Final Fantasy 7 ci ha insegnato a sognare la libertà in un universo Cyberpunk.
Final fantasy 7 introdusse intere generazioni occidentali ad un genere che in Giappone era tra i più remunerativi e amati in assoluto, ibridandolo con il Cyberpunk. L’occidente, fino a quel momento, aveva ricevuto solo alcuni dei titoli del franchise. Square voleva e doveva mettere ordine nella sua serie, e Final Fantasy 7 fu per loro come un nuovo inizio. Era la next big thing che portò una generazione intera ad imparare a forza l’inglese pur di poterci mettere le mani. Pazzesco, se pensiamo ai capricci del pubblico odierno. Se avete vissuto l’epoca della prima PlayStation avrete sicuramente un’idea di quanto Final Fantasy 7 fosse diffuso e amato in quel periodo. Il pubblico, infatti, ha cominciato a richiedere una rivisitazione del gioco già una decina di anni fa, dimostrando di non riuscire a staccarsi davvero dalla storia di Cloud e Sephirot.
Sono innamorato del genere, ma il mio è un amore che è nato in palese ritardo. Ho vissuto solo la coda della grande epoca d’oro dei JRPG, quindi mi sono approcciato ai classici del genere in ritardo di almeno un decennio. In vista dell’imminente remake ho deciso di rispolverare quello che per il grande pubblico è il miglior Final Fantasy e uno dei migliori JRPG della storia. Adoro le recensioni postume, a patto che vengano scritte una volta ripreso in mano il titolo in questione e non sulla scia dei ricordi e della nostalgia. Le possibilità che offrono sono tantissime, sia per chi scrive sia per chi legge.
Ho deciso di puntare ad un’analisi che prenda in considerazione la sua storia, il suo impatto sul genere, le sue influenze principali e il suo invecchiamento in un mondo che dal 1997 ha subito una serie di trasformazioni profonde e radicali. In particolare vorrei analizzare il rapporto che c’è tra Final Fantasy 7 e il Cyberpunk.
Final Fantasy 7 divenne il nuovo paradigma del JRPG
In principio era Nintendo. Era il 1988 e la grande N aveva praticamente il monopolio sul JRPG. Fu in quel momento che alla finestra si affacciò Sony, desiderosa di prendersi una fetta di quel mercato incredibile che era quello dei videogiochi. Ne nasce una collaborazione leggendaria che porta alla progettazione del più grande what if della storia videoludica: Nintendo Super Famicom CD-Rom. O, come piace chiamarlo a molti, Nintendo Playstation. Le potenzialità erano enormi e il nuovo supporto ottico avrebbe permesso di lavorare con masse di dati gigantesche rispetto a quanto permetteva la cartuccia del Super Nintendo. Da lì in poi è storia nota: Nintendo fa harakiri e pugnala alle spalle Sony, decidendo però di abbandonare il CD per rimanere sulla tecnologia obsoleta della cartuccia.
Questo decretò la fine del monopolio Nintendo sul JRPG, con i principali sviluppatori che si spostarono in massa sulla neonata PlayStation di casa Sony. Squaresoft, che all’epoca era una delle aziende leader del settore, forte della credibilità ottenuta dai sei capitoli di Final Fantasy sviluppati tra Famicom e Super Famicom, voleva espandersi ulteriormente. Il CD gli avrebbe permesso di spingersi oltre e di scrivere storie più complesse e visivamente più accattivanti. Voleva mostrare i muscoli, e PlayStation glielo avrebbe permesso. Fu così che nacque Final Fantasy 7. Il gioco che insegnò il JRPG al grande pubblico, che proprio per questo ebbe un successo stratosferico e che oggi è ancora considerato uno dei migliori nel suo genere. È davvero così? Parliamone.
L’arrivo a Midgar mostra quanto Final Fantasy 7 sia debitore nei confronti di Akira
Final fantasy 6 aveva un’ambientazione decisamente steampunk, che suggeriva l’idea di volersi smarcare dalle ambientazioni medievali che caratterizzavano la maggior parte dei giochi di ruolo dell’epoca. Da The Tower of Duraga a Dragon Quest, il genere era quasi sempre rimasto legato all’immaginario fantasy del medioevo europeo, con qualche gradita eccezione (penso principalmente a Star Ocean). Gli stessi sviluppatori non hanno mai nascosto che la loro ispirazione principale era Dungeons & Dragons. Square voleva celebrare l’approdo su console Sony con un titolo che fossediverso. Non a caso, tra i primi concept, Hironobu Sakaguchi voleva ambientare il gioco in una New York del 1999.
