Stefano Calzati

Speciale Baby Driver – È una figata clamorosa!

Il grande Edgar Wright torna sul grande schermo orfano del duo Pegg-Frost per insegnare ad Hollywood come creare un film realmente nuovo, semplicemente svecchiando ridondanti cliché con grande gusto. Saliamo tutti sull’auto di Baby Driver e partiamo a 200km/h verso l’autostrada dell’esaltazione!

E potrebbe benissimo finire al sottotitolo di questo articolo la nostra opinione dell’ultima opera di Edgar Wright, regista e sceneggiatore della leggendaria “trilogia del cornetto” (L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz e La fine del mondo), interpretata dal mitico duo comico britannico composto da Simon Pegg e Nick Frost. Potrebbe finire qui perché quello che andrete a vedere nei cinema a partire dal prossimo 7 settembre, e non vi invidio per questo mese abbondante di attesa, è l’incontro perfetto, apoteosi cinematografica, tra la colta comicità tipicamente british del terzetto di cui sopra, l’adrenalina di un action movie hollywoodiano di quelli “giusti” (diciamo Drive di Nicolas Widing Reft, con cui scoprirete molti punti in comune) e una sorprendente anima musical, dove gli interpreti non canteranno ma si muoveranno e trasmetteranno emozioni costantemente al ritmo della musica che zampilla dagli auricolari del nostro Baby, un eccezionale Ansel Elgort (classe ’94), asso del volante e autista per rapine. Un La La Land tra pneumatici fumanti e polvere da sparo insomma. Adesso fatevi un favore e godetevi i primi minuti del film in questa clip ad alto tasso di stunt, rock e adrenalina, dopodiché, buona lettura!

Traccia #1 – Bellbottoms – The Jon Spencer Blues Explosion
L’inizio è folgorante come l’accelerazione della Subaru Impreza rossa che il nostro Baby fa danzare per le strade di Atlanta, Georgia, dopo l’ennesima rapina in banca, con l’eleganza di un pattinatore sul ghiaccio esaltato da una regia magistrale, dove Wright illumina ogni derapata e colpo di freno a mano mettendo subito in chiaro la qualità della sua opera scritta e diretta. Cuffie costantemente nelle orecchie (tanto da essere preso per ritardato dai suoi colleghi, durante una delle scene più esilaranti!), collegate ad uno dei tanti iPod che coniugano il piacere che solo la musica sa dare alla necessità di coprire il fischio incessante che gli ronza in testa. Acufene, misterioso disturbo dell’udito a cui la medicina non ha ancora trovato cura, retaggio di un passato tragico che lo ha reso orfano. Cresciuto dal padre adottivo Joseph (CJ Jones), anziano muto dallo spiccato senso dell’umorismo espresso col linguaggio dei segni, Baby si diletta fin dalla tenera età nella guida, rubando auto per piacere e finendo per rubare quella sbagliata, quella del gangster Doc a cui Kevin Spacey dona una caratterizzazione perfetta.

Baby, un giovane nato col volante in mano e la musica in testa, diventa autista per rapine agli ordini del gangster Doc. Solo il ritmo e l’amore potranno salvarlo!

Da allora il ragazzo diventa il suo portafortuna, autista perfetto con scritto “provate a prendermi” in fronte (proprio come il Ryan Gosling di Drive), vero e proprio artista della fuga al servizio di criminali senza scrupoli, decisamente folli e disturbati, che si alterneranno per tutta la durata del film, portandoci anche un cameo del grandissimo bassista dei Red Hot Chili Peppers, Flea, particolarmente avvezzo a questo genere di ruoli nel suo vagabondare tra gli studi cinematografici. Una corsa per estinguere un debito, che, una volta conosciuta la splendida cameriera Debora (Lily Jones), diventerà una corsa per fuggire verso un futuro migliore, “verso ovest, senza un piano, ascoltando musica“.

