Uno Yakuza, un vampiro e una rana sono in città. E no, non è l’inizio di una barzelletta: è il contesto di uno dei lavori più folli e geniali di Takashi Miike.

 

Dimenticate le convenzioni narrative, la logica consequenziale e la linearità di esposizione: Takashi Miike è tornato con il suo ultimo film, giunto in occidente in questo caldo mese di giugno grazie all’iniziativa di Midnight Factory per l’home video. La “Fabbrica del Male” non ci ha sempre convinti nelle sue scelte, proponendo occasionalmente delle produzioni che andavano poco oltre la mediocrità sotto troppi aspetti; altre volte, però, ha saputo proporci anche delle pellicole di grandissimo spessore artisico come Vampire, di Shunji Iwai, che ci ha sorpresi come una delle più grandi rivelazioni cinematografiche che abbiano raggiunto l’home video negli ultimi mesi. Il catalogo di Midnight Factory diventa sempre più vasto, abbracciando generi che non sempre si accostano all’horror in senso stretto e promuovendo certi tipi di (buon) cinema d’autore; e, se affidarsi alla lodevole divisione di Koch Media può essere un azzardo al 50%, c’è sempre quella enorme probabilità che ci si ritrovi di fronte a una produzione sorprendente, geniale e dal grande impatto sullo spettatore. Yakuza Apocalypse, del già citato Takashi Miike (autore, tra le altre cose, dei due Crows e della serie Dead Or Alive).

La filmografia di Miike, regista giapponese dal talento indiscutibile, è incredibilmente vasta e florida, e nel tempo il regista si è distinto parecchio per il suo stile delirante, ignorante e incredibilmente maturo al tempo stesso. Se Crows è un’occasione imperdibile per affrontare il tema delle gang giovanili e Sukiyaki Western Django è un evidente tributo allo spaghetti western e agli stili tarantiniani, Yakuza Apocalypse non poteva che essere un espediente perfetto per parlare di criminalità, onore, ambizione e senso civico, non senza “qualche” trovata geniale inserita nel calderone.

 

 

La mia Babysitter è un Vampiro
Tentare di parlare della trama di Yakuza Apocalypse sarebbe come voler snaturare il lavoro di Miike, che sul narrativo spinge davvero poco e tende, piuttosto, a mettere sul piatto tematiche, omaggi, tributi e parodizzazioni volute. Nondimeno, ci proveremo: in un ridente (ma non troppo) distretto giapponese, il benestare del quartiere e il controllo della criminalità sono in mano al leggendario boss Yakuza Kamiura (Lily Franky), uomo dall’indole buona e dall’onore apparentemente incrollabile, che tiene alla protezione dei civili tanto quanto alla salute della sua banda. Tra le fila dei suoi sottoposti figura Kageyama (Hayato Ichihara), che sogna di diventare come il suo boss e di seguire le sue orme fino in fondo. Kamiura, però, custodisce un importante segreto agli occhi dei civili: egli è un vampiro, una verità che scopriremo già dai primi minuti a schermo, ma non un vampiro qualsiasi; è un vampiro Yakuza, in grado di trasformare chiunque venga morso in un membro della sua gang. I vampiri messi in gioco da Takashi Miike, dunque, sono tutt’altro che convenzionali: nullità si trasformano in uomini cazzutissimi e abbrutiti, insegnanti innocenti diventano pericolosi stupratori, ragazzini fragili mutano in macchine della morte assetate di sangue, anche senza un motivo apparente. E, quando i membri delle bande rivali assoldano dei sicari (ammazzavampiri?) per togliere di mezzo il boss o “riportarlo sulla retta via”, Kamiura è costretto a passare il suo potere nelle mani di Kageyama, che diventerà il nuovo portatore del sangue del vampiro Yakuza immortale.

 

Yakuza Apocalypse spinge davvero poco sul narrativo, con chiare influenze dal Cinema della modernità e qualche accenno di postmodernismo.

 

Ma la storia non si ferma certo lì, e da quel momento lo spettatore sarà catturato da un vortice di delirio e follia sempre più estremo, in uno straordinario crescendo che culminerà sul finale. La tecnica narrativa scelta da Miike non è però difficile da inquadrare, e si possono facilmente vedere, tra un fotogramma e l’altro, chiare influenze del Cinema della modernità, con piccole spruzzate di postmodernismo: una narrazione non lineare, frammentata, ricca di jump-cut e falsi raccordi temporali, atta a spiazzare e stupire con il suo citazionismo estremo – ma non per questo meno curata sul fronte tecnico.

