Il “colpo grosso” più glamour di sempre.

Il fascino degli heist movie è innegabile, atavico fin da quando esistono persone ricche e potenti, da quel Robin Hood che rubava a loro per dare ai poveri, passando per chi si “accontenta” di dare a loro stessi. Proprio come Danny Ocean e la sua banda, lui ormai morto e sepolto (sicuramente la tomba c’è, che sia piena è tutto da vedere), gli altri in giro per il mondo a vivere la loro vita, e nel mezzo una sorella, Debbie (Sandra Bullock), appena uscita dal carcere dopo 5 anni scontati per truffa, irrimediabilmente contagiata dal DNA criminale della famiglia, e pronta a mettere su una banda di sole donne, le Ocean’s 8, per colpire il Met Gala, l’evento di raccolta fondi più importante al mondo. Una serata che vede la partecipazione, nella cornice del Metropolitan Museum of Art di New York, della crème dell’alta società mondiale, tra reali, personaggi di spicco dello show biz, imprenditori, artisti, in un concentrato di opulenza, opere d’arte e grandi firme della moda che brilla come la via lattea davanti agli occhi da gazza di Debbie. Un pantagruelico banchetto per chi ha l’intelligenza, il coraggio e l’organizzazione per tentare il colpo del secolo, limato fino a raggiungere la perfezione dalla Ocean, negli anni di isolamento, covando al contempo una personalissima vendetta verso chi la tradì 5 anni, 8 mesi e 12 giorni prima, pensando fosse amore e invece era un grandissimo pezzo di…

Crime and the City
Fin dai primi minuti tutto riporta a Ocean’s Eleven, tributandolo, seguendone le linee guida, ma intraprendendo poi un percorso decisamente più elegante, forse anche più ritmato, generalmente più piacevole (guardandoli entrambi a distanza di un paio di giorni), grazie a un cast dallo charme magnetico guidato da Gary Ross (anche sceneggiatore), che riscalda e colora i cliché della trilogia di Soderbergh, da cui traspariva sempre un po’ della sua freddezza, della sua difficoltà nell’amalgamare a dovere un cast che dire leggendario rischierebbe di sminuirlo (alla fine, la sua rapina più riuscita e appagante è la recente “Truffa dei Logan”), imparando da queste sbavature per puntare deciso verso una recitazione corale spassosa, affiatata, divertita, che vede spesso le sue stelle recitare faccia a faccia, ammirandone l’ottima caratterizzazione e intesa chimica, un’amicizia che le vedrà supportarsi tanto nel crimine quanto nella loro intimità. Sandra Bullock, Cate Blanchett ed Anne Hathaway su tutte, leggende del cinema moderno da quattro premi Oscar in tre, ma poi Helena Bonham Carter che indossa una delle sue maschere preferite, quella di donna tormentata, abbattuta dalla vita ma sorretta da un grandissimo talento, passando per le due cantanti prestate al cinema, la stella nascente Awkwafina e l’affermatissima Rihanna, chiudendo con le non meno importanti e brave Mindy Kaling e Sarah Paulson, tutte e otto riescono a emergere nella loro eterogeneità per diventare ingranaggi fondamentali nella grande macchina della truffa che scardinerà la sicurezza del gala. Le abilità criminali di ognuna e l’innata camaleonticità tipica di chi proviene – così si dice – da Venere, andranno a comporre un mosaico di illeciti dagli incastri perfetti, forse anche troppo, con una vicenda che, senza scadere nello spoiler, realizzerà in copia carbone il piano di Debbie, la quale però, fin dalle prime battute, ne dichiara gli intenti perfetti e infallibili, mantenendo quindi la promessa.

Manca quindi forse un po’ di pathos, riservato alle battute finali che vedono l’entrata in scena del simpaticissimo agente assicurativo John Frazier (James Corden), puntando su un dipanarsi delle vicende fluidissimo ed estremamente divertente, che vedrà susseguirsi a grande velocità tutte le tappe che avvicineranno le loro mani al bottino. Sequenze estrememente curate e intelligenti, talvolsa beatamente inverosimili, su cui fluttua sempre l’incredulità dello spettatore. Un colpo brillante, orchestrato attraverso soluzioni geniali esaltate da una scenografia sfarzosa, elegantissima, seducente. Il Met Gala diventa il teatro perfetto per le soluzioni registiche di Ross, che con classe fa sue le regole che muovono un evento di questa portata, usandole a maggior gloria della sua banda e di chi osserva, glorificando il lavoro dei costumisti e delle maison di moda, complici di questa sfilata criminale (dove i diavoli non vestono esclusivamente Prada), la cui stella e preda attorno cui tutto vortica è la Toussaint, una collana Cartier del valore di 150 milioni di dollari, al collo della femme fatale Daphne Kluger (Anne Hathaway). La personalissima vendetta di Debbie nei confronti del gallerista Claude Becker (Richard Armitage) riprende invece, pur con motivazioni e conseguenze diverse, quella tra Clooney e la Roberts in Ocean’s Eleven, ricamando un racconto parallelo che impreziosisce il tessuto della sceneggiatura.

Ocean’s 8 è una pellicola brillante, non particolarmente originale nell’insieme, con una narrativa ricca di cliché di cui si intuiscono da subito tutti i punti cardine, come attraverso le trasparenze di un abito da sera, se non nelle sue singole scene, studiate alla perfezione tratteggiando un piano tanto audace quanto geniale. Un cast eccellente tanto negli assoli quanto nei cori e una scenografia in tutti i sensi opulenta sono, nonostante i difetti, la vera ariete capace di sfondare le aspettative degli spettatori, ponendo forse le basi per una nuova saga, dando nel frattempo un’ottimo motivo per andare al cinema e fuggire dal caldo opprimente di questo fine luglio, a partire da oggi.

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