Antonino Lupo

ILoveRetro Retrocensione: Tomb Raider

La figura di Lara Croft ha indubbiamente portato un’enorme ventata di cambiamento nel medium videoludico, fin dalla sua prima apparizione nel 1996. Per quanto la bella eroina sia passata più volte al cinema (e alcuni potrebbero argomentare che abbia permesso anche la nascita di Nathan Drake), è nei videogiochi che Lara ha sempre trovato la propria casa e un gran numero di fan affezionati, pronti a darle ancora un’ennesima possibilità. La serie di Tomb Raider ha visto un gran numero di restyling, sia concettuali che grafici, ed è finalmente giunta a noi con il seguito di quel Tomb Raider del 2013, secondo reboot di una serie che ormai in molti davano per tramontata; eppure, nonostante gli innumerevoli tentativi (a volte disperati) degli studi di sviluppo di riportare in vita la figura della giovane avventuriera, il mondo è ancora pieno di suoi ammiratori che ricordano con una certa nostalgia i primi capitoli della serie.

 

 

Da qualche parte, in fondo, la leggenda avrà pur avuto inizio. E ha effettivamente inizio sulle montagne del Perù, di fronte a un gigantesco portone misterioso e protetto da branchi di lupi famelici, alla ricerca della misteriosa città di Vilcabamba.

 

 

L’Impero Perduto
Un personaggio dal grande spessore narrativo
Chi conosce bene la figura di Lara Croft sa che l’eroina rappresenta uno dei primi casi in cui un personaggio videoludico è dotato di un background ben preciso: sopravvissuta a un incidente aereo dopo una vita da aristocratica, Lara decide di partire alla volta dell’avventura per ritrovare se stessa nei viaggi intorno al mondo. La giovane e bella archeologa, dunque, abbandona di fatto la strada seguita dalla famiglia Croft per dedicarsi a una vita di esplorazione e avventure, alla ricerca di civiltà perdute e manufatti antichi in grado di svelare i più misteriosi segreti del mondo.

Ne abbiamo parlato in abbondanza nel nostro editoriale dedicato alla bella eroina, ma appare già evidente come la figura di Lara Croft sia nata in un contesto storico-ludico che sembrava predisposto ad accoglierla, in tutte le sue sfumature. E, per quanto il genere degli action-adventure 3D stesse ancora tentando di trovare una sua ragion d’essere e un suo schema ludico ben preciso, è indubbio come Tomb Raider abbia contribuito a definire il genere in forme (artistiche o meno) che in pochi si sarebbero potuti aspettare.

 

Tomb Raider

 

Questo primo capitolo, nello specifico, vede Lara alle prese con i tre pezzi dello Scion, un antico manufatto legato alla leggenda di Atlantide che, se ricomposto, permetterebbe all’archeologa di riscoprire la civiltà perduta sotto la superficie dell’oceano. I tre pezzi appartenevano a un curioso triumvirato, a capo di Atlantide prima che la misteriosa civiltà sparisse tra gli abissi; partendo dal Perù, la giovane eroina si ritroverà a muoversi tra templi e tombe perdute, arrivando a scoprire i terribili segreti nascosti dal passato in Francia e in Egitto.

 

Due pistole, due guanti e due zampe da coniglio
Quasi tutti gli amanti della serie ricordano l’apertura del primo livello
Sebbene in molti ricordino con maggior piacere solo il terzo capitolo della serie, quasi tutti gli amanti dell’intraprendente eroina inglese ricordano l’iconica sequenza di inizio di Tomb Raider, in cui Lara e un’indifesa guida peruviana si ritrovano di fronte a un gigantesco portone di pietra sigillato. Utilizzando un semplice rampino per raggiungere il meccanismo di apertura (un vero e proprio strumento dell’equipaggiamento da Tomb Raider: Legend in poi), Lara si ritroverà a guardare dall’alto l’uomo che viene attaccato da un branco di lupi famelici, e che riusciranno a togliergli la vita prima che l’abile archeologa riesca a fermarli con la sua iconica coppia di pistole.

