I videogiochi che lanciano un messaggio tengono conto della loro natura di medium
Van Basten ha scherzato col nazismo e l’editrice di videogiochi EA l’ha rimosso da Fifa 20, lanciando un messaggio. L’ex Milan è stato beccato dai microfoni di Fox Sports NL in un fuori onda nel quale ha apostrofato un collega col celebre saluto nazista “Seig heil”. Il comunicato recita: “Poiché intendiamo rispettare il nostro impegno in favore dell’uguaglianza e della diversità all’interno del nostro gioco, abbiamo deciso di escludere gli oggetti icona di Marco Van Basten dai pacchetti, dalle SCR e da FUT draft fino a nuovo ordine”.
Sicuramente EA ci ha guadagnato in visibilità, oltre che dalla compravendita delle carte di Van Basten ormai ritenute da collezione. Ma ha anche lanciato un messaggio preciso – anzi più di uno – fatto importante per un’azienda di videogiochi. Che ricordiamo essere media e non solo divertenti passatempi .
Il primo è, chiaramente, “Il nazismo fa schifo e non ci si scherza”. Il secondo, più nascosto, è “Sei un personaggio visibile e le parole hanno un potere, fa’ attenzione vicino a microfoni e telecamere. Sappiamo che non sei nazista e che scherzavi, ma sei un personaggio pubblico e devi stare attento alle interpretazioni e ai significati che possono venire fuori”. Il terzo, pura meta-comunicazione, è il messaggio stesso: “Sono un editore di videogiochi e, insieme a divertire, punto a sensibilizzare. Sì, posso e devo farlo”.
Ma è tutto oro quel che luccica? Nei casi Ronaldo e CTR ha vinto il marketing
Un caso simile, sempre con protagonista EA, è stato quello di Cristiano Ronaldo rimosso dalla copertina di Fifa 19. Era il periodo delle accuse di stupro e della sentenza di evasione fiscale, e la casa di videogiochi ha voluto preservare la sua immagine, ma senza lanciare un messaggio chiaro. La motivazione fu solo un ricambio di uomini-copertina per un evento speciale – l’arrivo della Champions League – ma è sembrata una mossa di marketing, per evitare l’associazione dell’azienda col calciatore finito nell’occhio del ciclone.
Altro caso simile, diversi i protagonisti: Crash Team Racing Nitro-Fueled e Activision. La skin “Watermelon”, associata a una carnagione più scura del personaggio Tawna, aveva sollevato accuse di razzismo. Anche se non molto conosciuto in Italia, lo stereotipo dell’afro-americano mangiatore di cocomeri è uno dei più antichi negli Usa, e Activision ha ricalibrato il tiro. Anche stavolta nessun messaggio ha accompagnato i passi indietro fatti dalla società di videogiochi: soltanto una mossa di marketing, senza alcuna sensibilizzazione dell’utenza.
Quindi, attenzione a cosa abbiamo davanti. Un politicamente corretto buttato lì, a caso, non serve a niente se non a ripulire l’immagine di un’azienda. Quando invece i videogiochi, come medium, lanciano un messaggio positivo, ben venga. E poi c’è Blizzard…
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