Francesco Alteri

Speciale (Not to) Scary Stories to Tell in the Dark:

Il soggetto e la produzione di Scary Stories to Tell in the Dark sono di Guillermo del Toro. Tenetelo bene a mente.

Scary Stories to Tell in the Dark. Ok. Film del regista André Øvredal. Ok. Portato alla Festa del Cinema di Roma e quindi in votazione. Non ok. Ma perché, a parte la mia mania nelle ripetizioni, dico questo? Perché io sono un codardo, un fifone, mi spavento anche con le sorprese degli ovetti Kinder. Allora perché un film che si suppone faccia paura, invece non fa che farmi schifo nel profondo? Non è un bruttissimo film, sia chiaro, fanno proprio ribrezzo alcune scene. Ah sì, e poi ci sono i (perché gli non si può sentire) jumpscare. Come al solito. Ma andiamo con ordine e, evitando spoiler, cerchiamo di capire cosa effettivamente non va in questo film.

La paura che funziona al contrario

Aiuto uno spaventapasseri: No ragazzi, seriamente. La scena con lo spaventapasseri è davvero spaventosa, e il finale mi ha intrippato il cervello. Non me lo aspettavo assolutamente.

Si suppone, almeno credo, che i mostri debbano far paura in un horror. Qui, per quanto pazzescamente fatti bene, non fanno per niente paura.

La cosa che davvero non concepisco è che i costumi sono perfetti nel loro essere grotteschi! (Attenzione, ho detto costumi non a caso, perché nel finale… No anzi, non velo dico. Dovete soffrire come me).

Il problema è che ciò che davvero fa più paura è l’inizio del film, cioè la parte senza mostri. Mi sono spaventato più per il pensiero di vedere un horror che per il film stesso praticamente. E non solo, ma il mostro che fa più paura è quello che vedete come immagine principale del trailer. Il primo mostro che prende vita dalle storie. Uno spaventapasseri.

Non capisco proprio come Øvredal sia riuscito a far scemare tutta la tensione accumulata nei primi minuti di film così tanto da azzerarla nel finale. Anche considerando che la regia non è nemmeno così male. Ti guida praticamente in ogni scena, non lasciando mai libertà all’occhio dello spettatore di spaziare, ma qualche chicca tecnica l’ha messa almeno.

Questa sì che è davvero una Scary Stories Guillermo, prendi nota.

La paura fa 90 che al contrario diventa 06. Più o meno quanto vale questo film

La bella fotografia che aumenta il ribrezzo

Aboliamo i “Jumpscare” nei film: Se volete la petizione esiste davvero. Vi basta cliccare qui e votare. Creiamo insieme un futuro di pace e film ansiogeni.

La fotografia di questo film è molto bella. Davvero. Bei colori. Belle inquadrature. Ottimi anche i filtri che potenziano l’arancione e il blu durante le scene diurne e il filtro che aumenta la visibilità nelle scene notturne.

Tutto molto bello, peccato che le scene comprendano un buon 70% jumpscare prevedibilissimi e il restante scene disgustose con ragni, brufoli enormi e altri elementi che, per quanto relativamente fatti bene, rompono tutta la trama di ansia che le prime scene avevano tessuto.

Allora, per prima cosa i jumpscare. Non fanno paura queste soluzioni cinematografiche, i registi dovranno capirlo prima o poi. Non solo ormai sono citofonatissimi, ma abbassare il volume generale del film, per poi alzarlo in scene di tensione con il mostro che esce dopo un cambio di inquadratura, non è far paura, è spaccare i timpani della gente che quindi salta sulla sedia per istinto. Sono due secondi ti panico e cento di nulla.

Per seconda cosa le scene schifose di cui ho accennato anche all’inizio. Mettere scene esageratamente ributtanti ha senso se stai facendo un horror di quel genere, con sangue, continue morti, ecc. Non se stai facendo un horror intricato, con una cornice narrativa, con metà film dove conosci i personaggi e quindi ti immedesimi in loro e vuoi che alla fine sopravvivano. In un film con queste caratteristiche, io mi aspetto per prima cosa una bella narrazione, ma poi soluzioni cinematografiche che mi mettano ansia, che mi facciano riflettere su quanto sia labile la vita, non enormi blocchi di pus che mi fanno solo venire le rughe alla faccia dal rifiuto.

Vi prego, vi prego, aboliamo i jumpscare

Fin… Meno male
Scary Stories to Tell in the Dark non ha una bella trama, ma va benissimo così. Ha degli errori di sceneggiatura leggeri, ma comunque il target è l’adolescente di turno che ha bisogno di un film da vedere con gli amici la notte di Halloween, quindi possiamo passarci sopra. Se, però, questo è il target, allora il film DEVE far paura.

Manca palesemente il coraggio. Manca il coraggio di osare, di far paura con un racconto adattato da un libro omonimo molto famoso e interessante. Øvredal ha fatto delle scelte, nel complesso, semplici e molto classiche, e questo non fa bene al film, soprattutto se è in concorso alla Festa del Cinema di Roma.

Se volete andate comunque a vederlo, perché i racconti sono creativi e davvero fighi. In alternativa potete sempre acquistare il libro tramite il link che trovate alla vostra destra.

Io vi ho avvertito.

#LiveTheRebellion