L’idea era buona, buonissima, ma venne scartata e divenne Parasite Eve. È un po’ un peccato visto che non abbiamo mai più visto un’incursione di Final Fantasy nellà realtà e sarebbe stato dannatamente interessante. Si decise di andare a creare un’ambiente inedito: una metropoli dalle tinte noir, in cui il buio viene tagliato da fasci di luci al neon, pannelli pubblicitari e proiettori. Final Fantasy 7 doveva essere un gioco cyberpunk.
Troppo adulto Il primo concept del gioco prevedeva tematiche adulte ed estreme come la religione, la pedofilia, la guerra e il genocidio. Il progetto venne accantonato, e diventò Xenogears.
Una volta inserito il disco, Final Fantasy 7 ci catapulta a Midgar, una città futuristica, tecnologicamente avanzatissima, gigantesca e terribilmente sporca. Midgar toglie il fiato ancora oggi, soprattutto se confrontata con le altre ambientazioni a cui ci aveva abituato la serie. Al centro della città svetta un palazzo enorme: la sede della Shinra, la corporation che detiene il controllo della politica, delle risorse energetiche e dell’economia della metropoli. La Shinra ha addirittura un proprio esercito con tanto di reparti speciali. Non c’è nulla che rimandi al Cyberpunk più della corporation al centro delle vicende di Final Fantasy 7.
A stupire ancora oggi è il modo in cui viene mostrata Midgar la prima volta. Francamente una volta avviato Final Fantasy 7 credo sia impossibile non pensare ad Akira e alle sue inquadrature che svelano Neo Tokyo dal basso . La potenza espressiva di Square esplode fin dai primissimi istanti.
Avalanche e il peso di ecologia e terrorismo
L’incipit dell’opera è entrato nella storia del videogioco: impersoniamo Cloud, un ex membro dei corpi speciali della Shinra, che ha cambiato fazione e si è unito all’Avalanche, un gruppo di ecoterroristi in guerra con la corporation. La missione è quella di far esplodere uno dei reattori Mako della città. La prima parte del gioco ci mette di fronte ad un dilemma etico non indifferente.
Final Fantasy 7 parla di ecologia e terrorismo in maniera estremamente matura: da subito veniamo posti di fronte all’enormità del dilemma etico che attanaglia tutti i membri di Avalanche. A causa delle nostre azioni, o almeno questo è quello che ci viene fatto credere, muoiono tantissimi innocenti; sta a noi decidere se quelli compiuti fin dall’inizio sono sacrifici accettabili, oltre che necessari. Inoltre ci viene posto sulle spalle il peso delle nostre azioni, e in più di un’occasione ci vengono offerti spunti di riflessione su ciò che stanno realmente facendo Cloud, Barret e soci.
La maturità di Final Fantasy 7 non deriva solo dall’innovativo sottotesto cyberpunk inserito in un genere legato quasi esclusivamente ad elementi fantasy e medievali. È stato uno dei primi titoli dedicati al grande pubblico ad andare oltre il semplice essere giocattolo. I suoi insegnamenti morali sono attuali perché non sono stati edulcorati in nessun modo. Il dramma umano di Barret e Tifa è reale e tangibile, così come lo è per tutti gli abitanti degli slum di Midgar. La rivolta di Avalanche è la rivolta degli ultimi che si ribellano ai soprusi dei potenti. L’ecologia, in Final Fantasy 7, non è però una scusa: l’amore di Barret e soci per il pianeta è reale. È stata la scintilla che ha fatto esplodere la loro rabbia.