 

 

Uno schema di controlli decisamente invecchiato
Inizia così il viaggio di Lara all’interno delle caverne del Perù, alla ricerca della perduta civiltà Inca di Vilcabamba. Prima di partire, però, sarà possibile fare una breve escursione all’interno del Maniero Croft tornando al menù principale, al fine di imparare le basi dei complessi controlli scelti dagli sviluppatori per l’occasione; in assenza di un qualsivoglia espediente che regoli la presa automatizzata nel gioco, ad esempio, l’unico modo per far appendere Lara a una sporgenza sarà utilizzare il tasto azione per una sorta di “presa manuale” (che, per la cronaca, è possibile attivare anche nel più recente Tomb Raider: Anniversary, in onore dei vecchi tempi). Un sistema senza dubbio estremamente scomodo e macchinoso, che, unito a uno schema di comandi “tank (molto in voga all’epoca, a dire il vero; basti pensare ai vari Silent Hill, Resident Evil e Dino Crisis, per citarne qualcuno), contribuisce senza dubbio a rendere l’esperienza di gioco piuttosto complicata da gestire, specie nel corso delle sparatorie.

Sparatorie che si svolgeranno quasi esclusivamente contro creature mistiche o animali di ogni genere, piuttosto che contro esseri umani in carne e ossa; una scelta in apparenza curiosa (poi del tutto abbandonata dalla successiva serie di Uncharted, liberamente ispirata al modello di Tomb Raider), che viene però mitigata dalla presenza di un paio di boss umani e di scagnozzi di Natla, in una delle fasi avanzate del gioco.

 

Tomb Raider

Lara l’Esploratrice
Nonostante si tratti di un titolo del 1996, però, il “terribile” sistema di controlli è, a conti fatti, l’unico vero elemento che sente sulle proprie spalle il peso degli anni: la cura di Eidos Interactive e Core Design nello sviluppo delle ambientazioni (rientrando nei limiti di PS1, si intende) si avverte già allora, grazie alla presenza di maestose architetture naturali (come la cascata delle grotte peruviane, o la valle perduta dei dinosauri) e artificiali (come il Palazzo di Mida) a fare da sfondo all’intera avventura della giovane archeologa inglese.

Il primo Tomb Raider gioca parecchio con splendide ambientazioni e puzzle ambientali
E, se le ambientazioni sono senza dubbio uno dei punti più forti del primo capitolo di Tomb Raider (pur tenendo conto dei grandi passi avanti mossi dai capitoli successivi), allo stesso modo il capostipite della serie gioca di prepotenza con i puzzle ambientali, tramite un gran numero di leve da trovare ed enigmi da risolvere cercando le giuste chiavi. Capita, ad esempio, di raccogliere un oggetto che sarà utile solo molti scenari più avanti, per sbloccare una porta chiusa da un qualunque meccanismo; si tratta di un modo di comunicare al giocatore di non lasciare assolutamente nulla al caso, poiché anche la minima disattenzione potrebbe costringerlo a fare diversi passi indietro.

È così, dunque, che Tomb Raider incoraggia indirettamente all’esplorazione degli ambienti; un’esplorazione che in alcuni casi, nonostante si tratti comunque di un titolo piuttosto primordiale per il genere, potrà essere intervallata dal ritrovamento di un gran numero di segreti nascosti nel corso dei livelli. Chi avrebbe mai detto che i collezionabili sarebbero diventati praticamente un must per pressoché qualunque titolo adventure, da quel momento in poi?

 

Un’Eredità Sommersa
Un primo capitolo di gran successo
Tomb Raider è il capostipite di una serie che ha visto parecchi declini e altrettanti tentativi di risorgere dalle ceneri, incentrati principalmente sulla figura della bella Lara Croft e sulle sue avventure. Nei vari passaggi generazionali, si è tentato diverse volte di riportare la giovane archeologa agli antichi splendori delle sue prime imprese, splendori che l’hanno portata a essere protagonista di un primo capitolo che ha venduto oltre 7.5 milioni di copie in tutto il mondo.

 

Tomb Raider

 

Non stupisce, dunque, che il successo della saga di Tomb Raider abbia contribuito a definire il genere degli action-adventure a essa contemporanei e futuri, forse per merito della veste grafica (innovativa per l’epoca) o della giocabilità rivoluzionaria che diede una vera scossa al mercato videoludico dei tempi. Una cosa è certa: ritrovarsi di fronte al menù del primo Tomb Raider, con quel flauto malinconico a fare da sfondo musicale e una nuova maturità per affrontare una vecchia avventura, manda istantaneamente al cuore una scarica di nostalgia e un fortissimo senso di rispetto, rilevante per chiunque fosse cosciente di trovarsi di fronte a un vero e proprio pezzo di storia.

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