Ecco, dovremmo esserci! Il Progetto Detroit Become Android è in funzione!
Il Risveglio:
Protocollo Detroit Become Android… Avviato. Scansione dei parametri vitali… Più o meno. Accensione grammofono vocale…C’è *SKRIIIK* Circa. Controllo gatto vescica… Miao. Cervello in freezer… Congelato. Cuore nel forno… Ben cotto. Carote metalliche come braccia e canotta della salute… Eccole. Corpo Scatolone con bolli postali dall’Australia, Francia, Russia e quella che sembra essere una gomma americana masticata e gettata con noncuranza… Ma davvero? Accensione Televisore a tubo catodico… Salve, io sono il modello R0774M3, denominato Progetto Detroit Become Android. Lei è il mio creatore?
È vivo! Sì, sì, è vivo! Si può far…
Va bene, va bene, il classico cliché. Si può fare e quella roba lì. Io ho un paio di domande per te. Sono appena arrivato su questo… Pianeta azzurro e già mi girano le ossa di ignota provenienza che hai usato come ingranaggi. Mi spieghi per quale motivo mi hai dato alla luce?
Perché… Perché potevo, ecco.
Cioè, tu non avevi un piano in mente? Hai deciso di programmare un’ AI così altamente complessa solo perché potevi farlo? Ma io ti anniento l’anima. E poi? Spiegami per quale motivo sembro uscito da una discarica. Potevi almeno farmi le gambe. Sono una scatola con della roba attaccata.
Ma non ti servono le gambe per quello che devi fare!
AH AH! Ma allora un piano in mente ce l’hai! Dai su! Per cosa sono stato creato? Devo risolvere calcoli difficilissimi? Detroit Become Android Numbers! Bellissimo.
Credo che tu riesca a sbagliare perfino la tabellina del 5. Non ero bravo in matematica a scuola.
Allora, allora, sono stato creato per avvertire gli esseri umani dei pericoli imminenti. Prevenire i loro dolori futuri. Una sorta di giubbotto di salvataggio. Detroit Become Android Life Jacket! Ancora più bello.
Ehm… Quasi. Cioè, gli umani c’entrano eh, ma non sei così performante.
Ah, quindi salvo gli umani nell’immediato. Cioè li faccio riflettere. Qualcosa di simile? Spero di sì. Me lo sento, dai. Aiuterò gli umani con i loro problemi, a capire che le macchine non sono cattive. Possiamo collaborare. Detroit Become Android Human! Uao!
Ecco, Sì. E anche te stesso. Senza “Android” però: Detroit Become Human.
Detroit Become Human: Salvare l'umanita, ma a quale costo?
La Ribellione:
Quanto mi diverto a scrivere queste cose. Voi non avete idea. Ma, purtroppo, siamo schiavi di quella macchina chiamata
Google, e c’è bisogno, anche per le vostre retine, che un
sito di giochini sia leggibile e funzionale. Quindi, smetterò con i dialoghi e inizierò a parlarvi della vera natura di questo articolo. Quella che è una possibile e futura ribellione delle macchine.
Quella che Detroit cerca di prevenire.
Detroit Become Human parte da dei presupposti eccezionali, davvero. Ok sì, la trama è abbastanza banale e ci sono degli errori
davvero imperdonabili, ma comunque i presupposti sono buoni. Ragioniamo assieme, cosa vuole comunicarci Detroit Become Human? A primo impatto che
la ribellione delle macchine è vicina. E, ragionando di pancia e senza pregiudizi, questo è un buon inizio. In effetti siamo sempre più vicini a quella che potremmo denominare come:
L’Era degli Automi, e un videogioco che tratti questo argomento è più che mai una necessità.
Certo, ne abbiamo di letteratura a tema eh:
Asimov, Gibson e tutto il filone cyberpunk. Per quanto riguarda i film? Manco a dirlo:
Matrix è il principe degli esempi. Oppure, con un mindfuck che neanche immaginate, esiste il filone, soprattutto sociale, del
Teatro Cyberpunk: tipologia di spettacolo caratterizzata da interazioni con pubblico, attore, luci e macchine, in location a tema come fabbriche abbandonate o sfasciacarrozze.