L’appiattimento post-Midgar
La fuga da Midgar è diventato forse uno dei momenti più iconici del gioco. La prima parte di Final Fantasy 7 si chiude con una citazione meravigliosa ad Akira, papà del Cyberpunk nipponico. Cloud inforca una moto rubata alla Shinra e scappa coi suoi compagni sull’autostrada distrutta di Midgar, lasciandosi alle spalle la sporcizia e la povertà dei ghetti e le luci accecanti dell’edificio della Shinra. Quel momento è meraviglioso, e mette in luce un’altra caratteristica peculiare di Final Fantasy 7: la sua estrema varietà. Alle classiche meccaniche JRPG vengono affiancati dei minigiochi che spezzano la ripetitività delle dinamiche a turni.
Il ritorno al fantasy dopo l’incubo cyberpunk
La chiusura del primo arco narrativo però ci porta ad una parte centrale decisamente più ordinaria. Midgar è quasi un unicum all’interno del mondo di Final Fantasy 7, che nella sua parte centrale torna ad un ambientazione decisamente più classica da titolo fantasy. Non è un problema, di per sé, alla fine Gaia è un pianeta in via di sviluppo e Midgar è il primo grande esempio di metropoli futuristica al suo interno. Il problema è che si passa troppo in fretta dalle ambientazioni e le tematiche cyberpunk dell’inizio ad una narrazione decisamente più prevedibile. Il gioco cambia drasticamente nel momento in cui viene introdotto Sephiroth.
Passiamo dall’essere un gruppo di ecoterroristi che lotta con una corporation per la salvezza dell’ambiente ad essere un party di personaggi alla ricerca del cattivo di turno. Certo, Sephiroth è un villain iconico che è entrato di prepotenza nella simbologia di Final Fantasy, ma è anche il personaggio scritto peggio di tutto il colossal di casa Squaresoft.
Molti hanno a cuore Sephiroth e lo ricordano come un personaggio iconico. Il problema è che la sua scrittura è carente. Lo è sempre stata. In lui è facile vedere il riflesso di Kefka, villain di Final Fantasy 6, ma la sua scrittura è troppo frettolosa e banale in troppe occasioni. Mi spiego: Kefka è la personificazione del caos. È un giullare di corte affamato di potere che si nutre della sua stessa crudeltà e dell’odio che prova per il mondo e per l’umanità. Si sente superiore agli altri, li considera inutili, stupidi e immeritevoli di vivere. È questo suo odio represso nei confronti dell’uomo e della sua banalità a spingerlo a voler diventare una divinità e porre fine alla vita sul pianeta.
Final Fantasy 7, dal canto suo, si fa forte della simbologia ebraica per tratteggiare Sephiroth, che una volta scoperta la propria natura si sente tradito dal mondo e decide di vendicarsi. La sua transizione da eroe dell’esercito a distruttore di mondi, però, è immediata. Non ci viene dato nessuno spunto per apprezzarne la transizione o la maturazione. Il risultato finale è un personaggio un po’ edgy che vuole distruggere il mondo perché sì. Certo, la simbologia che lo caratterizza è azzeccatissima, soprattutto nella sua forma finale di angelo incompleto, ma la sua evoluzione è forzata e davvero poco interessante.
La realtà è che Sephiroth ce lo ricordiamo per un motivo: Aerith
È indubbio che l’amore riservato a Sephiroth e a Final Fantasy 7 sia diretta conseguenza del fatto che per moltissimi è stato il primo gioco del suo genere. Alla fine sappiamo benissimo che i primi amori non si scordano mai. Nell’economia di Final Fantasy 7 però c’è un personaggio che spicca su tutti: Aerith. Con lei Squaresoft ha rischiato tutto, cambiando per sempre lo scenario del gaming nel mondo. È un gran peccato che la traduzione originale in inglese abbia modificato il vero nome di Aerith, tra l’altro.
Dopo aver tentato un approccio diverso rispetto al classico “raccogli i cristalli per salvare il mondo” non si poteva puntare su personaggi troppo classici. Aerith non poteva essere la classica Principessa Peach da salvare dalle grinfie del malvagio Bowser/Sephiroth. Aerith è una donna forte, determinata ed estremamente più matura di Cloud, che di fronte a lei è poco più di un ragazzino. Ci siamo innamorati tutti di lei, della sua purezza e della sua forza d’animo, avremmo voluto proteggerla ad ogni costo.
