Il Maggio appena conclusosi è stato sicuramente un mese d’oro per lo sparatutto in prima persona. Dopo un aperitivo firmato Geabox mescolando, con
Battleborn, due parti di Borderlands ed una di MOBA e l’ottima portata principale cucinata da id Software e
Doom, anche
Blizzard è intenzionata a dire la sua con
Overwatch, First Person Shooter che dopo una settimana di permanenza sugli scaffali è già diventato una sorta di fenomeno mediatico. Dopo aver passato una certa quantità di ore in compagnia dell’ultima fatica della casa di Warcraft e Diablo siamo pronti a tirare un po’ di somme: al netto del fumo generato dal clamore attorno al prodotto, com’è l’arrosto?
Versione testata: Playstation 4
Non facciamo storie
La narrativa c’è, ma non trova spazio su disco: Overwatch va approfondito (per chi vuole) attraverso le “opere collaterali” rilasciate
Overwatch, quantomeno se con “Overwatch” si intende quanto presente nella scatola di gioco (o sugli store delle piattaforme nel caso delle copie digitali),
dal punto di vista narrativo si limita alla sola cutscene mostrata all’avvio del titolo: nel passato recente la squadra Overwatch ha in pratica salvato il mondo, ma dopo qualche tempo (dove i membri hanno potuto godere del meritato rispetto tributato agli eroi) l’umanità ha deciso di voltare le spalle alla task force, costringendola allo smantellamento. Una nuova minaccia però è pronta a far capolino, e c’è di nuovo bisogno che gli eroi tornino sul campo.
L’assenza di una campagna (in singolo o in cooperativa) e di altre fonti narrative “dirette” su disco però non esclude del tutto la narrazione dal progetto Overwatch: retroscena e personaggi, dai loro background fino alle relazioni che legano un eroe all’altro, si sviluppano e possono essere approfondite da una serie di prodotti collaterali, dal fumetto fino a video rilasciati da Blizzard su Internet, dando un’impronta cross-mediale al lavoro della software house californiana. Insomma, per quanto comunque una volta in partita qualche riferimento a questi aspetti ci sia (specie nei dialoghi tra gli eroi quando si attende di poter dare inizio alla battaglia) l’attenzione è massicciamente rivolta alla componente giocata del tutto, rendendo la componente narrativa un extra utile per capire fino in fondo la personalità dei personaggi,
ma che ad ogni modo rimane sullo sfondo dell’opera, non trovando spazio una volta avviato Overwatch.
Fighters of the Storm
In pratica, è Team Fortress 2 più grande e cattivo
Mancando, come detto, in toto la campagna, tutto il peso dell’esperienza grava sul multigiocatore online, propensione che Overwatch mette subito in chiaro inserendosi nel solco di quei titoli che esasperano la tendenza all’alaways online già ravvisata in questa generazione (anche per giocare partite di allenamento contro la CPU è necessaria la connesione ad Internet). Da questo punto di vista Blizzard approccia lo sparatutto in prima persona presentando
una versione sotto anabolizzanti del Team Fortress 2 di Valve. Tutte e quattro le modalità presenti vedono due team di sei elementi ciascuna scontrarsi, alternando il turno in attacco e quello in difesa, mettendo l’accento in maniera decisa sul gioco di squadra. Per arrivare alla vittoria finale infatti è indispensabile leggere la situazione e scegliere un eroe dal ruolo (ci arriveremo a breve) più adatto a quello che al momento è lo scenario della partita e cercando di incastrare la propria decisione con quelle prese dai propri compagni, evitando clamorose mancanze all’interno della squadra o sbilanciamenti eccessivi. Azzardando un parallelo calcistico,
in una squadra in cui la maggior parte dei giocatori ha scelto un’attaccante bisogna essere disposti, anche a solo per uno spezzone di partita, ad indossare la maglia numero 1 del portiere, cercando di evitare la goleada del team avversario: allo stesso modo organizzare un’incursione dalle parti del nemico senza il giusto contributo rischia semplicemente di sprecare tempo prezioso, avvicinando secondo dopo secondo la vittoria dei difensori (vale ovviamente anche l’opposto, e trovarsi a difendere un obiettivo o una zona in solitaria e/o con un eroe inadatto al compito porta ad un’inevitabile bagno di sangue).
