Luca D'Angelo

Speciale Videogiochi e violenza: l’IA come le persone

Un altro capitolo nella secolare disputa “videogiochi e violenza”

Più ci si chiede quale sia il rapporto tra i videogiochi e la violenza, più non sembra possibile venirne fuori. Vi ricordate tutte le volte in cui nell’occhio del ciclone c’era una goccia di sangue di troppo? Call of Duty, Assassin’s Creed sono solo i nomi più famosi di un lungo elenco.
Ma solo per stavolta facciamo una pausa. Non ci chiederemo se i videogiochi possano causare l’insorgere di violenza nelle persone.

Che poi a volte i giocatori la subiscono, la violenza
Al centro della discussione sarà un altro interrogativo, ovvero quale sia il rapporto tra i tre (videogiochi, violenza, persone). Un rapporto chiaramente c’è, visto che ci piace tanto essere in grado di “headshottare” quel pezzo di carne che si muove laggiù. Ma non c’è altra via per il successo di un titolo?. Questo tipo di violenza, questo considerare il nemico anche meno un pezzo di carne, è necessario ed è l’unico modo?

Ovviamente la violenza da sola non fa un buon videogioco.

Prendiamo ad esempio Nintendo: quante volte avete visto una singola goccia di sangue in un videogioco della casa giapponese? Pugni, armi, nemici che cadono in battaglia: questo sì. Tuttavia non c’è sangue che schizza ovunque, o arti come in un Assassin’s Creed. Mario salta in testa a chi lo ostacola, Link di certo usa armi – ma senza spargimenti di pezzi.

Il perché, ci spiegano, è una costante ricerca di un altro modo di “triggerare” lo stesso bisogno. Un’alternativa alla violenza, che permetta ai videogiochi di soddisfare il lato delle persone che vuole “far centro su un bersaglio”. Far centro su un bersaglio, beh, è un modo un po’ cinico di descrivere una persona che muore… no? Infatti è proprio questo il punto: uccidere (anche un mostro) ha e deve avere un impatto umano.

Quello stesso impatto umano che molti giochi oggi cercano di far proprio, anche se non sempre prestiamo attenzione. Un impatto che in Death Stranding si traduce nel costruirsi da soli le strade per aiutare il proprio viaggio (e degli altri giocatori). O in Infamous, la saga Sucker Punch dove i protagonisti diventano più malvagi o buoni man mano che arrecano danni a cose o persone oppure si premurano di trattenersi dal farlo.

L'IA non è più un ammasso di bersagli mobili.

Quest’esperienza imbottita di gommapiuma anti-incidente che il big nipponico propone tutto sommato può non essere così alla gommapiuma. E anche se lo fosse, è probabilmente mirata a un’audience di tipo familiare. Grandi e piccini insieme insomma, ma senza ovviamente escludere chi ha voglia di rilassarsi avventurandosi in un mondo fantastico.

Ma fino a che punto questo è “sensibilizzare”?
Se già non bastasse trovarsi in un colorato mondo di fate, orchi e troll, gli avversari nemmeno muoiono. Penso solo a questo, e mi viene da dire “certo che poi i cari giochini sono considerati roba per bambini”. Mi chiedo, davvero questo può sensibilizzare le persone all’impatto umano dell’uccidere i nemici con la violenza? Magari è un buon modo per avvicinare un bambino ad un tema delicato. Con la gommapiuma, proprio.

Un giocatore un po’ più cresciuto però potrebbe aver bisogno di ben altro. Non necessariamente di smembramenti, attenzione: semplicemente di essere più coinvolto. Una serie di bersagli che si muovono in orizzontale come i granchi, mancano i colpi ma sono facili da colpire e uccidere lasciano poco il segno. È quando il giocatore è con le spalle al muro che impara davvero.

Non si sensibilizza (chiunque) usando un manichino spoglio.

La stessa violenza che lui applica all’IA questa deve essere in grado di usarla su di lui, nel frattempo mostrandosi come una vulnerabile persona – non un robot. Se un suo alleato cade il nemico deve preoccuparsi, anche disperarsi se necessario. Agire di conseguenza, studiare un piano per arrestare colui (o colei) che lo minaccia. Deve mettere il giocatore con le spalle al muro, e urlargli in faccia: “Ricordati che sono l’immagine virtuale di una persona”.

Un nemico che resta impassibile quando un suo compagno cade è poco più di un rottame da addestramento. Lo si elimina per passare a quello dopo, per sgomberarsi la strada fino al quadro successivo. Come il manichino di Undertale, che prende vita per dirci quanto lo faccia incazzare essere scambiato per un oggetto inanime da prendere a pugni.

Sensibilizzare e immergere, in questo senso, sono molto simili. Quell’impatto umano che Nintendo vuol fare suo lo si percepisce solo immergendosi a fondo nei videogiochi, se si è costretti a scegliere se usare la violenza per attirarne altra a sé o trattenere la lama. Indipendentemente dal fatto che sia una vera lama o una figurata – perché banalmente anche un buongiorno o un vaffanculo hanno un impatto umano diverso.

Per sensibilizzare, l’IA per prima deve essere diversa – artificiale sì, ma intelligenza.

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