Traccia #2 – Harlem Shuffle – Bob & Earl
Una trama certamente non innovativa, sorretta però da dialoghi eccelsi che l’aiutano a dipanarsi in maniera assolutamente imprevedibile, con cambi di ritmo jazzistici. Partenza e presentazione, a partire dai mille trailer e video presenti sul Tubo, fanno pensare a una commedia action divertente e spensierata , ingannando lo spettatore con scene brillanti e colorate, come la passeggiata di Baby verso la caffetteria, sulle note della canzone che da il titolo a questo paragrafo e che potete godervi in fondo allo stesso, tutta a tempo di musica come nei migliori musical (una delle geniali costanti del film), in un piano sequenza che trasporta lo spettatore occhi e orecchie dentro lo schermo, lasciandolo di stucco. Il velo della commedia viene però soffiato via da una folata di vento via via sempre più forte, permettendoci vedere e vivere un’escalation di atmosfere e situazioni da thriller noir, ricordando quasi le opere di Martin McDonagh (In Bruges e 7 Psicopatici), sempre sospese tra allegro no-sense e crudezza da gangster movie, con momenti decisamente truci.

Questo avviene tramite sequenze sorprendenti e in contrasto con quello che stava accadendo qualche attimo prima, scene che sarebbe un delitto raccontarvi e che basano il loro successo sulle psicopatie dei vari Jamie Foxx, Jon Hamm, Eiza Gonzàlez, Lanny Joon, che danno vita a villain da amare e odiare nello stesso momento. Il segreto del film risiede soprattutto nel perfetto equilibrio tra umorismo ricercato (e di momenti dove sbellicarsi ce ne saranno, in puro stile “Cornetto”), momenti introspettivi e azione pura con picchi volutamente esagerati e trash, dove l’ago della bilancia è la love story tra Baby e Debora, troppo stretta nella sua divisa da cameriera, troppo intelligente e bella per vivere una vita mediocre, esaltata da una sceneggiatura che la rende personaggio insostituibile a cui è impossibile non affezionarsi. Unica salvezza per il nostro autista provetto e vera spinta verso una metamorfosi del personaggio sviluppata ad arte, tra rabbia repressa e voglia di sgommare via da quella vita con l’unica persona capace di capirlo fin nel profondo. L’amore è davvero capace di rendere la vita più “Easy“, come la Domenica mattina.

Traccia #3 – Easy – The Commodores
Impossibile parlare di questa splendida pellicola senza entrare nel merito e nell’ascolto della colonna sonora, una delle più ricercate e varie degli ultimi anni e benzina nel serbatoio registico di Wright. Ogni inquadratura, avvenimento, movimento è studiato per andare a braccetto con la traccia di turno che sgorga dalle cuffie di Baby, senza perdere mai un colpo, una nota. Un’estasi audio-visiva che a memoria non ricordo di aver mai sperimentato, esulando da chi di questo connubio ne fa ragione di vita, come appunto un La La Land o altri musical a piacere. Mettere ogni azione a tempo (non proprio ogni scena, ma ci andiamo vicini), studiando nello stesso momento traccia e inquadratura, fa pensare a un ricerca ossessiva della coordinazione, quasi come due atleti impegnati in una gara di tuffi sincronizzati alle Olimpiadi, centrando un’esecuzione da medaglia d’oro.

Il pianoforte immaginario di Baby.

Splendida in questo senso una scena, durante la seconda rapina, dove il protagonista ferma i suoi complici per rimettere la traccia a tempo prima che scendano dall’auto, probabilmente una costante in fase di post-produzione! The Commodores, Simon & Garfunkel (d’ispirazione con la loro omonima Baby Driver), Beach Boys, Beck, Barry White (con una Never, Never Gonna Give Ya Up incredibilmente usata per uno dei momenti più tesi della proiezione), formano un vero cast fantasma, presente quanto i protagonisti dell’intricata vicenda, facendoci immergere senza possibilità di risalita in un oceano sonoro, delimitato sui due lati dai timpani di Baby.

Traccia Bonus – Baby Driver – Simon & Garfunkel
Baby Driver è un film geniale, consacrazione di Edgar Wright, che pesca dai grandi del genere, ci gioca, li shakera e serve con ghiaccio un film fresco, emotivamente potente ma casinista, rock e melodico in cui tutti i suoi interpreti riescono a lasciare il segno, chi a suon di pallottole e chi con dolcezza. Il finale è la ciliegina sulla torta, capace di far venire i brividi anche chi si aspettava di entrare in sala e ridere dal primo al centoquindicesimo minuto, grazie ad una sceneggiatura profonda e totale, capace di spaziare verso ogni emozione mantenendo sempre una qualità altissima, come una compilation dei grandi classici anni ’60-’70.

 

They call me Baby Driver
And once upon a pair of wheels
I hit the road and I’m gone

 

#LiveTheRebellion