21 Eroi, articolati in 4 ruoli, tutti diversi uno dall’altro e tutto sommato ben bilanciati: qualcuno forse è più potente, ma anche più difficile da usare
Ogni eroe è infatti dotato di due abilità speciali, cui si aggiunge dopo un certo tempo (velocizzato dalle azioni compiute in gioco) la Ultra, dai risvolti più decisivi per l’andamento della partita. I personaggi di
Attacco sono indubbiamente quelli dotati della maggior mobilità, dall’ormai iconica Tracer capace di scatti fulminei in avanti e di “riavvolgere” il tempo ripristinando salute e posizione precedenti fino al divertente McCree, versato nell’utilizzo del revolver (che può scaricare tutto addosso ad un bersaglio e ricaricare con una pratica rotolata) e dotato di una Ultra capace di trasformare il campo di battaglia in un vero e proprio Mezzogiorno di fuoco. I membri della classe di
Difesa invece, pur non essendo comunque “incastrati” nel compito e funzionando egregiamente anche in altre situazioni, danno il loro meglio quando si tratta di sorvegliare una zona, abbattendo le minacce da lontano con il fucile di precisione di Widowmaker (dotata di rampino e mina venefica, oltre che di una Ultra capace di mostrare a schermo la posizione dei nemici a tutti i compagni di squadra) o piazzando trappole, seminando bombe e colpendo il nemico di sponda con Junkrat, quasi incarnasse il principio che vede l’attacco essere la miglior difesa. Le altre “classi” vedono la possibilità di scendere in battaglia come
Tank, pesanti e meno mobili ma dotati di salute maggiorata e di attacchi devastanti (vedere ad esempio il martello e la carica di Reinhardt) o come
Supporto, vestendo i panni ai limiti dell’indispensabile di guaritori, fornitori di scudi e costruttori di televarchi (utilissimi in fase d’attacco quando non si è ancora guadagnato un checkpoint). Il roster in totale conta al momento 21 personaggi diversi (6 attaccanti, altrettanti difensori, 5 tank e 4 supporti), ognuno diverso dall’altro e dotato di
abilità uniche e tutto sommato ben bilanciate tra di loro: il criticatissimo Bastion per esempio in forma torretta ha una forza d’urto che rende la zona virtualmente inespugnabile se affrontato di petto, ma le capacità di Reaper (con un’abilità capace di regalare temporaneamente l’invulnerabilità, a costo di non poter attaccare, e l’altra che permette di teletrasporarsi in un altro punto della mappa, a patto sia inquadrato) permettono di aggirarlo in relativa tranquillità, lasciando il resto del lavoro alle due possenti e mortali doppiette in dotazione. C’è qualche personaggio che magari sulla carta è dotato di una Ultra sicuramente temibile, come per esempio l’arciere Hanzo (che con la sua “mossa finale” evoca un drago capace di infliggere danni massicci, fino ad uccidere, in linea retta, attraversando anche i muri),
ma va detto che solitamente queste coincidono anche con i personaggi più difficili da utilizzare in battaglia e mirano a compensare le difficoltà che questi eroi hanno rispetto ai loro compari ed antagonisti.
Bomba in buca!
Il matchmaking funziona alla grande, ma è troppo spartano a livello di opzioni
Insomma, anche con di fatto solo quattro modalità a disposizione (e tutto sommato abbastanza classiche all’interno del genere dello sparatutto online) Overwatch riesce, non inventando nulla ma semplicemente puntando fortissimo su una varietà di personaggi tale da accontentare tutti (dal giocatore occasionale fino ai più navigati, che verranno inevitabilmente attratti dagli eroi di più difficile utilizzo), a confezionare un’esperienza riuscita e dannatamente convincente sul fronte ludico. Per il momento i 21 eroi a disposizione riescono ad intrattenere a lungo anche con a disposizione solo le modalità
Assalto (la classica modalità dove è necessario conquistare, o difendere, due zone dal nemico, una più vicina dell’altra allo “spawn point” dei difensori),
Controllo (in buona sostanza un Re della Collina) e
Scorta (dove gli attaccanti devono scortare il carico fino al checkpoint, con i difensori decisi ad ostacolarli), cui va aggiunta una modalità ibrida tra questa ed Assalto. A queste quattro carte, quando il matchmaking impiega più di un minuto a trovare una partita utile, si aggiunge Mischia, modalità più “arcade” che ricalca il classico Deathmatch ed abbandona la formula a squadre in favore di una bolgia tutti contro tutti. Va detto che è uno scenario in cui ci siamo difficilmente imbattuti,
grazie ad un’infrastruttura capace di accoppiare giocatore e partita con attese decisamente ridotte, ed è quasi un peccato dover evidenziare questa efficienza visto che non è possibile giocare questa modalità in nessun altro modo.
