Nel 2015 la scena Vaporwave di tutto il mondo, nel tentativo di trovare nuove forme espressive, abbandonò le reference al Giappone per abbracciare quelle all’Europa dell’est. Nacque l’Hardvapour, che ebbe pochissima fortuna ma che spalancò le porte ad un immaginario inedito per molti di noi cresciuti da questa parte del muro. Seguirono una rinascita del Brutalismo svoietico, della propaganda comunista e dell’iconografia del patto di Varsavia, che hanno inondato Internet alla ricerca di nuova vita.

Nel 2020 Sylwester Osik ha rilasciato Electro Ride: The Neon Racing su Switch, dimostrando che l'ex blocco socialista non aveva ancora sofferto abbastanza

Electro Ride: The Neon Racing – Gorbačev è stato solo l’inizio

Il crollo del muro di Berlino dissolse per sempre l’Unione Sovietica. Per molti fu un dramma che pesa ancora oggi sulle spalle di chi vive nei paesi nati dopo la disfatta dell’URSS. Per noi, figli della NATO cresciuti a pane e consumismo, quella cultura è diventata materiale per meme o oggetto di culto, da rimescolare con le sottoculture sviluppate all’ombra del revival anni ’80 dell’ultimo quinquennio. Electric Ride: The Neon Racer pone le proprie basi esattamente su questo. Un’utopia socialista, ambientata un un mondo in cui il muro è ancora in piedi e per le strade non si corre su supercar scintillanti ma sulle Trabant e le Skoda che hanno affollato le strade delle città del blocco orientale.

Electro ride recensione
Guarda te se devo finire a parlar male di QUESTO

Молчат Дома Non li conosci? Beh, dovresti. È un po’ come se i New Order fossero nati per le strade di Sofia in Bulgaria.

Un’idea meravigliosa, che applicata ad un gioco semplice sarebbe bastata a renderlo rilevante. Invece Electro Ride è un disastro su tutti i fronti che si sbriciola al confronto di arcade racer con poche pretese e tanta sostanza come Hotshot Racing. Electro Ride è l’ennesimo polpettone senz’anima che si mescola alle influenze eighties e ai colori al neon per inseguire un’identità che, molto semplicemente, non possiede. Bastavano le icone socialiste e le architetture minacciose, non serviva ancora una volta virare tutto in viola e stencerci sotto il più banale dei tappeti synthwave.

E dire che al mondo esistono i dischi dei Молчат Дома e dei Альянс che trasudano decadentismo sovietico a profusione. Ma vuoi mettere con l’ennesima accozzaglia di synth posticci un tanto al Kg?

Inutile sfrecciare tra gigantesche statue di Lenin se poi tutto suona come la spiaggia di Miami comprata al discount

Lo ripeto: l’idea di fondo è grandiosa. Era ora che qualcuno provasse a dire basta ai soliti bolidi futuristici a metà tra una Bugatti e un’aeronave di Wipeout. Era ora che qualcuno decidesse di sparare a 150 km/h una Tatra 613 tutta acciaio sovietico e spigoli socialisti per le strade di Berlino Est. Ma non così, perché Electro Ride: The Neon Racing è un concentrato di problemi e di esempi di come non vada costruito un racing arcade che fa passare tutto il resto in secondo piano. E se su PC almeno il colpo d’occhio è a tratti più che buono, su Switch l’esperienza si trasforma in una tragedia.

La piccola di casa Nintendo non è certo una piattaforma ideale per i giochi di guida, ma almeno per quanto riguarda i titoli indie e arcade si sono viste delle ottime cose in questi anni. Il già citato Hotshot Racing ne è un esempio perfetto. Perfino Sonic ha finalmente un arcade racing game più che dignitoso, suvvia. Nel caso di Electro Ride, invece si parla di un porting letteralmente disastroso, capace di laggare fin dentro ai menù di gioco e di avere dei cali di frame rate micidiali completamente randomizzati. Senza parlare della resa atroce dei fondali, martoriati da una risoluzione insufficiente e da un field of view ristrettissimo.

