Sam e Shinji, Fragile e il paradosso del porcospino, Kojima e Anno.
Death Stranding e Evangelion

Dopo l’articolo spoileroso sul finale di Death Stranding, forse è arrivato il momento di approfondire quelle che sono state le opere, gli autori e le idee che possono aver influenzato Hideo Kojima nel suo processo creativo, primo fra tutti Neon Genesis Evangelion, di Hideaki Anno.
Kojima, in questo senso, è sempre stato molto trasparente: i suoi account di Instagram e Twitter raccolgono da anni tutte quelle che sono le sue passioni, le sue influenze e, perchè no, anche i consigli per gli acquisti rivolti ai propri followers.

Once, there was an explosion, a bang which gave rise to life as we know it. And then, came the next explosion. An explosion that will be our last.

Prologo di Death Stranding
Sono queste le prime parole che pronuncia Sam Porter Bridges nell’incipit di Death Stranding. La mente non può che tornare indietro al 1995, e a quel Second Impact con cui i personaggi di Neon Genesis Evangelion dovevano fare i conti. La prima vera similitudine tra le opere di Hideo Kojima e Hideaki Anno ci viene servita su un piatto d’argento: in entrambi i mondi c’è stata un’esplosione, e quell’esplosione ha portato l’umanità sull’orlo dell’estinzione.

I pochi sopravvissuti si sono arroccati in città-fortezza, mentre il resto del mondo è costantemente minacciato da creature provenienti da altri mondi; le BT da una parte e gli Angeli (o Apostoli, che dir si voglia) dall’altra.
In entrambe le opere c’è però un pericolo più grande: la prossima esplosione. In Evangelion e Death Stranding i protagonisti non solo sono impegnati a tentare di comprendere il cataclisma che è già avvenuto, ma devono anche dare anima e corpo per scongiurarne la ripetizione, perché in entrambi i casi il Third Impact o il Last Stranding porterebbero la razza umana ad estinguersi definitivamente.

Sam, sali sull’EVA

Notato niente? Tutte queste similitudini tra Evangelion e Death Stranding e io devo davvero pensare che gli aculei “da porcospino” della tuta di Fragile siano un caso? La tuta di Fragile vi suggerisce qualcosa?

Sam ci viene presentato da subito come un personaggio chiuso ed introverso, oltre che diffidente. L’immagine che ci viene fornita è quella di un uomo solitario e molto duro, ma la realtà è che Sam Porter Bridges è un uomo fragile e ferito. Così fragile da avere la fobia del contatto umano (il contatto con le mani di un’altra persona gli lascia impressi sulla pelle dei lividi) e così ferito perché ha perso la moglie e la figlia a causa di un voidout. L’impressione che dà di se stesso ad uno sguardo più attento è quella di un uomo che fa il corriere solo per poter fuggire dal contatto con le altre persone; in un mondo al collasso preferisce l’isolamento e i rischi del proprio mestiere alle città.

Proprio come Shinji Ikari, Sam subisce gli eventi. Nessuno dei due ha mai voluto essere un protagonista, anzi, non hanno mai avuto a cuore il destino del mondo o della razza umana. Accettano la missione che gli viene imposta dall’alto da Gendo e da Die-Hardman in maniera del tutto passiva; a loro non interessa la salvezza di nessuno ma sono comunque obbligati a fare i conti con una responsabilità enorme.
Il mondo gli ha mentito e li ha feriti, ed entrambi si sono chiusi a riccio per prevenire altre delusioni e altre ferite.

Riconnettere il mondo, per Hideo Kojima, significa combattere questa chiusura

Significa oltrepassare quella barriera che ci siamo costruiti attorno e sconfiggere la paura del contatto con gli altri.
Dopotutto solo la cooperazione con gli altri possiamo salvarci, ed è arrivato il momento di guardare negli occhi quella fobia tremenda di sfiorare le mani degli altri e distruggerla.
Tutto questo solo con un pad in mano.

Sia Sam che Shinji vengono mostrati spesso con le lacrime agli occhi
The End of EvanStranding
Il (quasi) finale di Death Stranding è un momento dotato di una carica emotiva incredibile, al pari col finale di Evangelion. Al di là di quelli che possono essere i rimandi alla chiamata codec con l’IA di Campbell in Metal Gear Solid 2, la potenza espressiva di quella scena ha ben pochi rivali nel medium.
Sam ha finalmente raggiunto la spiaggia da cui Amelie, la sesta Entità Estintiva, si sta preparando a scatenare l’ultima grande estinzione di massa. Osserviamo Amelie che versa lacrime di sangue mentre ci confida la verità su di sé e sulla propria natura, mentre alle sue spalle si staglia, enorme, la figura del pianeta Terra prossimo a venire divorato dall’antimateria delle BT.

