La crescita di noi Millennials e dei videogiochi è sempre andata di pari passo. Noi i videogiochi li abbiamo visti nascere, cambiare, diventare più belli a vedersi (e più corti a giocarsi). Li abbiamo amati e li amiamo ancora, arrabbiandoci quando non ci sta bene qualcosa per poi giocare comunque. Siamo inguaribili.
Lo stesso vale anche al contrario. Se è vero che abbiamo davanti un intrattenimento completamente diverso, oggi anche il pubblico che si raduna davanti ai controller è molto più vario. E non c’è limite a quanto si può espandere a quel bacino di utenza – gli unici a poterlo porre sono i produttori, e i giocatori stessi. I primi soprattutto si prodigano sempre di più verso una platea inclusiva, per condividere momenti ed emozioni. Non si può nascondere che stiano ottenendo buoni risultati. Molti più generi, molte più piattaforme, molta più scelta in generale su come spendere il tempo libero, da Candy Crush a Call of Duty. Molti, poi, sono ormai disponibili anche sui cellulari. Anche la varietà di piattaforma è di vitale importanza. Cambia il prezzo, e soprattutto modo di giocare – sdraiati sul divano, in giro per casa, sui mezzi verso il lavoro o la scuola. Può non sembrare così importante, ma è forse anche grazie a questo che il mercato ha ripreso terreno in Italia (dati alla mano), e aiuta molto anche il multiplayer specie se gratuito. Non ci sono barriere di genere, e quella dell’età sembra ormai molto sottile: al canto della sirena (videoludica) non resiste quasi più nessuno.Sfruttare oculatamente questo oceano di possibilità si può.
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