Una recensione di Returnal che voglia dirsi tale non può non parlare anche di chi lo ha sviluppato. Re decaduti di un arcade ormai morto, ma attaccati alla corona come un parassita alla tuta di Selene.
Mille e una morte. Un ciclo senza fine di racconti familiari a loro modo sempre diversi, storie in cui perdersi fino a perdere il senno. I diari di bordo delle altre versioni di Selene diventano le storie raccontate da Sherazade al Re Shahriyar nella speranza di aver salva la vita. Il finale è rimandato sempre al giorno dopo, al prossimo ciclo, al prossimo bioma. E allora vai avanti, ossessionato quasi più dalla storia di Atropo che dal desiderio di riveder le stelle dal punto di vista privilegiato di chi è ancora al sicuro sulla Terra. Siamo tutti Selene, e la forza di Returnal è proprio questa. Tormenta, seduce, ammazza. E poi ripete.
Scrivere la recensione di Returnal, per te che hai scoperto Housemarque con Super Stardust HD, è l'abbraccio di un vecchio amico che ti dice ce l'abbiamo fatta
È il grande ritorno del rogue-like e delle sue declinazioni più lite, più light. La prova che sì, alla fine il mondo indie ci ha davvero salvati. Un botulino di nuove idee che hanno finito per ispirare anche chi ha i soldi. È il successo di Hades che fa da apripista a chi ne condivide il Filo di Arianna. È Housemarque che ok, l’Arcade è morto, e allora teniamolo vivo. Nell’unico modo possibile, creando un ibrido, un Nexus tra idee già viste che messe assieme suonano nuove. C’è lo spirito ribelle di Rogue. C’è l’inferno di proiettili di uno shoot ‘em up da sala. Qualche elemento platform e qualche muro da superare poi quando sblocchi l’abilità giusta, rubando dall’altro grande trend indie del Metroidvania.
C’è, sopra tutto, la voglia di raccontare una storia. Una storia che prende dalle sudate carte dei banchi di scuola e dalle suggestioni del cinema, Lovecraft che richiama Alien che richiama Doom, evocato anche dall’azione frenetica sulla superficie di Atropo. Housemarque gioca e si mette alla prova provando ad andare là dove nessun uomo è mai giunto prima. Lo fa nei panni di una donna, una madre in fuga dalle sue responsabilità o forse da sé stessa. Perché Returnal ha anche un piano allegorico, qualcosa che una recensione forse non può raccontare senza spoiler ma che andrebbe discusso.
Selene e Atropo
Returnal inizia così, con Selene che si schianta su Atropo. Continuerà a farlo ogni volta che sul pianeta perde la vita, ricominciando dall’inizio quel ciclo da cui deve scappare. È Il giorno della marmotta che incontra Alien per dar vita a tutte le paure e le ossessioni della donna. C’è n’è abbastanza per perdere la testa. E qualche loop di Selene la perde pure, lasciando ai posteri dei diari di bordo che confessano l’inconfessabile e costringono Selene a guardarsi dentro. C’è n’è abbastanza per perdere la testa anche dall’altra parte dello schermo. Il passato di Selene si incrocia con quello di Atropo dando vita ad un palco surreale, inquietante ma misterioso. Vuoi sapere di più.
Vuoi sapere perché nelle Rovine ad un certo punto compare la casa di Selene, cos’è successo a chi abitava il pianeta. Se quei mostri a metà tra Lovecraft e la mitologia greca sono una coincidenza o nascono proprio dalla sua psiche. Quando non teme per la sua vita Selene si ricorda di essere una donna di scienza e come tale si comporta, anche oltre quella che sarebbe la ragione. Chi infilerebbe mai un braccio dentro un artefatto alieno solo per capire come funziona, per studiarne la tecnologia? Selene è succube di Atropo quanto lo è il giocatore. Capita e capiterà di buttare una run perché dobbiamo sapere. Dobbiamo leggere quello Xenoglifo per completare una traduzione o esplorare quella stanza sperando di carpire qualche nuovo segreto.
