Recensione Battleborn

Mentre i fan della serie richiedono a gran voce il terzo capitolo delle avventure dei cacciatori della cripta (una fame placata parzialmente con l’uscita della Borderlands: The Handsome Collection) Gearbox Software cerca di ingannare l’attesa con una nuova proprietà intellettuale che mescola insieme le meccaniche cooperative di Borderlands a sfumature PvP tipiche dei MOBA.
Disponibile dal 3 Maggio su PlayStation 4, Xbox One e PC, ecco a voi la recensione di Battleborn.

Versione testata: Xbox One

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…
Battleborn offre al giocatore due modalità ben distinte fra cui scegliere: la Storia e il Versus. Nella campagna principale andremo a vestire i panni di uno dei 25 Battleborn, eroi provenienti da ogni angolo della galassia, che uniranno le forze per salvare l’ultima stella dell’universo dall’avanzata dell’esercito dei Varelsi, capitanati dal malvagio Lothar Rendain. Quello che ci troveremo ad affrontare sarà un viaggio raccontato attraverso 8 missioni, ognuna delle quali ci svelerà alcuni aspetti della trama, e ci permetterà di conoscere e arruolare nuovi membri per la nostra eclettica squadra. Sebbene la storia sia sempre presente, con uno stile comico che abbiamo già avuto modo di apprezzare ed amare in Borderlands, qua viene messa in secondo piano come elemento di contorno alle nostre scorribande. A dimostrazione di ciò, le 7 missioni che ci separano dalla battaglia finale con Lothar Rendain potranno essere affrontate in qualsiasi ordine senza stravolgere la normale comprensione dell’intero intreccio narrativo. Questa necessità nasce dalla forte natura cooperativa del gioco, che costringe a “vivere” Battleborn in gruppo rivolgendosi, in mancanza di compagni, al matchmaking online per portare a termine il gioco, sfida che risulta più che ostica in solitaria a causa di un bilanciamento della difficoltà non proprio ottimale. Lo stesso matchmaking, per quanto reattivo nel cercarci dei compagni di gioco, soffre di una scelta di design non proprio convincente (la stessa messa in atto da Nintendo ai tempi di The Legend of Zelda: Tri Force Heroes): non sarà possibile selezionare direttamente la missione da affrontare, ma dovremo solamente scegliere una delle 3 proposte dal gioco, con il rischio di incappare in livelli già affrontati più volte, allungando così di molto la strada per il completamento.

Una volta messa su la squadra e selezionato lo stage da affrontare, lo scenario che si dipinge davanti ai nostri occhi sarà quello di una frenetica versione Arcade di Borderlands, scremata dalla componente ruolistica dello sviluppo del personaggio e dal looting selvaggio. In Battleborn i personaggi subiranno un reset delle statistiche ad ogni ogni avvio di partita, e giocando potranno evolversi su una scala di 10 livelli, ognuno dei quali permetterà di scegliere quali fra le 2 o 3 caratteristiche presenti potenziare, sbloccando abilità ed incrementando la nostra potenza d’attacco, in tutto in maniera rapida ed immediata. Ma non fatevi ingannare da questa semplificazione delle meccaniche, perché Battleborn nasconde al suo interno una forte componente strategica, che inizia ancora prima della missione con la scelta del proprio personaggio. I 25 Battleborn presentano una varietà incredibile di stili, ognuno con i propri punti di forza e altrettanti punti deboli, in grado di accontentare i gusti di tutti. Dal soldato classico armato di mitra e dal gunplay tipico degli FPS, a combattenti corpo a corpo o personaggi più orientati su una strategia difensiva e curativa. Le prime ore passate in Battleborn serviranno proprio a prendere confidenza sia con il ricco cast che con gli stili di gioco, che richiederanno competenze diverse in base a quello scelto, e sarà proprio la piena conoscenza delle possibilità offerte dal proprio personaggio ad avere la meglio in battaglia. Nella campagna Storia l’imperativo sarà collaborare, mettete quindi da parte qualsiasi istinto da lupi solitari o gesta alla Rambo contro gli scagnozzi nemici, perché ogni azione scriteriata porterà al fallimento dell’intero gruppo, facendoci perdere vite preziose. Anche se affrontato in gruppo il gioco soffre di situazioni mal bilanciate sul piano della difficoltà, in particolar modo nelle missioni incentrate sulla difesa di alcuni obiettivi sensibili, che se distrutti porteranno ad un inevitabile Game Over, che arriva forte come una bastonata nelle gengive, dopo sessioni di 20/30 minuti, portando con se solo frustrazione e malcontento. Questi picchi di difficoltà inspiegati li troviamo generalmente diluiti su tutta la campagna e, soprattutto nell’atto finale, obbligando a mantenere costante l’attenzione sul punto focale della missione senza abbassare mai la guardia. Come se non bastasse, una volta portata a termine la campagna, sarà possibile sbloccare sia un livello di difficoltà maggiore (Avanzato), sia la modalità Hardcore in cui non avremo vite extra da utilizzare.

