Il prossimo a mettersi in gioco sul palco di Ready Player X è Marco Mazzaglia, che illustra come i meta e i gameplay dei videogiochi possano nascondere delle declinazioni sociali. Un ragazzo 45enne ma con la voglia di scoprire di un bambino, questo è Marco. La passione per il gioco proviene, un po’ come tutti, dalla sua infanzia. Il suo mentore, suo nonno, lo ha iniziato verso il cammino della consapevolezza videoludica, creando dei punti di convergenza tra creatività e tecnologia. E poi arrivano i videogiochi e Marco ne viene subito attratto. Qui ci vede il disegno finale, il compimento di un cammino iniziato dall’infanzia, forte degli insegnamenti di suo nonno. Nel gaming scorge, sin da subito, una grande componente educativa. Fiuta il grande potenziale nascosto dei videogame, perfetti catalizzatori di esperienze e amplificatori di attitudini innate di un gamer, le soft skill per intenderci.
Vede il videogioco come un’esperienza anima e corpo, che riesce a bilanciare e ad adattarsi, come un vestito disegnato da un sarto su misura, con tutte le competenze di un giocatore. Per arrivare a questo vi sono dalle tappe obbligate e la comprensione del fallimento e della sconfitta è una di esse. Per quanto, palesemente, possa sembrare un’espressione negativa, da questa il Dott. Mazzaglia apre il suo contesto e la sua visione sul mondo dei videogiochi.
E se dal fallimento videoludico, da un boss insormontabile, un livello insuperabile, un puzzle troppo difficile si riuscisse a estrarre qualcosa? Se si riuscisse a cogliere il significato di un’esperienza, il flow, il flusso nascosto, che cosa ci si guadagnerebbe? Nel momento in cui si realizza il plus e si coglie il valore aggiunto da un’esperienza di gioco allora siamo di fronte a un applied game, un videogioco che riesce a insegnare qualcosa di specifico. Un chiaro esempio di questo concetto è Keep Talking Nobody Explodes. Il flusso del gameplay prevede il disinnesco di una bomba basandosi su un’app videoludica e un manuale cartaceo.Il resto lo fa la bravura nel comunicare. Basandosi sul principio di separazione del meta, creando un giusto mix tra realtà e virtuale, si realizza un’esperienza unica in grado fornire un’interpretazione autentica, ma personale, sul significato della parola fallimento. Utilizzando questo principio, gli ambiti in cui un videogioco può trovare una collocazione alternativa sono molteplici a patto che vi sia una applied game in gioco.
I videogiochi e il mondo delle applicazioni
alternative
Marco Mazzaglia apre una finestra anacronistica sul mondo dei videogiochi e di come questi possano essere utilizzati per applicazioni alternative. Nell’ambito della salute, si può utilizzare, per esempio, un simulatore di corse per superare un’incidente stradale e quindi il trauma a esso connesso. Si inizia con un percorso graduale e si cercano di cogliere e analizzare le reazioni del paziente. Sfruttando il fattore immersione, insito all’interno di un’opera videoludica, si fornisce un valido ausilio verso il superamento del trauma analizzando il cosiddetto feedback immediato. In parole povere non si devono attendere mesi e anni di test. Il paziente si cala anima e corpo nell’esperienza videoludica e gli stimoli, trovandosi in un ambiente di comfort, arrivano immediati.Tutto questo è reso possibile dalla complessa struttura che un videogioco porta dentro di sé. Freddi numeri, righe di codice e calcoli procedurali vengono riscaldati dal design, dal colore e raccontati da musica e parole.
Un videogioco, secondo Marco (e anche noi nei siamo straconvinti), è arte, al pari della letteratura e del cinema. Ma purtroppo, per quanto siano belli, bisogna vincere una diffidenza iniziale prima di riuscire ad accettare il loro insito valore e non giudicarli come degli stupidi giochini per bambini. La condivisione di esperienze può essere un giusto modo per tentare di scardinare questo pregiudizio e mettere da parte tutti i luoghi comuni esistenti.
Il sogno di Marco è quello di vedere le grandi software house aprire le loro menti verso scenari alternativi e sociali.
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