La Quality of Life di Atropo aiuta
E aiuta tanto. Ad ogni morte si torna dove si è schiantata Helios, la navicella di Selene. Ma Atropo ricorda dove eravamo arrivati e fa il possibile per rimandarci lì. È improprio parlare di livelli procedurali, perché le stanze che formano i vari biomi alla fin fine son sempre quelle. Vengono disposte in un ordine diverso, dando la sensazione di trovarsi all’interno di un labirinto. Ma dopo qualche ora diventa facile riconoscere i luoghi a colpo d’occhio e sapere cosa si nasconde. E pur cercando di accorciare queste sezioni Returnal mette sempre il giocatore nella condizione di farcela. Ok, se esplori meno avrai una build peggiore, ma all’inizio di ogni bioma il livello viene “aggiustato” garantendo l’accesso ad armi all’altezza di quella che poi sarà la boss fight da affrontare.
Gli sviluppatori se la giocano sul filo sottile tra arcade della prima ora e narrazione. Tra l’essere core e l’essere accessibile. Returnal non è un titolo facile, ma si è fatto il possibile per mettere chi gioca a suo agio, sia abituato a queste sfide o meno. Non si va avanti solo per la storia, no. Lo si fa anche per il gameplay che non dimentica il DNA arcade dello sviluppatore. Perché esplorare ricompensa sempre, con qualche diario di bordo o con dei perk. Capita di pensare di aver visto questo o quell’altro aspetto da qualche altra parte. In Returnal c’è un po’ di Dead Cells, un po’ di Metroid Prime, anche un po’ di Heaven’s Vault. C’è un Filo di Arianna che lo collega ad Hades, per quanto sia sottile.
Ma i videogiochi vivono come somma delle loro parti. E la somma di Returnal è incredibile
Qualcosa di vecchio…
È Nex Machina che ha scoperto il Tripla-A. Un bullet hell che riesce ad essere sempre leggibile. Pattern di proiettili regolari che rimandano ai vecchi cabinati, all’arcade nella sua forma più pura. Perché sarà pure morto, ma non è morto ciò che può attendere in eterno. Returnal prende anche da Lovecraft per riproporre un genere che Housemarque stessa dava per spacciato. Chiude il cerchio e fa ripartire il loop. E come in ogni rogue-like, lite o quello che preferite che si rispetti l’inizio non è più davvero l’inizio. Hai tutto il know how messo da parte, perché Returnal senza Nex Machina e senza Stormdivers non sarebbe stato possibile.
Dalla visuale isometrica alla terza persona il salto è pazzesco. Si era già provato a fare qualcosa del genere, ma non con questa pulizia. Quando muori è sempre colpa tua, Returnal (lo avrete letto in qualche altra recensione) al massimo è ingiusto quando ci si mette il caso. Ma mai scorretto quando si tratta di sparare. Impari a conoscere i mostri di Atropo e i loro schemi, dove colpire e quando puoi permetterti di avvicinarti. Sviluppi uno stile tuo e ti adatti ad ogni bioma e alla sua fauna. Nelle rovine ha senso il corpo a corpo, tra le sabbie delle Lande Scarlatte è essenziale poter sparare a distanza.
La cosa da cui non ci si può preparare sono i bug, specie quando le patch post-lancio hanno l’effetto collaterale di renderli più frequenti. L’update 1.003.001 ha il vizio di bloccare l’apertura delle porte che collegano le stanze. In mancanza di alternative, non si può fare altro che ricominciare il ciclo e buttare una run. Prossimamente, forse, Housemarque implementerà la feature di savestate temporaneo, ma è difficile dire se frenerà questi problemi o meno. Occuparsi di una recensione quando Returnal non è ancora cristallizzato in una forma stabile non è semplice. Quello che dici oggi magari domani non vale e rende inutili 6000 caratteri e chissà quante ore di gioco.
E forse, proprio per questo, dovremmo giocare di più e lamentarci di meno…
Voto e Prezzo
8.5 / 10
60€ /80€
Commento
Returnal è il Vangelo secondo Housemarque che si fa Tripla-A e diffonde finalmente il culto dello sviluppatore finlandese. Gente abituata a predicare nel deserto che finalmente può salire sul pulpito e rivolgersi a tutta Piazza San Pietro, venendone fuori come lo studio di livello che è sempre stata. L'Arcade sarà pure morto, ma in fondo non è morto ciò che può attendere in eterno.
Pro e Contro
✓ La consacrazione di Housemarque ✓ Quality of Life pazzesca ✓ Farà scuola
x Tutti i difetti classici di un roguelike/lite/quello che vi pare
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