Sempre più gruppi d’odio organizzato utilizzano le chat online dei videogiochi per reclutare nuovi seguaci, bombardando le menti dei giocatori più giovani e influenzabili di propaganda razzista, sessista e omofoba.

La lama nascosta nella bambola.

Più uno strumento è potente, e più la mano che lo impugna dev’essere mossa dalle motivazioni giuste. Un bisturi, nelle mani di un abile chirurgo, può essere utilizzato per asportare un male incurabile, e salvare una vita. Lo stesso bisturi, brandito da un maniaco omicida, può essere usato per recidere una carotide, e spezzare quella stessa vita. Lo strumento non ha colpe, e non è né buono e né cattivo a priori. Lo strumento conserva in sé il potenziale di essere un salvatore, o un carnefice, contemporaneamente. Sono le scelte prese da chi lo impugna, che ne rivelano la natura finale.

Ci sono oggetti, però, e strumenti, che nascono, nella mente del creatore, con intenti, scopi, o motivazioni che si possono definire nobili. Creati per divertire, per insegnare e per sostenere, questi strumenti vengono liberati nel mondo esterno, pronti ad assolvere la loro missione.

I videogiochi

Immaginatevi l’orrore, e lo sguardo terrorizzato del creatore, quando quello strumento viene preso, torturato, sfigurato, e reso uno strumento d’odio.

Immaginatevi il volto di vostro figlio, o vostra figlia, quando dal giocattolo che gli avete regalato, spunta una lama arrugginita.

La lama arrugginita dell’odio.

Quella lama arrugginita, che si nasconde nelle bambole, nelle macchinine, e nelle chat dei videogiochi online, è stata messa da qualcuno. Uno, o più gruppi di persone, che vogliono che vostro figlio impugni quella lama, e la usi contro i loro “nemici”.

“Molti giochi contengono delle chat private, nelle quali i giocatori vengono accoppiati con dei compagni di squadra.

I membri dei gruppi d’odio che sono su queste chat private faranno dei commenti sessisti, o razzisti, guarderanno chi nella chat risponde positivamente, e gli manderanno dei link ad account di twitter, video di propaganda su youtube, o pagine web di gruppi d’odio

– Dr. Paul Weigle, Psichiatra infantile ed adolescenziale

Internet ha dato a questi gruppi d’odio un luogo in cui possono costruirsi un’identità collettiva, hanno libertà legali, ed hanno a disposizione innumerevoli strumenti per raggiungere nuovi affiliati. Le chat dei videogame, spesso non monitorate, sono quindi il terreno di caccia perfetto per raggiungere le fasce di età più giovani, e più suggestionabili.

Ecco che uno strumento, il videogioco, capace di insegnare valori come l’inclusività, la positività e la tolleranza, diviene l’ecosistema in cui un morbo cancerogeno dilaga, aggredendo i soggetti che entrano in contatto con esso, e rischiando di uccidere lo strumento stesso.

il videogioco diviene l'ecosistema in cui un morbo cancerogeno dilaga, rischiando di uccidere lo strumento stesso

Uccidere l’odio, salvare il gioco

Diventa quindi imperativo, per schermare i più deboli, per fermare quella marea di odio e di violenza che rischia in ogni istante di sfondare gli argini, strappare dalle mani dei carnefici lo strumento, e togliere un’arma dall’arsenale dell’odio.

Come si può fare, però, senza uccidere il gioco?

La risposta purtroppo non è semplice, e neppure scontata. In un ambiente, come quello del videogame, in cui l’utente medio è esposto costantemente nelle chat ad insulti razzisti, sessisti ed omofobi, quasi fossero dei meme, come si può insegnare a riconoscere il pericolo?

In un ambiente che combatte così strenuamente per la propria libertà ed indipendenza, come si può barricarsi contro i gruppi d’odio senza cadere nella censura?

“Noi dovremmo […] proclamare, in nome della tolleranza, il diritto di non tollerare gli intolleranti.

Karl Popper, Filosofo politico
Con il coraggio, cazzo. Con il coraggio di tappare la bocca che incita alla violenza. Con il coraggio di strappare dalle mani uno strumento meraviglioso e potente come il videogioco a chi insegna ad odiare. Con il coraggio di chiudere la porta in faccia a chi vuole portare nei nostri salotti, nelle nostre camere da letto, e sui nostri schermi, il rancore e l’oppressione.

Uno strumento non ha identità, non è né buono e né cattivo, e non può prendere decisioni. Siamo noi a doverlo fare. Dobbiamo prendere la decisione di difenderlo. È facile, di fronte ad una tastiera, ad un controller, ad uno schermo, sentirsi soli. Isolati ed indifesi, contro dei branchi che incitano all’odio e alla violenza, l’unica risposta sembra essere abbassare la testa e sperare che non bersaglino proprio noi.

La potenza dello strumento, però, può essere messa la nostro servizio. Così come i gruppi d’odio usano internet e le chat dei videogame per reclutare carnefici, anche noi possiamo usarli per unirci, e raccogliere chi è stanco di abbassare la testa sotto un’unica bandiera.

Esistono collettivi nati per difendere, per denunciare, e per opporsi agli abusi in ogni settore, campo e realtà. Il videogioco, ed i giocatori, sono un mondo enorme, che merita di essere difeso. Opporsi al razzismo, al sessismo, e all’omofobia, nei videogiochi, si può. Basta unirsi, e combattere l’odio formando un muro di lance compatto.

Perché contro l’odio, è sentirsi soli il vero pericolo.

#LiveTheRebellion