Konami riesuma The Phantom Pain per un’iniziativa benefica.
Ma fa ancora male.
Open Bionics è un’azienda inglese, fondata nel 2014, che si occupa nella costruzione di protesi a basso costo. Essa, grazie alla stampa 3D, riesce a contenere il costo per la realizzazione di braccia artificiali. Grazie ad una partneship con Konami, la Open Bionics è riuscita a realizzare una riproduzione fedele del braccio bionico di Venom Snake. Questa protesi è stata consegnata a Daniel Melville, un ragazzo di 29 anni, nato col braccio destro mancante. Daniel che è fan della serie Metal Gear Solid, è rimasto entusiasta nel ricevere una riproduzione fedele della protesi di Snake.
Konami in questo caso ha giocato il ruolo di Ocelot, non di Otacon. Konami, come altre case di sviluppo, ha dato solo una parte alla soluzione del problema, ma non ha risolto il problema. Il colosso nipponico già si era prodigata nella realizzazione di un arto bionico. Nel 2016, venne realizzato un braccio bionico per James, ragazzo inglese di 26 anni che aveva perso il braccio destro in un incidente nel 2013. Ma è solo una questione di facciata. Le case di sviluppo, al momento non sono intenzionate a sviluppare periferiche o investire risorse per rendere disponibile giochi che abbracciano un utenza affetta da disabilità, al contrario. Cercano solo di lavarsi la coscienza, senza però voler rendere il videogioco accessibile per tutti. “Play has no limits“, tuona la pubblicità della Playstation 5, ma esistono limiti per una fetta irrisoria di pubblico.
Pov: Sei Venom Snake, ma non puoi giocare a Metal Gear Solid 5
Prendiamo come campione il mercato dei videogiochi in America, quello più grande . Nel 2019 si è stimato che il 65% della popolazione americana, videogioca. Si stima, che 6 milioni di persone all’anno in America, abbia subito una perdita momentanea oppure in via definitiva di un arto. In pratica le case di sviluppo emarginano una minoranza. Devi far parte di un club esclusivo per giocare. Il motto della Playstation 5 diventa “Play has limits“. Cosa accentuata anche dal nuovo DualSense, che grazie alla “percezione aptica”, crea un feedback, pad alla mano, a livello di tatto. Una feature bellissima, se non fosse che, devi avere entrambe le braccia. Ci ha pensato però Microsoft, già nel 2018 con Xbox Adaptive Controller. Controller studiato appositamente per persone affette da disabilità. Ma è l’unica azienda che si è posta il problema per quanto riguarda questa tematica, è forse rappresenta il 10% del mercato videoludico che ha pensato ad una soluzione.
Ma laddove le case di sviluppo non arrivano, fortunatamente, arrivano le terze parti. Girando su Internet è interessante vedere che molte aziende propongano periferiche per gente affetta da disabilità. Tra queste esiste “Warfighter Engaged“, azienda americana che offre soluzioni per rendere accessibili i giochi anche a persone con deficit motori ed articolari. Altra realtà che esiste, e mi viene da dire purtroppo, in America è “The Able Gamers Mission“, un azienda non profit che mette a disposizione spazi e tutor per poter giocare in compagnia a persone affette da disabilità. Altra menzione di onore è il sito “Can i Play That?“, sito in cui offrono analisi sull’accessibilità di console e videogames. Ed è grazie a queste realtà che, come The Boss in Metal Gear Solid 3 aspirava ad un mondo unito, anche nel medium dei videogiochi possa esistere una “Nation Without Borders“.
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