Un film “unico nel suo genere”. Per fortuna.

 

Succede ogni volta. Ogni volta che un nuovo film horror sembra interessante, salvo qualche rara eccezione (Crimson Peak e Babadook mi perdonino, non stavo insultando loro), il risultato poi non riesce a convincere fino in fondo. E, sì: quest’ultima frase è un eufemismo.

O meglio, non riesce a convincere, il più delle volte, chi si aspetta un’esperienza di una certa qualità. Non mancano gli horror realizzati, ormai, soltanto per attrarre un pubblico di giovani al cinema, spesso vuote esperienze scarsamente ispirate che, alla fine dei giochi, risultano essere un copia-e-incolla di tante ispirazioni e influenze diverse. Se noi abbiamo trovato L’Odio Che Uccide orripilante, in fondo, non è detto che tutti la pensino allo stesso modo. È la bellezza del Cinema, in fondo: i gusti personali permettono un’infinità di approcci diversi alla critica, ma diventano facilmente un’arma a doppio taglio.

XX: Donne da Morire è un progetto che sulla carta risultava anche interessante, e che non si risparmia qualche flebile momento di alta qualità: costruire un’antologia di cortometraggi horror interamente prodotti, scritti, diretti e interpretati da donne nel ruolo di protagoniste. In prima battuta, l’idea non era poi così male: un contributo interamente femminile al genere, un’occasione per mostrare un forte, interessante e “diverso” punto di vista. E, come detto, Donne da Morire non si risparmia effettivamente qualche momento apprezzabile. Il problema è che si perde in tutto il resto.

 

 

Fuori dai limiti del quadro
Donne da MorireBasta dare un’occhiata al video qui sopra, per rendersi conto che le registe e le scrittrici dietro Donne da Morire sono tutto meno che delle sprovvedute. Le idee alla base del loro progetto sono quasi inattaccabili, e il filo conduttore che tenta di legare ogni micro-opera con le altre sembra evidente: il bisogno di dare una voce alle donne nel genere horror, di mostrare un diverso modo di guardare le cose. Come spesso accade, tuttavia, le idee sono sterili, se non vengono accompagnate da una sapiente esecuzione; ed è proprio questo il problema del progetto XX.

Il film si apre con un’interessantissima e affascinante introduzione in stop-motion, la tecnica che, per chi non la conoscesse, è stata utilizzata su larga scala negli anni Novanta per creare effetti speciali, ed è stata poi impiegata da Tim Burton (per dirne uno) per creare interamente diversi suoi film, da Frankenweenie a Nightmare Before Christmas. Si comprenderà facilmente, dunque, il motivo per cui una tale apertura ci aveva colpiti positivamente: lo stop-motion ha un fascino vintage tutto suo innegabile, che affonda le radici nella nostalgia e nell’amore per il vintage di svariati amanti del Cinema. E a ragione: con una colonna sonora in stile carillon e delle bambole tremendamente inquietanti, non poteva esserci un’introduzione migliore per un film horror. L’atmosfera è perfettamente stabilita, e lo schermo ha tutta la nostra attenzione.

 

 

Scopriremo, poi, che queste piccole scenette incomplete in stop-motion faranno da intermezzo tra un cortometraggio e l’altro (una vera e propria “cornice narrativa“), portando avanti una propria micro-storia che, però, non andrà a parare praticamente da nessuna parte. Il problema è che, nonostante ciò, la bellezza della tecnica utilizzata e la maestria nel realizzarla hanno fatto sì che le parti in stop-motion fossero praticamente la sezione migliore del film: più di una volta ci siamo ritrovati ad attenderle con impazienza, giusto per poter godere brevemente dell’innegabile bellezza di quei meravigliosi intermezzi. E questo è, evidentemente, un problema piuttosto serio per un’antologia di cortometraggi.

 

Gli intermezzi in stop-motion sono come una cornice dorata per una tela vuota: creativi, meravigliosi da vedere, ma un contorno sprecato per un’opera così inconsistente.

