Stefano Calzati

Speciale Benedetta Follia – Un Verdone dal futuro roseo

Carlo Verdone torna a interpretare un po’ sè stesso in questa commedia dal sapore squisitamente italiano, condita però con spezie “hollywoodiane”.

Benedetta Follia è il figlio legittimo della nuova aria che sferza il cinema italiano, una frizzante brezza che ha investito registi e sceneggiatori, sempre più in cerca della qualità hollywoodiana come biglietto per scappare dalla provincia, capace di esaltare la nostra unica e inimitabile italianità. Starete pensando a “Lo Chiamavano Jeeg Robot” tra tutti, e infatti ad affiancare una vera icona del cinema nostrano, un grandissimo Carlo Verdone dietro e davanti la macchina da presa, troviamo Guaglianone e Menotti, duo di sceneggiatori che ha graziato il lavoro registico di Gabriele Mainetti nel 2016, di cui ritroviamo oggi anche la protagonista femminile, quel vulcano di spontaneità e romanità di Ilenia Pastorelli, che possiamo anche smettere di etichettare come ex-“gieffina” per darle il credito che merita come attrice. Sembra quasi di rivedere la Claudia Gerini / Jessica Sessa di Viaggi di Nozze, una vera maschera di Roma e del suo popolo. Una commedia abbastanza classica nelle tematiche ma affrontata con un ritmo serrato, gag perfettamente integrate nel tessuto narrativo e interpreti bravissimi, padroni dei propri personaggi, arrivando addirittura ad un citazionismo spinto verso i fratelli Cohen. Alberto Sordi che incontra Il Grande Lebowski? Non proprio, ma sicuramente una gran bella commedia.

Il diavolo e l’acqua santa
Lo spettatore non fa in tempo a sedersi che viene subito colpito dalle reminiscenze di Armando Feroci (“Gallo Cedrone”). Un giovane Guglielmo (Carlo Verdone), a cavallo della sua Honda, cerca di fare colpo su una splendida donna dai capelli rossi, Lidia (Lucrezia Lante della Rovere). Acrobazie e ammiccamenti su una meravigliosa strada costiera fin quando il colpo non lo prende proprio lui, cadendo rovinosamente dopo aver perso il controllo del proprio bolide in curva. Acqua passata ormai, 25 anni dopo Guglielmo e Lidia sono felicemente sposati, forse proprio grazie allo sfortunato incidente, e lui nel frattempo ha preso in gestione il negozio di arte sacra e abbigliamento clericale del padre, mettendo la testa a posto e conducendo una vita pressoché perfetta e senza macchia. Anche troppo, decisamente influenzato dai soporiferi tempi ecclesiastici e da una rigidità auto-imposta che la moglie fatica ormai a sopportare, tanto che, dopo un’esilarante cena nel ristorante preferito dall’alto clero Vaticano, lei sbotta confessandogli di vedersi con un’altra persona: una donna, per giunta. Da questo momento Verdone smette quasi di recitare per regalarci uno spaccato di se stesso; la pacatezza lascia spazio alle nevrosi e alla dolce amarezza di uno humour capace di intrattenere dall’inizio alla fine senza essere confinato in singole gag.

Ilenia Pastorelli è la spalla che mancava a Verdone dai tempi di Claudia Gerini.

Una battuta, un’espressione, i suoi classici sfoghi, quando proprio si vede che non ce la fa più a trattenersi, è un Verdone in grande forma, stimolato dalle nuove collaborazioni e da una spalla, Luna (Ilaria Pastorelli) che lo esalta forse come mai prima. Nell’incontro con la stampa dopo la proiezione l’ha definita l’attrice che ha dovuto dirigere meno in vita sua, esaltandone il talento naturale, la sua poetica e una spontaneità che viene asservita alla recitazione, perché a dispetto della naturalezza, restituisce sempre l’impressione di sapere benissimo come muoversi e in quali tempi, nonostante sia solo il suo secondo film. Devo essere sincero, in Jeeg non mi aveva fatto impazzire, ma Benedetta Follia ha proprio ribaltato la mia idea. Ecco che il suo personaggio riesce a spingere Guglielmo a rifarsi una vita dopo il divorzio, iniziandolo ai social e alle app per incontri, dando il “la” ad appuntamenti esilaranti e grotteschi, genuinamente capaci di far ridere grazie a tempi comici clamorosi e battute al vetriolo, con una sequenza in particolare capace sintetizzare la società contemporanea, tra sesso e dipendenza da smartphone. La vicenda è una pasta sfoglia, più strati divisi tra la routine lavorativa (con l’élite vaticana vista un po’ alla Young Pope), le vicissitudini che hanno spinto Luna a cercare disperatamente un impiego e la ricerca di una nuova anima gemella, tra incontri al buio e un vero e proprio colpo di fulmine, quello con l’infermiera Ornella (Maria Pia Calzone), incontrata in ospedale dopo una serata con Luna e le sue grezzissime amiche, inconsapevolmente alterato dall’ecstasy scambiata per paracetamolo. Risvolti stupefacenti capaci di fornire l’assist per un tributo altissimo (oltre che far svoltare la pellicola), dove Verdone diventa Jeff Bridges in una sequenza onirica che mai mi sarei aspettato di vedere in un film del genere. Idea di Menotti, come ha raccontato Carlo, che sul set lo vedeva sbirciare questo stesso video.

L’Italia è cambiata, il suo senso dell’umorismo pure, e Verdone riesce a stare al passo coi tempi, dopo un periodo dove la sua verve pareva un po’ ofuscata, nonostante questa non sia certo una pietra miliare ma “solo” un ottimo film (avercene). Sordi prima di lasciarci gli aveva detto che gli faceva un po’ pena, perché l’Italia non voleva più ridere e sarebbe stata una vita grama quella del comico. La verità, oggi come oggi, è che gli italiani hanno solo bisogno di prodotti di qualità, che sappiano davvero intrattenere, sforzandosi di guardare anche a chi i film li fa meglio di noi. Se questo è il punto di partenza, la collaborazione con la premiata ditta Guaglianone-Menotti potrà darci tantissime soddisfazioni in futuro. Viva la (bella) commedia italiana!

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