Abbiamo avuto la possibilità di recensire la versione old gen di Hogwarts Legacy, uno dei giochi più chiacchierati degli ultimi tempi – o forse il più chiacchierato. Se da un lato la dibattutissima copertura del titolo alla fine è arrivata, manca qualcosa che sentivo doveroso fare: una personale presa di posizione, soggettiva e anche a nome della redazione di I Love Videogames.

Quel che è successo alle porte di Hogwarts meritava una riflessione tempo fa. Peccato che non sia mai troppo tardi per parlarne, perché il problema resta sempre molto attuale.

Si è creato il caos su come affrontare la questione, come far passare un messaggio importante a chi non vuole capirlo. Parlare o boicottare? Probabilmente non c’è una risposta univoca al quesito.

Facciamo prima un po' di chiarezza.

Vorrei iniziare cercando di riassumere la situazione – che è piuttosto lunga, e al qual riguardo non tutti si sono informati egualmente. Già nel 2018 J.K. Rowling si sbilanciava in gesti che molti potrebbero definire quantomeno “questionabili“. Inizia tutto da un tweet a cui l’autrice esterna solidarietà con un like, e che parte da una legittima denuncia per finire in un’affermazione che poco lascia immaginare (tradotto di seguito):

Al mio primo meeting del Partito Laborista, a 18 anni, degli uomini mi hanno presa a male parole perché ho chiesto di rimuovere un calendario Page 3. Mi hanno detto di essere più tosta, fare rumore, essere forte e indipendente. Spesso mi sentivo non supportata dagli altri. Gli uomini con la gonna ricevono più solidarietà brocialista di me. Misogini!

A questo punto si potrebbe lanciare il That’s all, folks! e chiudere qui il recap, perché di base queste quattro righe riassumono perfettamente ciò che è avvenuto negli anni successivi. Legittime denunce di situazioni da attenzionare, che finiscono a “tagliarsi le gambe da sole” scivolando in affermazioni che ledono la libertà di una terza parte. Che tra l’altro non c’entrava troppo nel discorso originario.

Un po’ di contesto Il calendario Page 3 è un calendario erotico del Sun britannico. L’etichetta “uomini con la gonna” (men in dresses) fa riferimento alle persone transessuali.

Insomma, sia la Rowling che i di lei agenti cercano di mascherare lo scivolone esattamente come tale: uno scivolone di mezza età. L’autrice ha questo vizio di salvare idee dall’internet, perché le erano utili per un giallo in corso di stesura, solo che stavolta invece di screenshottare le è scappato il dito su un like. Si poteva anche azzardare il beneficio del dubbio… se non che la questione è poi scesa ancor più a fondo nella tana del Bianconiglio.

E lo ha fatto con altri tweet di poco dubbie intenzioni. Supporto ad altri, tweet personali… di riferimenti ce ne sono a bizzeffe. La questione culmina in un articolo di blog di autodifesa della Rowling di due anni fa, titolato “J.K. Rowling Writes about Her Reasons for Speaking out on Sex and Gender Issues” (“J.K. Rowling spiega perché ha parlato delle questioni di sesso e genere”).

“Io adoro i trans, davvero. MA…”

Il pezzo è impegnativo, ma si trova anche esaminato punto per punto in una lunghissima serie di tweet. L’autore di questo thread cerca di spiegare cosa sta succedendo, di sottolineare i punti salienti e in maniera molto obiettiva lasciare la propria opinione. In maniera molto obiettiva, sì, perché è pur vero che il mostrone dell’internet non ha frenato la mano dalle minacce di morte nei confronti dell’autrice.

Che, se ci fosse bisogno di dirlo, non sono mai giustificabili, e di contro non dovrebbero mai essere la giustificazione.

Lo spiegone della Rowling comincia rinnovando il supporto a Maya Forstater, una specialista fiscale che nel 2020 aveva esposto su Twitter idee apertamente e aspramente transfobiche. A causa della posizione espressa, alla Forstater non era stato rinnovato il contratto di lavoro. Prosegue poi in quello che sembra un discorsone da dottor Google, spiegando come il suo “interesse per le questioni trans” sia precedente a quella data e come si sia interessata studiando da più fonti (mai menzionate).