 

Quattro opere, nessun capolavoro
Donne da Morire presenta quattro storie autoconclusive e indipendenti
Le quattro storie, come già accennato, sono scritte e dirette interamente da donne, e interpretate da personaggi femminili nei ruoli principali. La prima storia, The Box, mostra quelle che sembrano essere le paure più intime di una madre di famiglia, in un racconto volutamente criptico e complesso che risulta deludente in ogni sua parte. La seconda si presenta già meglio: The Birthday Party vede una madre costretta a gestire una crisi improvvisa, che potrebbe compromettere la buona riuscita della festa di compleanno di sua figlia. La regia è rapida, dinamica, caratterizzata da qualche tocco di stile come jump-cut e false-cut, e complessivamente interessante. Qui, tuttavia, personaggi appena abbozzati e dai legami di conoscenza non particolarmente chari si alternano su schermo, mentre il tentativo di suscitare un senso di tragicomico fallisce miseramente, risultando piuttosto in una storia poco interessante, prevedibile e assolutamente banale.

Il terzo racconto fa un salto ancora più in basso: Don’t Fall riunisce in sé svariati cliché dei teen-horror movie, mettendo in gioco una compagnia di ragazzi in campeggio su un sito archeologico proibito e sacro per i nativi americani. Sforzandosi di essere horror (e riuscendoci comunque meglio dei due film precedenti), Don’t Fall gioca con demoni, conoscenze arcane e antiche civiltà perdute, e pur nella sua scarsa qualità riesce comunque a intrattenere per qualche minuto. Tuttavia, la terrificante qualità della scrittura, qualche buco di sceneggiatura qui e là e una regia non particolarmente entusiasmante fanno sì che Don’t Fall diventi il meno riuscito dei quattro cortometraggi: tremendamente banale, tremendamente cliché, tremendamente noioso, prevedibile e mal fatto.

 

 

Fortunatamente, Her Only Living Son getta un flebile bagliore luminoso su un’esperienza così oscura e dimenticabile. Tra i quattro racconti scelti per Donne da Morire, il quarto film è sicuramente quello più memorabile e quello che abbiamo apprezzato di più: una madre (di nuovo) si ritrova a dover gestire una tremenda verità occulta, una minaccia per se stessa e per suo figlio che, nonostante una presentazione non particolarmente entusiasmante, risulta forse il tentativo più interessante di portare un po’ di creatività femminile nel genere horror. L’interpretazione dell’attrice protagonista (Mia Farrow) riesce a convincere fino in fondo, il rapporto con il figlio è delineato e profondo, e l’intera storia ha un che di inquietante e disturbante che, arrivati alla fine, riesce a sorprendere e intrattenere nella giusta misura. Il tutto è corredato da una regia efficace e creativa, che si lascia apprezzare a cuore aperto. Tutti questi fattori rendono Her Only Living Son, in qualità anche di omaggio a Roman Polanski (come dichiarato dalla stessa regista), la più riuscita delle quattro opere presenti nell’antologia.

 

Grazie al cielo è finito
Una raccolta che non funziona, o funziona poco
Jovanka Vuckovic, una delle registe dietro l’ambizioso progetto di XX, si premura di definire il film come un’opera “unica nel suo genere“, proprio nel video linkato in apertura. Il problema è che, giunti alla fine dell’opera, questo si rivela essere più un sollievo che un vanto: non basta mettere insieme quattro personalità femminili per rendere un progetto un capolavoro, e non è scontato che XX – Donne da Morire sia indifendibile solo per l’ambizioso intento che ne sta alla base. La raccolta di racconti horror semplicemente non funziona, essendo spesso mal scritta, mal presentata e persino – a tratti – mal girata. Il tentativo di conferire all’opera una personalità tutta femminile funziona solo nel quarto cortometraggio, quando la forza della madre protagonista esplode in tutta la sua potenza e riesce a convincere, coinvolgere e persino commuovere lo spettatore. Nonostante ciò, persino Her Only Living Son è ben lontano dall’essere un capolavoro; il che rende l’intera opera un insieme di cortometraggi mediocri, dimenticabili e, soprattutto, evitabili.

Vale la pena ripeterlo: quando si attendono gli intermezzi in stop-motion molto più del prossimo cortometraggio, è evidente che il progetto intero ha dei problemi piuttosto gravi alle sue fondamenta.

 

 

Dettagli prodotto
  • Attori: Jonathan Watton, Natalie Brown, Peter DaCunha
  • Formato: Blu-Ray, PAL, Schermo panoramico
  • Audio: Inglese, Italiano
  • Lingua: Inglese, Italiano
  • Sottotitoli: Italiano
  • Regione: Regione B (Maggiori informazioni su Formati Blu-Ray.)
  • Numero di dischi: 1
  • Studio: Koch Media
  • Data versione DVD: 6 lug. 2017

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