Se infatti il sistema di matchmaking da una parte funziona più che a dovere, dall’altra è sicuramente spartano e risicato nelle opzioni, offrendo di fatto solo la possibilità di giocare una partita rapida o di cimentarsi nella sfida settimanale (che nelle prove degli ultimi 7 giorni offriva uno scenario in cui il cooldown delle abilità era bloccato a due secondi, in un chaos sbilanciato ma divertente, specie perché rappresenta un contorno alle partite tradizionali). Non è possibile scegliere il tipo di server a cui unirsi, lasciando la possibilità di stabilire regole e modificatori solo durante le partite contro la CPU o con gli amici,
come non è possibile (questa volta nemmeno nelle partite personalizzate) scegliere quale modalità giocare: limite non da poco, cui va aggiunta per il momento anche l’assenza di partite classificate, presenti nella beta ma ora come ora rimosse dall’offerta di questa prima settimana sui server di Overwatch. Si tratta senza dubbio di difetti che possono essere facilmente sistemati con i prossimi aggiornamenti, ma a cui Blizzard speriamo ponga rimedio al più presto scongiurando il rischio che, sgonfiatasi la “bolla” attorno al prodotto, i giocatori rivolgano le loro attenzioni ad altri prodotti.
Blizzard nei prossimi mesi dovrà tenere viva l’attenzione dei giocatori
Ed in questo senso non possiamo che ripetere lo stesso discorso fatto a suo tempo per la versione console di Diablo III: il supporto della casa madre, mai come in questo caso visto una concorrenza agguerrita (che da qui a fine anno poi si arricchirà anche dei vari Call of Duty, Battlefield e anche del secondo capitolo di Titanfall),
dovrà essere tale da mantenere vivo l’interesse della community, sia con contenuti gratuiti che con qualche pacchetto a pagamento stando bene attenti però a non frammentare l’utenza. I presupposti per un matrimonio lungo e felice, chiariamoci subito, per il momento sembrano esserci tutti (incluso un approccio abbastanza intelligente alle microtransazioni, utili in pratica solo per personalizzare l’estetica del personaggio), ma al solito solo il tempo potrà dirci se Overwatch riuscirà a mantenere le belle promesse dell’esordio o, nonostante l’indubbio potenziale, si schianterà di faccia contro la resistenza dura della concorrenza.
Over-ok
Online le prestazioni battono l’estetica, e Blizzard non cade in tentazione
Oltre all’impostazione fortemente improntata al gioco di squadra Overwatch ha in comune con Team Fortress 2 anche lo stile visivo dalle tinte accese e colorate, che ben si sposa con il character design irriverente e a tratti stereotipato di alcuni personaggi (citiamo per esempio D.Va).
Il tutto funziona più che egregiamente, dando vita ad un aspetto tecnico che da una parte risulta essere sufficientemente accattivante ma dall’altra non va a gravare troppo sulle performance del titolo, che rinuncia “all’abito della domenica” degli effetti visivi spacca mascella per garantire (e, trattandosi di uno sparatutto online, non possiamo che condividere la scelta di Blizzard)
una fluidità dell’immagine costante ed indispensabile per la buona riuscita di un prodotto del genere.
Verdetto
8.5 / 10
Costringete qualcuno a scegliere Mercy però
Commento
Pro e Contro
✓ Tanti eroi, tutti diversi
✓ Dannatamente divertente
✓ Matchmaking veloce...
x ... Ma con poche opzioni
x Per ora poche modalità e niente partite classificate
x Supporto a lungo termine da verificare
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