Sephirot ci porta via Aerith per sempre. Tra l’altro quel momento è invecchiato malissimo ed è quasi totalmente privo di Pathos nel modo in cui è messo in scena, eppure ci è rimasto nel cuore. Poco importa se tutta la questione del sacrificio di Aerith è trattata con grande superficialità fino alla fine del gioco. Quel momento ce lo ricordiamo tutti. È per quello che ci ricordiamo così bene di Sephitoth: per aver ucciso il più puro dei personaggi di Final Fantasy 7. Non si era mai visto uno dei personaggi principali morire. Non in un gioco così popolare almeno.
Il dramma umano dei protagonisti
Se è vero che Sephiroth soffre una scrittura sottotono, e che ancora oggi non si spiega come un personaggio importantissimo come Vincent sia stato relegato al ruolo di personaggio opzionale, va detto che la scrittura degli altri comprimari è spesso superlativa. Aerith è l’ultima della sua specie ed è sopravvissuta nei bassifondi di Midgar, Barret ha perso il proprio villaggio a causa della Shinra e se ne è addossato la colpa e Red convive con la convinzione che suo padre abbia tradito la sua patria.
Poi c’è Cid. Cid è un personaggio meraviglioso: è il più anziano di tutto il party e vive all’ombra del suo sogno infranto. Cid sognava lo spazio e doveva essere il primo astronauta della storia di Gaia, ma a pochi istanti dal lancio il progetto viene abbandonato dalla Shinra, che lo abbandona a sé stesso. Da quel giorno Cid vive ai piedi del razzo abbandonato sulla piattaforma di lancio e non può non confrontarsi con il suo più grande rimpianto ogni volta che alza gli occhi al cielo. Tra tutti, lui è probabilmente il più umano.
Il discorso è un po’ diverso per Cloud, che è un personaggio che ho sempre fatto fatica ad amare. Sia chiaro, si inserisce benissimo nel contesto Cyberpunk di Final Fantasy 7, ma le sue potenzialità sono state sfruttate malissimo. La colpa non è nemmeno sua, ma di chi ha deciso di non approfondire Zack all’interno di Final Fantasy 7, rendendo quasi necessario lo sviluppo di titoli aggiuntivi che ne andassero a chiarire il passato di entrambi. Sarebbe bastato poco.
Final Fantasy 7 è un’altalena
Non voglio girarci intorno, e in parte l’ho già espresso qualche paragrafo indietro: Final Fantasy 7 non è perfetto, forse nemmeno eccellente. Alterna delle sezioni e delle caratteristiche da capolavoro ad intere porzioni di gioco banali e scritte o messe in scena con troppa fretta e poca cura. Non si può però in alcun modo negare il coraggio della Squaresoft di quell’epoca. Il coraggio di provare a cambiare tutto, di rischiare e di inserire in un giochinotemi forti come il terrorismo, l’ingegneria genetica e addirittura la violenza sessuale.
Final Fantasy 7 è un pezzo di storia del videogioco, spesso sopravvalutato. Non si deve però cadere nella trappola e svalutarlo troppo: come dicevo poco fa, al suo interno ci sono degli elementi meravigliosi. A partire dal materia system, che è una delle meccaniche migliori di tutta la serie, fino alla varietà estrema di tutte le attività secondarie. Sarà interessante vedere come verranno gestite queste ultime nel remake, soprattutto alcune come le corse dei Chocobo o lo Snowboard.
Square, non ci deludere.
Verdetto
8 / 10
Una pagina di storia, che ibrida il JRPG classico al Cyberpunk di Akira. E scusate se è poco
Commento
Tornare su un classico amatissimo come Final Fantasy 7 è un'operazione particolare. Il rischio è quello di rendersi conto che uno dei videogiochi più amati della storia del medium abbia dei difetti anche piuttosto gravi in quello che è uno dei reparti più importanti: quello narrativo. La storia però è storia, e Final Fantasy 7 ne ha scritta più di qualche pagina. Squaresoft rischiò tutto introducendo temi maturi e scomodi, un'ambientazione cyberpunk, nuove meccaniche e un sacco di minigiochi ed operazioni secondarie varie e divertenti.
Pro e Contro
✓ Combat System splendido ✓ Ambientazioni urbane spaccamascella ✓ Tematiche forti e mature
x Scrittura banale di alcuni personaggi x Sezione centrale un po' troppo piatta x Ha dato i natali ad Advent Children
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