Perché per ogni Bobby Kotick ci sono decine di creativi che ci hanno regalato emozioni

Ultimamente siamo abituati ad accostare il nome Blizzard a tutte quelle spregevoli vicende che hanno contraddistinto gli ultimi anni della compagnia.

Le accuse di molestie, di abuso di potere, mobbing e tutto il resto hanno completamente oscurato quella che è l’altra faccia della medaglia di un colosso videoludico che tutti diamo ormai per morto e con il cadavere in decomposizione da anni.

Perché tutti noi, me compreso, ci riempiamo la bocca con la solita solfa: “Ma da quando c’è Activision di mezzo, Blizzard non è più la stessa”. Sotto alcuni punti di vista questa affermazione è sicuramente esatta, ma esistono delle realtà che invece in Blizzard hanno un cuore pulsante che dimostra come esistano al suo interno persone che amano i mondi che la compagnia ha creato nel tempo.

La nascita di un eterno colosso

Quello su cui voglio concentrarmi qui è infatti il mondo di contorno ai videogiochi Blizzard, un mondo fatto di corti d’animazione, canzoni e progetti collaterali. Ciò tenendo sempre bene a mente che si parla in ogni caso di progetti atti a pubblicizzare e sponsorizzare i giochi Blizzard e che quindi non sono stati fatti unicamente per amore dell’arte.

Ma partiamo dall’inizio, da quel fatidico 2004 che marca il debutto ufficiale di World of Warcraft, il MMORPG tratto direttamente dall’universo narrativo fantasy della saga rts Warcraft.

Sin dalla nascita del progetto, Blizzard vuole rendere il mondo in cui orchi, umani e tante atre razze vivono, stratificato e credibile. Per questo, oltre agli avvenimenti che i giocatori vedono dipanarsi sotto i loro occhi in game, vengono rilasciati una miriade di prodotti collaterali in grado di ampliare quella che oggi definiremmo la “lore” di quell’universo. Da libri a fumetti, passando persino per un gioco da tavolo.

Fin qui tutto nella norma, non è la prima volta che si assiste ad operazioni del genere. Eppure, già da questi primi passi traspare la volontà di creare qualcosa di più che del semplice materiale a supporto del gioco.

Gli ultimi avvenimenti non vanno dimenticati, ma non devono eclissare le tonnellate di emozioni che gli universi Blizzard ci hanno regalato in 26 anni

World of Warcraft cresce in dimensione, quantità di contenuti ed utenza, macinando sempre più dollari di abbonamenti mensili e con lui crescono anche i corti introduttivi alle nuove espansioni. Se il primo filmato introduttivo al gioco risultava semplicemente una muta carrellata di personaggi esplicativi delle razze e classi in game, ecco che si passa al celebre “Voi non siete pronti!” pronunciato dall’elfo Illidan. Ormai è diventato una creatura demoniaca, simbolo di questa voglia di raccontare di più anche attraverso pochi minuti di filmato per l’espansione “The Burning Crusade”.

Volontà che si riconferma con il corto introduttivo di “Wrath of the Lich King”, l’espansione che ci avrebbe guidato nelle gelide terre di Nordania a sfidare nientemeno che Arthas in persona, il novello re dei lich.

Vediamo Arthas risvegliare dal suo sonno di morte sotto il ghiaccio Sindragosa, drago ormai ridotto solo alle ossa. La qualità grafica e la regia del corto fanno avanzare di un ulteriore step quanto ricercato dai creativi di Blizzard, ma è da qui in avanti che si assiste alla vera e propria esplosione di queste presentazioni.

L’ultimo filmato a presentare in solitaria una nuova espansione è quello dedicato a Deathwing per “Cataclysm“, espansione letteralmente di rottura con quanto visto sino ad ora. Così come il millenario drago nero, il mondo di gioco si spezza e si riempie di crepe e dirupi. L’intera mappa viene modificata dal passaggio dell’immenso drago, come visto nel corto introduttivo.

Il video mostra la sofferenza a cui la bestia è sottoposta a causa delle enormi piastre metalliche che lo dilaniano ma al tempo stesso tengono insieme il suo corpo frantumato. Ancora una volta, si può scorgere in questi corti la volontà di raccontare di più, di non fermarsi al mero “spottone”di un’espansione.

Il cambiamento che arriva da oriente

La vera rivoluzione arriva però con “Mist of Pandaria”, espansione creata ad hoc per irretire l’enorme mercato di utenti cinesi che quindi strizza pesantemente l’occhio alla cultura e alle leggende orientali.

Sin dal trailer di presentazione, doppiato in Italia da un ottimo Pino Insegno, si percepisce che qualcosa è davvero cambiato nella maniera in cui questi pochi minuti vengono confezionati. Viene donato dunque un prodotto che non sfigurerebbe come corto Pixar indirizzato ad un pubblico generalista.

