Alanah Pearce, sceneggiatrice di God of War, ha ricevuto minacce di stupro per il posticipo del gioco.

Notizia di qualche giorno fa è che God of War è rinviato a un generico 2022. Fino a qui nulla di strano. Ultimamente sono più i giochi posticipati che quelli che arrivano negli store. Ma un fan della serie ha pensato che il rinvio del gioco sia ricondubile alla presenza di Alanah Pearce all’interno del team di sviluppo. Dopo la notizia, costui ha contattato in privato l’autrice di Ragnarok per insultarla. Dal tweet si possono leggere le parole utilizzate e l’ennesima violenza verbale.

Pearce non è nuova a minacce del genere ed è presa di mira, per l’ennesima volta, forse perché donna. A condannare la vicenda è intervenuto Cory Barlog – direttore di God of War – riprendendo il tweet dicendo che se God of War è stato rinviato è per colpa sua, e non di Pearce. Avrei sinceramente voluto che, rispetto a questa presa di posizione, si fossero uniti anche altri developer. Ciò non è stato.

https://twitter.com/corybarlog/status/1400666008256352261

Ben lontani dall’inclusività di genere

I punti da analizzare sono molti. Prima di tutto, perché si è presa come bersaglio Alanah Pearce, invece che un qualsiasi altro membro del team. Queste decisioni sono prese dal direttore creativo che somma i tempi di sviluppo con le feature concordate in ambiente di progettazione. La colpa non può essere di un’autrice che scrive la storia, e supporta la gestione della scena. Dietro quelle parole però non vi è la ricerca di una colpa, ma una cultura dello stupro che avvalora questa violenza e questo sentirsi potenti con una tastiera.

Perché dietro a uno schermo, divisi da miglia di distanza, ci sentiamo tutti forti. Le parole hanno però un significato ben preciso, e fanno male. Hanno fatto male a Isadora Basile che, oltre ad essere stata tempestata di minacce di stupro e morte, ha perso il lavoro come presentatrice Microsoft. Fanno male alle videogiocatrici, che per non ricevere insulti si nascondono dietro all’avatar maschile. Perché dietro a quelle parole, a quel “fantastichi di essere stuprata dai tuoi supporter”, si nasconde un messaggio ben chiaro.

Le parole hanno, però, un significato ben preciso, e fanno male.

Voler “rimettere al proprio posto” Alanah Pearce, perché forse non degna di far parte di un team di sviluppo, o forse perché il gioco è stato posticipato. Filmare l’atto, poi, come gesto trionfale di quella presa di potere, perché la somma delle sue parti descrive un uomo impotente, grande soltanto dietro a una tastiera. E noi non siamo da meno. Il non voler condannare tale azione, bollandola semplicemente come “insulti di un uomo isolato”, ci rende complici.

Perché per molti è l’ennesimo fan che si sfoga per il proprio gioco posticipato, per altri invece sarà soltanto un altro fanatico che se la prende con i mulini a vento. Ma se sono sviluppatori uomini, vogliamo le loro teste, se sono donne vogliamo che siano punite e degradate.

Ma è solo un gioco…

…quello di voler augurare a una donna lo stupro. Ma dimentichiamo che dietro a quei byte di stringhe esiste una persona che quelle minacce le riceve. E che un utente, in qualche angolo del mondo, la vuole vedere violentata e deumanizzata. Cerchiamo di sminuire azioni del genere, ma ciò ci rende di pari grado a chi le ha proferite. Atti del genere dovrebbero essere condannati e non fatti passare in sordina.

Perché tutti noi, non condannando il gesto, abbiamo preso le parti del boia.

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