L’autrice in realtà reitera più volte anche come abbia effettivamente parlato con persone trans, e racconta di come sia molto amica di una donna che ha completato la procedura di cambio sesso e sembra esserne contenta. Tutto molto bello, se non fosse per il fatto che il contesto in cui l’affermazione è inserita la fa sembrare più una paraculata che altro. “Non sono razzista, ti assicuro. Ho un sacco di amici [inserisci categoria-capro espiatorio a caso], gli voglio bene. È solo che [inserisci crimine]!”

Tornando a un riassunto più super-partes della situazione, l’articolo reitera da cima a fondo lo stesso schema più volte. Ecco un esempio (che contestualizzerò immediatamente dopo per onor del vero).

Io voglio che le donne trans siano al sicuro, ma al tempo stesso non voglio che le donne e ragazze biologiche si sentano meno al sicuro. Spalancare le porte dei bagni e dei camerini [delle donne] a chiunque creda o senta di esserlo – perché, come ho detto, i certificati di cambio di genere possono essere ottenuti senza operazioni o ormoni per il cambio di sesso (in UK, ndr) – vuol dire aprirle anche a qualunque tipo di uomo voglia entrarci. Pura e semplice verità.

Questa affermazione viene inserita dopo vari paragrafi in cui la Rowling racconta sé stessa. Parla di un passato da vittima di abusi domestici, da parte di un marito violento che l’ha portata oggi a scattare terrorizzata per qualsiasi rumore improvviso – anche durante il secondo, ben più sereno matrimonio. E sì, è chiaramente qualcosa che va denunciato e per cui bisogna essere ben più che dispiaciuti. Nemmeno le affermazioni attorno al racconto devono cambiare questo fatto.

A mio avviso, si può supportare una persona, aiutarla come possibile nell’ottenere una vita sicura e il più possibile lontano dagli abusi, e al contempo criticarle aspramente un ragionamento molto opinabile. Ciascuna delle due situazioni deve essere esaminata a parte dall’altra (sempre a mio avviso). Al contrario si sfocerebbe in entrambi i casi in un torto a una delle parti coinvolte – che sia la Rowling, la comunità LGBTQIA+ o chi per loro.

Il problema è che l’articolo dell’autrice è pieno di istanze simili. Sembra farsi scudo con la propria brutta esperienza di vita personale o con affermazioni “trans-friendly”, per poi passare a esternazioni che esibiscono un mancato o errato studio della situazione.

Un pericolo per le donne (?)

Tra le argomentazioni della Rowling emergono varie situazioni in cui l’autrice implica – nemmeno troppo velatamente – che essere trans rappresenti un pericolo per gli altri a livello ideologico e non solo. Alle donne in primis, che vedono in qualche modo la loro femminilità messa in discussione, ma anche alle povere menti dei bambini, perché dio santo nessuno pensa mai a come quelle povere creature ne risulteranno traviate.

“Ma no va benissimo è tutto normale passami la tua bandiera che la metto”. Sembra sempre che basti pararsi dietro questo proverbiale dito per salvarsi la faccia: esprimi supporto, così poi puoi direi quello che ti pare. Non riesco a non dirmi quantomeno dubbioso a riguardo.

Mi riallaccio alla mia affermazione di “esaminare due situazioni separatamente” per inserire nella discussione un tweet della Rowling, questo precedente all’essay di cui sopra.

Se il sesso non è reale, non lo è nemmeno l’attrazione omosessuale. Se il sesso non è reale, viene cancellata la realtà che le donne vivono quotidianamente in tutto il mondo. Conosco persone trans e le adoro, ma eliminare il concetto di sesso priva molte persone della possibilità di parlare in modo significativo della propria vita. Dire la verità non vuol dire odiare.

Un primo importante problema che traspare da queste poche righe è la mancanza di comprensione della differenza tra sesso (biologico) e (identità di) genere – che l’Istituto Superiore di Sanità descrive dettagliatamente. Si parla di “incongruenza di genere”, non riconosciuta come una malattia di per sé dall’ISS, quando una persona non si riconosce nel sesso di nascita. Questa incongruenza può sfociare a volte nella “disforia di genere” (riconosciuta come un disturbo) ma solo nelle eventualità in cui la persona che non si riconosca nel proprio sesso biologico raggiunge uno stato di “profonda sofferenza, ansia, depressione e/o difficoltà di inserimento in ambito sociale, lavorativo o in altre importanti aree”.