MOBAsta veramente però
Altra faccia della medaglia è il comparto multigiocatore che trasporta lo spirito cooperativo delle missioni Storia in un ambiente competitivo. Qua le influenze MOBA si fanno sentire, pur mantenendo integra una propria identità, cosi come le differenze fra i vari personaggi assumono tratti e aspetti completamente ribaltati. Nel Versus troveremo tre diverse opzioni di gioco: Cattura, Incursione e Fusione. Cattura è quella che più si rifà ai classi FPS, un team deathmatch 5vs5 nel quale dovremo sfruttare tutte le nostre abilità nel conquistare e tenere alcuni punti della mappa, sconfiggendo i nemici una volta che totalizzeremo 1000 punti. Qua non conta tanto la strategia di gruppo quanto la mera potenza d’attacco. Dove invece la coesione dei membri della squadra è fondamentale è nelle altre due modalità: in Incursione saremo chiamati a farci strada fra le linee nemiche, sfruttando dei bot che serviranno ad attaccare la base nemica per distruggere due “robottoni” ben protetti, mentre in Fusione dovremo “sacrificare” il nostro esercito per avere la meglio su gli avversari, permettendogli di raggiungere dei portali che ci frutteranno preziosi punti. In entrambe le playlist il gioco di squadra sarà fondamentale, così come il bilanciamento dei personaggi.

In poche parole tutto questo cosa significa? Una gestione sbagliata della team si traduce automaticamente in una sconfitta certa. Sarà indispensabile comunicare per organizzarsi rapidamente ed adattarsi agli andamenti della partita, così come ogni elemento dovrà essere scelto oculatamente anche in base agli altri giocatori, in modo da avere un gruppo pronto a fronteggiare qualsiasi situazione. Personaggi che funzionano bene nella storia non è detto che vadano bene anche nel multigiocatore, ed è qua che il lavoro fatto da GearBox mostra i muscoli, con un ottimo bilanciamento che non si traduce sempre in un banale “personaggio forte = personaggio imbattibile” ma mette in risalto i flebili equilibri che si creano in partita e le molteplici sfumature di un gameplay non così basico come vorrebbe sembrare.
Se il multiplayer in sé funziona, e lo fa anche abbastanza bene, va detto che la pochezza di contenuti si fa sentire. Ognuna delle 3 modalità dispone solamente di 2 mappe dedicate, fattore che porterà dopo poche ore ad aver visto tutta l’offerta di Battleborn, con il rischio di stancare nel breve facendo perdere interesse nel gioco. Anche il matchmaking meriterebbe una revisione, non tanto nella qualità di quest’ultimo (migliorato sensibilmente dai problemi che lo affliggevano al lancio), quanto nelle modalità di esecuzione. Una volta terminata la partita, la squadra verrà sciolta e saremo rimandati al menù iniziale, dove per entrare in un nuovo match sarà necessario ripetere l’operazione, facendoci perdere diversi minuti fra la ricerca e l’inizio del turno di gioco.

Live togheter or die alone
Come abbiamo visto il ricco gameplay alla base di Battleborn è il suo punto di forza. 25 personaggi fra cui scegliere sono un bel numero, e cosa ancora più interessante, ogni lottatore è unico e dotato del proprio stile di combattimento. Nonostante questa varietà il sistema di controllo riesce a funzionare alla perfezione, adattandosi sia nel caso di lottatori dotati di armi da fuoco che bianche. All’inizio di ogni partita (storia o multi) partiremo dal grado 1, e combattendo guadagneremo punti esperienza che ci permetteranno di salire di livello. Ad ogni avanzamento, avremo 2 o 3 opzioni fra cui scegliere, bonus che andranno a migliorare le performance sul campo e sbloccheranno nuove abilità. Queste potranno essere usate, rispettando un tempo di cooldown, tramite l’uso dei dorsali del pad, più una terza decisamente più lenta da caricare ma dai risultati devastanti, tramite Y/Triangolo.