Saponette di fiero acciaio sovietico che sfrecciano su strade bagnate

Ok l’essere arcade, ok l’essere indie, va bene anche l’essere al primo titolo sviluppato, ma Electro Ride è un monumento agli errori più banali che si possano fare nel design di un gioco di guida. Le auto sono inguidabili e offrono un feeling orrendo. Sembra davvero di guidare delle saponette quasi del tutto incapaci di andare dritte. I freni sono pressoché ininfluenti, a meno che non si decida di affidarsi al freno a mano, rischiando però di ribaltarsi alla minima pressione del tasto corrispondente. Ogni curva va affrontata preparandosi ad una serie infinita di aggiustamenti, le derapate sono praticamente inesistenti, e la gestione della fisica di gioco è imbarazzante, molto più vicina a quella di un gioco mobile low budget che a quella di un arcade in senso stretto.

Stendiamo un velo pietoso sull’IA degli avversari e andiamo oltre. Il concept è risicatissimo: disseminate per i tracciati ci sono delle stelle che, una volta raccolte, cambiano il colore dell’auto. Poco oltre ci sono delle porzioni d’asfalto di tre colori differenti, e passando sopra alla striscia del colore corrispondente a quello dell’auto si ottiene l’attivazione istantanea del turbo. Fine. Non c’è altro. E Sylvester Osyk dovrebbe spiegarmi perché ogni circuito sia letteralmente invaso dai checkpoint che non hanno alcuna giustificazione di gameplay. Non segnano neanche gli intertempi, ci si passa attraverso e un tristissimo effetto audio ci informa di averne attraversato uno.

E se invece Electro Ride: The Neon Racing fosse brutto intenzionalmente?

Ci ho pensato sul serio, lo giuro. E avrebbe avuto senso, nell’ottica di un gioco che strizza l’occhio ai meme sull’arretratezza dell’ex Unione Sovietica. Sarebbe stato decisamente più identitario scegliere di impostare Electro Ride come se fosse un commento sarcastico sulle difficoltà del lato est della cortina di ferro. Come se quell’utopia socialista tutta architettura brutalista tinta di rosa e monumenti agli eroi dell’Era Spaziale fosse a metà tra il sogno bagnato di un burocrate della DDR e l’incubo di un americano drogato di Capitalismo imperante.

Io la Togliattigrad del 2077 me la immagino così
E invece no, perché Electro Ride si prende fin troppo sul serio. C’è persino una risicatissima modalità storia che tenta di giustificare il susseguirsi delle noiosissime corse utili solo a sbloccare nuovi scaldabagno su ruote con cui proseguire nella rincorsa al nulla cosmico.

Che gran peccato, davvero. Perché se è vero che l’arcade è morto (spoiler: non è vero) questo non significa che si debba per forza profanare la sua tomba. Quindi grazie, ma per fare un racing arcade basta citofonare a Yu Suzuki o, nel caso sia occupato, si può chiedere una consulenza a Funselektor, che con Art of Rally ha fatto centro sul serio senza dover per forza disturbare i monumenti agli eroi del socialismo. Preferisco tenermi i Молчат Дома, con buona pace di Sylvester Osyk, a cui comunque non riesco a voler male.

за здоровье!

Verdetto
4.5 / 10
Gorbačev non aveva già fatto abbastanza danni all'Unione Sovietica?
Commento
Electro Ride: The Neon Racing è un disastro quasi incommentabile, affossato da un comparto tecnico disastroso e da un gameplay pressoché inesistente. È un gran peccato, perché l'idea di capicollarmi a velocità irreali per le strade di Varsavia a bordo di una Lada Samara stuzzicava parecchio il mio cuore da veterocomunista. E invece no, anche questo sogni mi è stato negato esattamente come quello di una nuova rivoluzione socialista. Pazienza, ormai ci ho fatto il callo. Sarebbe il caso di smettere di torturare il cadavere dell'arcade se non si hanno delle idee di game design quantomeno sufficienti. E no, Electro Ride: The Neon Racing di idee non ne ha praticamente nessuna. Però c'è la Fiat 126p, e io non riesco a voler davvero male a Sylvester Osyk.
Pro e Contro
La Trabant P50
La Skoda Favorit
Il Brutalismo

x Gameplay imbarazzante
x Tecnicamente incommentabile
x Comparto sonoro scadente

#LiveTheRebellion