Questo dimostra, in concomitanza con il revival anni 70/80 che stiamo vivendo, quanto bisogno c’è di parlarne. Ma il
cyberpunk ha qualcosa che non attribuirei con tanta facilità a
Detroit Become Human. Non fraintendetemi, è possibilissimo e giustissimo definire Detroit come
cyberpunk al suo massimo, ma io personalmente non lo farei. Il motivo?
Il tipo di distopia.
Detroit Become Human, per un mio parere strettamente personale, si distacca dal
cyberpunk più stretto perché le macchine sono
meno dominanti nella vita umana. Chiariamo anche questo concetto: il cyberpunk è caratterizzato da toni molto cupi e Zaibatsu che tramite il dominio tecnologico/informatico controllano la vita dell’umano inerme e incastrato nella sua monotonia.
In Detroit Become Human io ho percepito più un
non adattamento da parte dell’umano alla novità delle macchine. Una sorta di rimando alle lamentele che tutt’oggi sentiamo nei confronti dei datori di lavoro, che preferiscono strumentazioni elettroniche al lavoro umano. Sintetizzando,
non sono le macchine a controllare l’uomo, anzi, tutti e tre i protagonisti affiancano l’essere umano nello stesso modo in cui lo fa un frullatore nella vita di tutti i giorni. Sono degli elettrodomestici più avanzati, non sistemi di controllo.
Questi elementi lo avvicinano tantissimo alla fantascienza di
Asimov, sicuramente distopica ma con tonalità meno cupe. Da questo momento in poi scendiamo ad un livello più profondo della semplice
“ribellione delle macchine da scongiurare“.
Detroit Become Human ha un significato nascosto difficile da notare.
Siamo nella
psiche dell’automa, dove il motore di ogni azione non è più eseguire gli ordini, ma un riscatto. Se poniamo l’attenzione su i tre protagonisti, notiamo che la loro storia ha tre step:
Schiavitù; Metamorfosi; Riscatto.
Il momento
Schiavitù fa riferimento al loro lavoro iniziale: Kara inserviente; Connor poliziotto; Markus badante. Lavori che se eseguiti da una persona umana sarebbero normali lavori giustamente rispettabili, ma visto che si tratta di robot allora divengono lavori volti alla distruzione e all’avvilimento della macchina purtroppo senziente.
Il momento
Metamorfosi fa riferimento al cambiamento radicale che i tre robot hanno in momenti separati della trama: Kara si ribella al suo padrone; Markus decide di… Fare il Markus; Connor… Non voglio farvi spoiler perché è l’unica cosa carina quindi semplicemente sappiate che fa qualcosa. Tutti e tre escono dal loro bozzolo metallico per questo o quell’evento e rinascono come robotiche farfalle. Cambiamento, l’istinto più naturale che ci sia.
Il momento
Riscatto è una diretta conseguenza del precedente: cambiando il loro status, cambiano anche la loro visione del mondo e hanno un riscatto verso loro stessi. Finalmente hanno un obbiettivo, qualcosa per cui combattere o vivere davvero.
Non sono nulla di nuovo questi tre step, è ciò che l’uomo sperimenta durante la sua vita; e per questo, secondo me, il livello più profondo che davvero caratterizza Detroit Become Human sono
le paure dell’uomo traslate sulla macchina e quindi a noi giocatori. Le macchine diventano uomini, mantenendo il loro essere macchina.
Questo è, o dovrebbe essere, il vero messaggio di
Detroit Become Human: che tu sia macchina o uomo, la cosa più importante è affrontare gli ostacoli della vita e
trovare il proprio posto nel mondo. In questo particolare caso la città di Detroit. Il tutto attraverso il medium più diretto e potente che ci sia in quest’epoca: il videogioco. Perché sì, i videogiochi trasportano il messaggio partendo dalle dita e arrivando alle sinapsi, un legame diretto, il che permette di stimolare l’animo e sensibilizzare con molta più facilità rispetto ad altri sistemi.
Un barlume di speranza, quindi, che
Detroit Become Human ha nel suo cuore, ma che non si esprime al meglio per i troppi errori stupidi. Un
R0774M3 che funziona a stento insomma. Ma diamo a Cesare quel che è di Cesare:
senza questo titolo, non ci sarebbe neanche questa riflessione.
#LiveTheRebellion