Oltre all’equipaggiamento base in nostro possesso (che non sarà modificabile in alcun modo) potremo sfruttare dei potenziatori, ottenibili come ricompensa durante le missioni o tramite i pacchetti (come avviene in molti free-to-play), al cui interno troveremo in maniera del tutto casuale nuovi oggetti, che avranno sul personaggio effetti bonus e malus in base al valore influendo su diversi punti, come il tempo di ricarica delle abilità, la ricarica degli scudi e così via. Sul campo basterà racimolare il giusto quantitativo di schegge, un sistema di valuta utilizzato all’interno del gioco sfruttato anche per sfruttare le torrette e i droni presenti nelle mappe, e attivare così il potenziamento equipaggiato, per godere dei benefici per tutto l’arco della partita.
A tutto questo si affianca un doppio livello di crescita, uno del comandante (ovvero il giocatore), l’altro del personaggio. Il primo rappresenta il grado del giocatore, che oltre a dimostrare la nostra abilità ci consentirà di sbloccare nuovi contenuti, come personaggi, titoli e altro. L’altro del personaggio invece sarà relativo a quello utilizzato al momento, e anch’esso salendo, ci farà ottenere nuovi contenuti, come skin alternative e pose esclusive. Per velocizzare il processo di crescita è presente un ricco sistema di sfide, che una volta completate ci ricompenseranno con preziosi punti extra aggiuntivi.

Verso l’infinito e oltre
Graficamente Battleborn merita un’attenta analisi su due piani ben distinti, artistico e tecnico. La mano di GearBox la si riconosce subito, fin dai primi istanti, e qualsiasi elemento del gioco gode di forte ispirazione. I personaggi, per quanto sia stato difficile diversificarne così tanti, appaiono ben caratterizzati, anche se a risaltare più di altri sono quelli che godono di un ruolo attivo all’interno della storia. Splendida l’intro animata che fa da prologo al gioco, così come le schermate in stile fumetto interattivo che servono a raccontarci gli eventi trainanti. Anche le atmosfere futuristiche richiamano in parte alcune di quelle già assaporate in Borderlands tramite l’uso (ancora una volta) del Cel shading, sebbene la direzione artistica prenda tutt’altra deriva. Meno impressionante invece il motore grafico basato sull’Unreal Engine che fa il minimo indispensabile per stupire, ma al quale va riconosciuta almeno la bontà di una performance tecnica soddisfacente, senza nessun tipo di incertezze grazie ad un frame rate sempre ancorato ai 30fps fissi, e ad una risoluzione di 1080p su entrambe le versioni console, elementi sempre più rari di questi tempi. Battleborn gode di un’ottimo adattamento italiano, completto di un doppiaggio di buona qualità che riesce a dare colore alle continue battute dei personaggi. Anche la soundtrack si compone di diversi brani interessanti spiccatamente elettronici che ci accompagneranno nella nostra missione suicida con la giusta carica.

Verdetto
8 / 10
Ecco cosa succede se metti Borderlands sotto steroidi
Commento
Battleborn non è un titolo esente da difetti, ed arriva in un periodo fin troppo colmo di uscite che si piazzano in un segmento non troppo distante. Ma nonostante questo l'esperienza passata in questi giorni con la nuova IP di Gearbox ci ha convinti a promuoverlo, sebbene con qualche riserva. Da un lato abbiamo un titolo che poggia tutto il suo fascino sull'alto numero di personaggi, su l'azione cooperativa e su un PvP che, una volta entrati nel meccanismo, regala grandi soddisfazioni. Dall'altro lato troviamo invece alcuni problemi concettuali e di design, come i numerosi picchi di difficoltà della campagna Storia e un'offerta di contenuti abbastanza limitata che rischia di portare subito alla noia i giocatori più esigenti. Battleborn è pensato per chi è alla ricerca di un titolo che punta tutto sul gioco di gruppo e le attività cooperative e da quel punto di vista li riesce a farlo ottimamente, centrando l'obiettivo con una formula che ricorda una versione arcade e adrenalinica di Borderlands. L'unica incognita al momento, al netto dei problemi riscontrati in recensione, è su come si svilupperà il gioco in futuro e quanto riuscirà Gearbox ad invogliare i giocatori a restare su Battleborn nel lungo periodo.
Pro e Contro
25 personaggi unici
Dinamiche cooperative ben congegnate
PvP profondo e strategico
Ottima esperienza di gruppo

x La campagna storia è afflitta da picchi di difficoltà improvvisi
x Pochi contenuti per il multigiocatore
x Matchmaking da rivedere
x Da soli poco stimolante

#LiveTheRebellion