene da sè che ci si ritrova spesso in situazioni esaltanti, capaci di emozionare in maniera volgare, con proiettili sparati a un avversario che si trova sotto di noi, vedendolo perdere aderenza e andare in testacoda mentre gli balziamo davanti per prenderci il primo posto, proteggendoci con uno scudo dalla rabbia rivale.

Quando tutto funziona a dovere il titolo diventa un’orgia metallica di sorpassi sottosopra, esplosioni, salti (con tanto di modalità di controllo in volo, staccando il piede dall’acceleratore) e ruota contro ruota, facendo godere con la sua stravaganza rock ‘n’ roll, nonostante a suonare, incessantemente, sia invece la drum & bass firmata Hospital Records. Bestemmie e adrenalina a fiumi, prima bilanciate, poi inesorabilmente pendenti verso le prime, quando il motore fisico mostra, spostato il velo di seta della sua perfetta gestione della gravità, alcune magagne critiche di non poco peso. Sbagliare una manovra, prendere male una parabolica, o anche colpire un misero “sassolino”, porterà spesso a premere incarogniti il tasto del respawn, tanto illogiche e devastanti saranno le conseguenze. Voli senza appello, rimbalzi degni di un flipper, perdite di aderenza; tutto può succedere quando qualcosa interferisce col flow della gara, il che tenderà ad accadere abbastanza spesso. Senza dimenticare le reazioni devastanti dell’auto ad ogni missile incassato, facendo perdere secondi preziosi e interminabili con manovre da parcheggio in pieno centro a Milano, semplicemente per rimettersi nella direzione corretta e tornare a correre. Ma soprattutto, non provate a lanciare un missile quando la strada pende in salita, pena l’esplosione dell’ordigno sotto i propri stessi pneumatici. Anche in fase di programmazione Grip risulta quindi sporco, ruvido, nervoso, perennemente suscettibile e anche un po’ infame, dato che già il livello di difficoltà è stato tarato alla vecchia maniera (cosa buona e giusta). Rimane nel giocatore quel conflitto tra la parte del cervello che grida allo spettacolo clamoroso, inneggiando al bis, e quella che fa schiumare di rabbia e serrare le mani attorno al pad. Il già citato respawn risolve in parte i problemi di collisioni più turbolenti, e dopo un po’ si comincia a sopportarlo, talmente è alta la qualità del gameplay nudo e crudo, con un level design capace di raggiungere, in determinati casi, vette quasi inesplorate per il genere, correndo realmente a 360° (fin dalla font del titolo) e spingendo il giocatore a provare quel bivio, cercare una scorciatoia, osare un utilizzo del turbo in verticale.

Le gare sono sempre tiratissime e combattute fino al rettilineo finale, inventandosi anche un sistema di rivalità con altri piloti virtuali che porterà ad uno scontro 1 vs 1 a fine campionato, interessante ed esaltante escamotage per odiare ancor di più l’IA e attivato in modo apparentemente casuale, senza contestualizzarlo con scenette o intermezzi di sorta. Una quantità di contenuti e modalità opulenta, coronata da una carriera a difficoltà (e velocità) crescente che ricorda l’offerta degli ultimi WipeOut, con prove a tempo, gare classiche, gare di combattimento, fino ad aprire i suoi confini verso una deriva da arena shooter che ricorda direttamente le battaglie di Mario Kart, brillando, ancora, per design, ma lasciandosi apprezzare più che altro in multiplayer, locale e online. Un altro piccolo rammarico è il sincopato ritmo del frame rate, poche volte spinto a 60, più spesso tra 30 e 50 (ad occhio), almeno su Xbox One. La sensazione è che si poteva fare di più, complice una mole poligonale assolutamente nella norma, così come la qualità degli effetti particellari e dei giochi di luce, con una generale granulosità dell’immagine. Assolutamente deliziosi invece i vari modelli di auto, giocattoloni simpaticissimi che in molte occasioni scimmiottano stili vintage o contemporanei, dando una sensazione più plasticosa che metallica, colmando il buco di personalità di ambienti funzionali ma decisamente derivativi: la solita città immersa nella notte come sotto formaldeide, un pianeta di chiara ispirazione marziana, rosso come Piazza del Campo, montagne innevate e un simil-insediamento abbandonato alle piante rampicanti. Chiude l’offerta il Carkour, quasi un gioco a parte che si concentra sulla tecnica di guida, dando ancora più spessore al mirabile lavoro svolto sul sistema di controllo, diversivo assolutamente apprezzabile e ben studiato, un po’ puzzle e un po’ skate.

Verdetto
8 / 10
Gli pneumatici con la gravità intorno!
Commento
Grip è un'opera che trasmette subito passione e grandi capacità tecniche, che si mostrano in tutto il loro splendore nel track design e nel sistema di controllo, separati, ma soprattutto uniti in un sodalizio eterno. Un lavoro certosino che dà la sensazione di aver portato via tempo alla soluzione di seri problemi nella fisica delle collisioni, che portano a spezzare il flusso d'azione in modo criminale, da quanto è spettacolare quando tutto funziona a dovere. Nonostante le sue rividità però, Grip è un titolo che va premiato, perché diverte in modo sincero e volgare, nascondendo i tecnicismi di un modello di guida unico nel suo genere sotto strati di deliziosa tamarraggine.
Pro e Contro
Modello di guida eccellente...
...Unito a un track design stratosferico
Gran quantità di contenuti

x Fastidiosi problemi di collisioni
x Tecnicamente mediocre

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