 

La Principessa e il Ranocchio
C’è un momento preciso, in Yakuza Apocalypse, in cui si intuisce che le cose stanno per prendere una piega “strana”. Fino ad allora, il film aveva dispensato solo piccole dosi di delirio e genialità, lasciando che la storia si evolvesse seguendo una certa lentezza e senza coinvolgere particolarmente lo spettatore, se non nella semplice e umana curiosità di vedere come si potessero evolvere le vicende. Memorabili, in tal senso, il circolo di cucito di cui non ci verrà mai spiegata la reale utilità (un esercizio di autocontrollo?), l’ammazzavampiri con una strana arma spara-fulmini (a un certo punto, abbiamo smesso di farci domande) e la donna Yakuza con un cervello non esattamente “a posto”; ma, in mezzo a tutto questo apparente no-sense, spicca qualcosa che fa intuire tra le righe il grande e indiscutibile talento di Takashi Miike nell’arte filmica. I suoi personaggi, ad esempio, sono tutt’altro che normali, e la tendenza a parodizzare il tutto si vede già nell’insolito accostamento tra Yakuza e vampiri, grazie al quale, con un’eleganza a dir poco magistrale, Miike riesce a prendere in giro una delle istituzioni malavitose più note in Giappone. Tutto ciò è evidente anche grazie a un’indiscutibile cura per l’arte filmica, che analizzeremo a breve; ma l’utilizzo di personalità folli come Mad Dog, il combattente di arti marziali di colore dalla forza sovrumana, o l’ammazzavampiri vestito come un esorcista, nasconde sotto la superficie una cura per la costruzione del personaggio che va ben oltre la semplice follia, studiata piuttosto a tavolino per risultare efficace, delirante, divertente e, in un certo senso, geniale. Una cura che fa scorrere il film su schermo tra una risata e l’altra, ma che non è abbastanza per discostarsi da una certa lentezza nella parte centrale del film.

Le cose cambiano quando, su schermo, appare questa roba qui.

 

Yakuza Apocalypse Frog

Apoteosi dell’ignoranza e della parodizzazione, culmine più alto raggiunto dal cast del film e indubbiamente uno dei personaggi più esilaranti degli ultimi 20 anni: questa sorta di rana aliena apocalittica è completamente muta, giunge su schermo solo per dispensare legnate e ignoranza, è in grado di “trasformarsi” e anche, a determinate condizioni, di causare la fine del mondo così come lo conosciamo. Un guerriero temibile e dalla forza e velocità sovrumane tanto quanto la sua pucciosità, questo uomo-rana ha rischiato di farci perdere due polmoni e svariate diottrie per le lacrime di risa causate, ed è forse il più elevato picco di genialità che Miike abbia potuto concepire in un film del genere. A patto, ovviamente, che si abbiano gli occhi e la sensibilità artistica giusta per apprezzarlo.

Questa temibile creatura ancestrale sarà l’avversario più temibile che il nostro Kageyama sarà costretto ad affrontare, e chi ha già visto il film e sta leggendo queste righe sa bene cosa intendiamo.

 

The Story Of Film
Yakuza Apocalypse non è semplice da valutare; buona parte della critica lo ha demolito, un’altra ne ha tessuto le lodi secondo varie modalità in giro per il web. Noi, personalmente, siamo dalla parte dei secondi: come tutti i grandi film del cinema d’autore (quello bello), la nuova fatica di Takashi Miike richiede un certo occhio per essere apprezzata, e, nel caso in cui tale occhio non si possieda, è facile che possiate definirlo come uno dei peggiori film mai realizzati. Il genere di Miike è difficile, principalmente diretto a un target di grandi appassionati del Cinema che non prendono il proprio passatempo con la leggerezza di uno spettatore occasionale, e che amano essere impegnati a trecentosessanta gradi dal film che si sta guardando. Questo film non fa eccezione: come Vampire, Yakuza Apocalypse si ama o si odia e, anche se non condividiamo le ragioni di chi ha preferito subissarlo di critiche, possiamo facilmente calarci nei loro panni e comprendere il loro punto di vista. Ciò nondimeno, un occhio attento è comunque in grado di identificare diversi elementi dall’indiscutibile valore artistico, e alcuni di essi li abbiamo già largamente analizzati; quelli rimanenti sono tutti nella regia.

 

 

Il buon Frusciante, in uno dei suoi ultimi video, ha saputo descrivere alla perfezione le capacità di Miike dietro la macchina da presa, e noi qui ci sentiamo in dovere di concordare con le sue parole: lo stile del regista giapponese – “quadrato”, raffinato, studiato e magistrale nella sua pulizia – denota senza ombra di dubbio delle capacità e un talento indiscutibili alla regia, e il contrasto tra uno stile così “asciutto” e i temi trattati dal film è sicuramente degno di nota. Senza contare, appunto, i temi che Yakuza Apocalypse affronta fin dal principio, e che abbiamo citato in apertura: criminalità, onore, senso civico e ambizione, in uno splendido gioco di rimandi, omaggi e citazioni ad altre opere cinematografiche e ad altri generi. Miike ha creato un melting pot che mischia sapientemente più generi insieme, e che esplode in un finale aperto che ci fa sperare in un seguito esplosivo e ignorante allo stesso modo; ed è anche in questo, a nostro parere, che un ottimo regista è in grado di distinguersi da un qualunque altro autore nell’ambiente cinematografico.

  • Attori: Yayan RuhianHayato Ichihara
  • Formato: Blu-ray, PAL, Schermo panoramico
  • Audio: Italiano, Giapponese
  • Lingua: Italiano, Giapponese
  • Sottotitoli: Italiano
  • Regione: Regione B (Maggiori informazioni su Formati Blu-ray.)
  • Numero di dischi: 1
  • Studio: Koch Media
  • Data versione DVD: 25 mag. 2017

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