Quindi, di base è già un errore sostenere che si stia tentando di eliminare il concetto di sesso biologico – che anzi resta intoccato. E oltre a questo l’autrice afferma che può venire “cancellata la realtà che le donne vivono quotidianamente in tutto il mondo“. Chiaramente no: non la cancella affatto, sono per l’appunto due questioni completamente separate e non serve la scienza per capirlo. Sarebbe bello avere un lasciapassare che esenti da tutti gli abusi di questo mondo, probabilmente, ma purtroppo non è questo il caso.

Rowling dimostra insomma una serie di incomprensioni (volute o meno che siano), che si riscontrano successivamente all’interno dell’essay. Ad esempio quando si sbilancia nell’affermare quanto segue:

Gli scritti di giovani uomini trans li dipingono come un gruppo di persone intelligenti ed estremamente sensibili. Più leggo i loro racconti sulla disforia di genere – pieni di profonde descrizioni di ansia, dissociazione, disturbi alimentari, autolesionismo e odio di sé stessi – più ho il dubbio che, se fossi nata 30 anni prima, avrei voluto transizionare. Sarebbe stata molto allettante l’idea di fuggire dalla femminilità. Da giovane avevo grossi disturbi ossessivo-compulsivi: ho ragione di credere che se avessi trovato online il conforto e la compassione che mi mancavano da chi mi stava attorno, sarei stata persuasa a diventare il figlio maschio che mio padre ha apertamente sempre desiderato.

aggiungendo poi che, tolta la difficoltà pratica di transizionare negli anni ’80, è probabilmente grazie a libri e musica che presentavano la donna come “non necessariamente rosa, fronzolosa e servizievole” se ha infine accettato il suo essere tale. “Va bene sentirsi confuse, oscure, sessuate e non, insicure di chi o cosa si è”. Di nuovo, un’argomentazione anche passabile (un po’ il segreto di Pulcinella). Peccato che inserita nel contesto in cui si trova finisce per relegare una situazione delicata a un “cavolo, c’è mancato poco che toccasse a me per quanto ero messa male da ragazza”.

Ma tutto questo che c'entra con i videogiochi?

Lo so che ve lo state chiedendo da un po’. Un contenuto socialmente attivo può far strano in una redazione di videogiochi. Il fatto è che a me (e a molti degli altri redattori di I Love Videogames, se non tutti) i videogiochi non hanno insegnato così il mondo.

Di una storia così vecchia si è tornati a parlare quando Hogwarts è spuntata di nuovo dalle ombre. Perché noi fan di Harry Potter, sotto sotto, lo sognavamo un bel gioco ambientato in quel mondo – e al netto dei vari problemi elencati nella recensione c’è stata anche un’accoglienza abbastanza calorosa. Aspettavamo solo una Stanza delle necessità in cui nasconderci per un attimo da quanto è successo, come dicevo nella recensione del gioco.

Ecco, è questo che c’entra un pezzo come il mio con una redazione di videogiochi. Perché di Hogwarts Legacy s’è parlato sempre a mezza bocca, guardando storto chi anche solo lo nominava – un po’ come con Voldemort. C’è anche chi si è esposto al punto da puntare il dito contro chi voleva giocarci. “La stai sostenendo!” “Con i tuoi soldi finanzierà le associazioni anti-trans!” “Non devi giocarlo, devi boicottare!”

E tutto sommato sì, ora con la sua parte di soldi la Rowling probabilmente finanzierà tutto questo. O le ricerche sulla sclerosi multipla, che a detta sua i trans le stanno impedendo sempre più di finanziare, per qualche motivo (è scritto anche questo nel suo post, aiutatemi a capire in che modo avvenga). Ci finanzierà un altro anno di Twitter Blue, altri chissà quanti tweet contro chi non vuole altro che star bene con la persona che vede allo specchio. Quindi forse boicottare poteva aver senso, e tutto sommato è una bella presa di posizione anche di fronte ai comunque enormi introiti che l’autrice avrà ricavato dal gioco.