Sempre a supporto dell’espansione Pandaria arriva quello che diventerà un nuovo must per le successive espansioni. Si tratta di una serie di corti in motion graphic, che approfondiscono personaggi o leggende legate a quella specifica espansione.

Con i sei filmati “I fardelli di Shaohao” viene raccontata una storia articolata e complessa, in tutto e per tutto simile ad alcune reali leggende orientali, con un contorno grafico e sonoro incredibile.

Da qui in avanti ogni espansione è un crescendo, con degli ottimi filmati in CG accompagnati da corti in motion graphic che spiegano ora le origini dei vari clan degli orchi, ora i pregressi di personaggi fondamentali nell’universo di Warcraft sin dagli albori del gioco.

L’hero shooter che rivoluzionò tutto

Un’altra rivoluzione però deve ancora avere luogo negli studi dei creativi di Blizzard. Nel 2016 nasce Overwatch, il celebre hero shooter che ormai tutti conosciamo. Metà moba e metà FPS, questo gioco rivoluziona completamente il concetto di fps competitivo a squadre. Riesce sin da subito a ritagliarsi un’enorme fetta di giocatori su ogni piattaforma su cui è fruibile.

Il successo di Overwatch non è legato però solo alla sua formula di gameplay, ma anche al roster di personaggi a disposizione. Sembrerà una banalità adesso, ma la verità è che anche in questo caso Blizzard ha la scintilla che cambierà di nuovo il metodo di presentare i suoi progetti.

A differenza di Warcraft, Overwatch non è il classico mondo fantasy patinato e straboccante di epicità. Al contrario, è un mondo sci-fi in cui i personaggi sono molto più credibili e realistici e per questo risultano più vicini ai giocatori che vogliono immedesimarsi in loro. Ecco allora arrivare per la prima volta dei corti di presentazione che presentano vari eroi e li fanno interagire fra loro, ma questa volta donandogli una chiave più realistica.

Il fallimento, la rabbia, il rimorso, sono sentimenti negativi che gli eroi provano. Vale anche per i giocatori. Ecco quindi che vediamo Tracer fallire nel proteggere chi doveva difendere, Winston decidere di riformare una squadra di eroi ormai sciolta dopo anni di amarezza. I fratelli Hanzo e Genji Shimada si reincontrano, dopo che il primo per anni pensava di aver assassinato il secondo.

Quello che questi corti ci comunicano non è soltanto la classica sensazione di epicità o hype. Per la prima volta nella storia di Blizzard vogliono trasmetterci delle emozioni, emozioni che portino il giocatore ad empatizzare con quello che stiamo guardando. Non vi nego che “Onore e gloria” ancora adesso mi riesce ad emozionare, ogni volta che vedo Reinhardt rendere onore al capitano che si è sacrificato per lui.

Da Overwatch a World of Warcraft sulla strada dell’empatia

Ovviamente anche Warcaft cambia grazie a questa nuova intuizione. Un intero corto è una canzone di Jaina Proudmoore che ricorda con dolore di aver tradito suo padre lasciando che fosse ucciso, insieme a centinaia dei suoi uomini, in nome di una pace fra Alleanza e Orda che ormai sembra solo un vano ricordo. Così come risulta struggente il sacrificio di Varok Saurfang per dimostrare all’intera Orda quanto Silvanas fosse malvagia e priva di interesse per il bene comune.

Tutto quello che vi ho raccontato sino ad ora ha ovviamente coinvolto interi reparti creativi dedicati ad hoc a questo tipo di prodotto. Lo studio che c’è dietro, la cura per i dettagli e l’amore posto in queste piccole perle è incredibile ed è testimoniato sia da artbook dedicati che da interi commenti dei registi dei corti, reperibili direttamente sui canali Youtube di Blizzard.

Insomma, per quanto Blizzard indubbiamente avesse bisogno di un cambiamento ai vertici e probabilmente una bella ripulita a livello di mentalità dirigenziale (cosa che speriamo Microsoft riesca a portare a termine) non dobbiamo mai dimenticarci che ci sono anche altre persone. Dipendenti che hanno saputo creare qualcosa di immenso e artistico nonostante fossero prodotti sostanzialmente collaterali al gioco stesso.

Non è una cosa comune nel mercato videoludico odierno trovare questo tipo di cura e ricerca all’interno di semplici trailer di un videogioco. Prima di seppellire completamente il cadavere di Blizzard e lasciare che dalla lapide sparisca persino il nome, eroso dal vento, forse dovremmo provare a salvarla ancora una volta.

#LiveTheRebellion