Giga e giga di RAM, sempre più pixel e poligoni a schermo, 4K e HDR. Poi esce Flat Heroes e ti accorgi che tutta ‘sta tecnologia è un semplice orpello.
Ogni tanto succede ancora, nonostante gli anni passati pad alla mano: basta un titolo e si capiscono verità che in fondo abbiamo sempre saputo, ci si riconcilia col mondo ed insomma ci si ricorda perché videogiochiamo.
Flat Heroes entra in scena così un paio di settimane fa, ricordando a chi vi scrive – la stessa persona che lo scorso giugno se la
prendeva con Game Freak perché era rimasta al Game Boy – un concetto fondamentale.
Tutti i migliori giochi sono facili da imparare e difficili da padroneggiare
La così detta
Legge di Bushnell, ovvero grossomodo tutto quello che c’è rimasto della Atari che fu. Una legge che funziona tranquillamente anche oggi, nonostante il progresso tecnologico, e serviva
Parallel Circles a ricordarcelo:
Flat Heroes è un glorioso, imponente ed inequivocabile dito medio al graficone. Abbiamo sbagliato tutto, basta avere un gameplay micidiale
Versione testata: Nintendo Switch
Siamo un quadrato in un mondo di figure in buona sostanza mono-dimensionali, ma
non c’è tempo per struggersi pensando alla solitudine di chi vive sfruttando entrambi gli assi cartesiani. E non c’è tempo per chiedersi perché quei punti e quelle linee se la prendano con noi, se c’è un
vago tentativo di affrontare il tema del diverso – un
Novello Prometeo non più di carne cucita assieme, ma di quattro lati uguali tra loro – oppure sono le solite
seghe mentali che ci si ritrova a fare quando si scrivono articoli di questo tipo.
Non c’è tempo, e in realtà non c’è nemmeno la voglia di farlo: Flat Heroes è talmente divertente da far dimenticare tutto il resto.
Poco importa se l’aspetto visivo è
assolutamente minimale (per quanto vada riconosciuto agli sviluppatori che l’interfaccia è
dannatamente curata, quasi un esempio di
Material Design in stile Google) e se mancano le spiegazioni cerimoniali dietro le abilità del quadrato, che vengono
suggerite tramite il level design e padroneggiate tentativo dopo tentativo piuttosto che spiegate in modo esplicito – o in un libretto di gioco, feticcio di un’altra epoca che ormai è scomparso quasi del tutto dai radar.
Poco importa insomma se di fatto, per quanto ridicolo possa sembrare, gli sviluppatori chiedono a chi gioca di passare il proprio tempo a controllare un quadrato usando una levetta analogica e due tasti:
non serve altro, va bene così.
Flat Heroes vi trascinerà in una spirale di dipendenza a due dimensioni
Provare per credere: basta aprire un mondo a caso tra quelli proposti in-game (il conteggio finale, per la cronaca, parla di
oltre 300 livelli diversi – chiaramente non tutti sempre
brillantissimi) e vedrete che l’idea di chiudere la partita e tornare al vostro più realistico mondo tridimensionale,
semmai avrà l’ardire di affacciarsi nella vostra mente, si presenterà almeno una quindicina di livelli dopo. Finché non si arriva alla soddisfazione di aver capito, dominato e umiliato il
boss non si va da nessuna parte. È questo il fascino magnetico di
Flat Heroes:
una manciata di elementi, che si combinano tra di loro a volte in modi uguali e a volte invece in modi molto diversi – e a volte fanno venire la voglia di tornare indietro e rigiocare qualche vecchio mondo
dopo aver capito ad un livello più profondo una delle abilità – ma che portano ad un risultato che supera di molto la somma delle sue parti. Merito del gameplay arcade ben ponderato? Dei comandi sontuosamente lisci e precisi? Di un level design indovinatissimo? Delle boss fight stimolanti?
Più in generale è merito di tutti questi elementi, tanto che ad un certo punto ci si inizia a dispiacere di un
paio di limiti di
Flat Heroes.
Non c’è un punteggio durante la campagna, facendo venir meno i
presupposti arcade di quella che avrebbe tranquillamente potuto assumere i connotati di una sfida old-school come non se ne vedevano da
N++.
Per approfondire:
N++
Nonostante qualche limite
E il multigiocatore rimane relegato solo all’offline, in uno slancio di quello spirito post-sociale che pare tornato di gran moda. Anni e anni a lamentarsi che le ultime due generazioni avevano ghettizzato il multiplayer locale e poi ci si ritrova a rimpiangere quello online. Non siamo mai contenti, eppure sarebbe stato davvero galvanizzante affrontare qualche livello in compagnia di amici distanti, comunicando solo attraverso la chat vocale per organizzare la manovra. Poco male, è tutta benzina per un sequel o per qualche update postumo, che chi sta scrivendo queste righe si augura di cuore di poter giocare il prima possibile. Sono solo figure che vivono su un piano cartesiano, ma la terza dimensione è tremendamente sopravvalutata dopo Flat Heroes…
Verdetto
9 / 10
Pulirsi il c*lo col fotorealismo
Commento
Pro e Contro
✓ Sopraffino
✓ Pieno di contenuti...
x ... Qualcuno un po' più "scarso"
x C'è qualche limite
#LiveTheRebellion