Quindi se avete deciso di boicottare: ben fatto. Ma ben fatto anche a chi ha scelto altri modi di farsi sentire, pur avendo ceduto al richiamo del Wizarding World. Al di là di un paio di righe sarcastiche, fate come vi pare con il vostro corpo. Uomini o donne che siate, e che quel sesso vi sia stato assegnato dalla nascita o che ve lo siate dovuto prendere superando una strada lunghissima. Il punto cruciale del mio sfogo è proprio questo: fate come vi pare.

Oppure giocate Non-Binary Un gioco fra svariati per supportare la causa, da Owof Games.
Potrei elencare mille modi per supportare la libertà delle persone di essere chi sentono e fare ciò che vogliono, finché non lede la libertà di altri. Potrei dirvi “fatevi vivi al pride”, o “seguite questi profili vicini alla causa” – ed effettivamente sono tutto sommato opzioni valide quanto un “boicottate Rowling” se non di più. Ma il fatto è che potrei al massimo suggerirvelo, perché la decisione finale sta a voi.

Al termine di queste circa 2000 parole scritte con sonoro ritardo c’è un messaggio che vorrei riportaste a casa. Non c’è nessun lavaggio del cervello, nessuna wokeness, nessuna forzatura nel rappresentare un orientamento sessuale o identità di genere. Non c’è nessuna volontà di erodere l’idea di sesso biologico, nessun gender-washing o come volete chiamarlo. Qualsiasi argomentazione sia apparsa qui (o altrove) a riguardo non nasconde nulla di tutto questo.

Qui ci sono solo persone che chiedono una libertà: per alcune, quella di giocare al gioco che attendevano senza essere etichettate come “transfobiche”. Per altre invece quella di vivere indisturbate e in pace con chi sono senza essere additate come un pericolo di sorta. Vivere con la padronanza delle proprie scelte, e con un’identità esterna che dia loro pace con l’identità che sentono dentro – e che va ben oltre un paio di palle in qualche punto del corpo. “Ma io questa libertà la rispetto” non è una scusa per non aiutare a combattere, e per alzare gli occhi al cielo e girarsi sbuffando ogni volta che l’LGBTQIA+ fa capolino da dietro l’angolo.

Chi supportare Gameromancer ha fatto un ottimo lavoro nel raccogliere i nomi e le iniziative da seguire per supportare la causa.
In questa situazione non ci sono scuse. “La Rowling è transfobica” non è una scusa per additare chi gioca come avallatore di ideali d’odio, quanto non è una scusa per non tirare in ballo la situazione di proposito “perché sennò le dai importanza”. “Libertà di parola” non è uno scudo per poter inficiare la libertà degli altri, che lo si faccia con un tweet transfobico o con le minacce di morte a chi lo scrive.

Tacere la questione magari toglie davvero royalty e importanza all’autrice, ma non darà supporto né tantomeno conforto a tutte le persone che si sono sentite attaccate e in un certo senso messe in pericolo. Ignorarla è anche peggio. Inutile far finta che certe cose con i videogiochi non c’entrano, quando gli stessi sviluppatori del gioco e attori dei film hanno preso le distanze dalle affermazioni di cui sopra – chi più, chi meno aspramente.

Quelle qui sopra sono opinioni. Non “le donne trans non vanno considerate donne”. Sono opinioni “Non voglio parlarne”, o “il gioco merita 0 per ciò che lei ha fatto”, o “recensisco il gioco ma scorporandolo dall’autrice e non parlerò di lei”. Non “tu non puoi avere la libertà di essere chi senti”, che è praticamente il sottinteso di “hai la libertà MA…”.

Hogwarts Legacy, volente o nolente, è diventato portatore di tutto questo – di una saga che fa della libertà di essere sé stessi il proprio leitmotif, e del buio che ha coinvolto la sua autrice venuta meno a ciò che lei stessa ha provato a insegnare. Per quanto si sforzi a ripartire da capo, a fare qualsiasi cosa pur di distaccarsi implicitamente da tutto questo, difficilmente può riuscirci presto.

L’eredità di Hogwarts sarà per sempre l’angolo sicuro nella Stanza delle necessità ma anche l’oscurità liberata dalla Camera dei segreti, apertasi non si sa come nell’orrore del pubblico attonito. E in completa onestà, mi spiace che un gioco sia diventato famoso per qualcosa che non gli appartiene. Ma è più che comprensibile che, alla luce di quanto sopra, scorporare l’autore dall’opera non sempre riesca a uno schiocco di dita.

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