Il mare della spiaggia di Amelie è rosso come il sangue, e dove l’acqua rossa incontra la sabbia c’è una distesa di cetacei spiaggiati oramai esanimi. Il suo mondo è un mondo senza vita, da cui Sam può assistere in prima fila alla fine dei tempi. C’è un momento in cui però Amelie fa qualcosa di totalmente inaspettato: fa decidere a noi.
In quel momento diventa chiaro che quella spiaggia e quel mare rosso e privo di vita di Death Stranding non sono solo una citazione all’estetica di The End of Evangelion. Kojima non sta omaggiando Anno, ne sta replicando il messaggio e lo sta riadattando al linguaggio videoludico.
Amelie ci consegna un revolver e ci dice che possiamo scegliere di fermare la sua giostra impazzita.

E pesa, cazzo quanto pesa quel revolver.
La stanchezza che si sente addosso in quel momento è tremenda. Quel revolver pesa più di tutti i pacchi che Sam si è caricato in spalla trasportandoli da una costa all’altra dell’america. Esattamente come succede a Shinji, Sam si trova a stringere tra le mani ciò che potrà salvare l’umanità o, alternativamente, ciò che potrà porre fine a quel mondo di sofferenze. Come Shinji Ikari che a bordo dell’Eva 01 ottiene i poteri di un Dio e può scegliere di raggiungere il perfezionamento dell’uomo, estinguendo la vita per come l’abbiamo sempre concepita.
Il giocatore si trova a poter esercitare la più potente forma di libero arbitrio.

Kojima e Anno ci hanno permesso di scegliere e di esercitare la più grande forma di libero arbitrio che sia concepibile

Così come gli occhi di tutto il mondo sono rivolti a Shinji durante il Third Impact, io mi sono sentito osservato mentre puntavo il revolver verso Amelie. Ho sentito tutto il peso della strada percorsa per arrivare fino a quel punto, e ho sentito il peso della responsabilità che mi è stata affidata.

Visionari incompresi.
Quando Hideaki Anno si mise al lavoro per creare Evangelion, probabilmente non immaginava quanto la sua opera sarebbe diventata importante in Giappone e nel mondo. Nonostante sia Neon Genesis Evangelion che The End of Evangelion siano oggi riconosciuti come dei capolavori intramontabili, Anno e lo Studio Gainax dovettero subire una lunga serie di critiche molto aggressive. La serie originale aveva un finale criptico, surreale e, a detta di qualcuno, incomprensibile. Questo portò a delle critiche feroci verso l’opera di Anno, oltre che delle pressioni da parte dei fan che non avevano apprezzato la chiusura della serie e che sbattevano i piedi perchè pretendevano un finale che concludesse tutti gli archi narrativi lasciati in sospeso.

Anno ha dichiarato di aver creato Evangelion per comunicare a tutti gli Otaku che fuori dalle loro case c’erano un mondo da scoprire e una vita da vivere. Ci ha chiesto di cooperare, di cercare un dialogo, di aprirci.
La risposta di alcuni sono state lettere minatorie, minacce di morte e atti vandalici ai danni dello Studio Gainax. E sapete perché? Perché abbiamo preteso che un creativo si piegasse al nostro volere. Abbiamo presupposto che il lavoro di Anno fosse quello di accontentarci e non di creare liberamente.

Allo stesso modo, oggi, vediamo una nutrita fetta di pubblico che sbraita contro Kojima e Death Stranding perchè li ritiene colpevoli di non averli intrattenuti abbastanza, senza curarsi minimamente del messaggio che l’autore ha consegnato nelle mani della sua opera. Abbiamo risposto all’invito ad unirci e cooperare per sconfiggere la solitudine, la tristezza e l’odio con insulti, astio e intolleranza. Per fortuna non tutti.

Congratulazioni!
Congratulazioni!
Dobbiamo imparare a stare al nostro posto.
I tempi, a quanto pare, non sono ancora maturi. Non abbiamo ancora capito ed accettato che l’Arte la fanno gli Autori, e che gli Autori non sono al nostro servizio.
Possiamo scegliere di ignorarli, di non prestare ascolto alle loro parole e di continuare a considerarli dei juke box in carne ed ossa che devono creare prodotti che ci soddisfino. Possiamo persino continuare a riempirci la bocca di paroloni nonostante non siamo nemmeno in grado di distinguere messaggio, linguaggio e stile di un dato autore, ma tanto continueremo a non avere ragione.

Io però mi ricorderò i vostri volti e i vostri nomi quando, tra qualche anno, Death Stranding verrà rivalutato, proprio come è successo ad Evangelion.

E vi abbraccerò, perché è questo che hanno cercato di insegnarmi Hideaki Anno e Hideo Kojima.

#LiveTheRebellion