“Grow the f**k up!” Ossia, cresciamo un po’.

 

Questo è stato il mio personalissimo primo pensiero alle polemiche partite nelle scorse settimane dopo l’annuncio che Mass Effect Andromeda non avrà un doppiaggio in italiano. E a qualche settimana di distanza, con l’uscita del nuovo capitolo nella saga Bioware ormai alle porte, questa opinione la sento più confermata che mai. E intendiamoci: qui non parliamo di menate come imparare l’inglese perché ormai è il 2017 e limitarsi ad una sola lingua è stupido, né di adattarsi ai sottotitoli e relativa massa di testo, né tanto meno di fare i “professoroni di Oxford” (giuro, ho sentito anche questa in vari commenti)…

 

Il problema, come sempre, è che spesso e volentieri nel mondo videoludico si parla senza un minimo di cognizione di causa, e il clima da caccia alle streghe che si crea online non incoraggia affatto uno sviluppatore a considerare un mercato che sembra sempre più volubile e problematico.

 

Detto questo, volete cancellare il preordine per una questione di lingua? Prego, è un vostro sacrosanto diritto, non è l’obiettivo di quest’articolo farvi cambiare idea. Le prossime righe nascono con uno scopo diverso: capire il perché, cosa c’è dietro queste decisioni che, a prima vista, sembrano terribilmente impopolari, e perché continuare a impuntare i piedi come bambini sul nostro “diritto a non imparare un’altra lingua” è solo un boomerang che ci torna in faccia a ogni nuova uscita.

 

 
Nello spazio nessuno può sentirti parlare (italiano)
Il primo scoglio alla localizzazione è di natura economica
Prima di procedere, sappiate che chi vi scrive non è solo un bacchettone che parla del tema del momento, ma che il traduttore lo fa di mestiere. E parlando proprio dal punto di vista di un localizzatore, posso dirvi che non è propriamente economico per un’azienda considerare l’uscita in una lingua diversa da quella originale. Certo, Bioware ed EA non sono esattamente alla canna del gas quando si parla di fondi, ma in genere questo tipo di lavoro viene affidato in outsourcing a delle compagnie esterne. Il che significa dover pagare un intero team di localizzatori che perdano tempo a cercare di rendere il senso originario mantenendo il registro delle conversazioni, i giochi di parole (spesso intraducibili) e adattare laddove ci siano delle carenze. Già di suo si tratta di un compito ingrato, specie per chi poi dovrà unificare il lavoro dei vari traduttori in un unico testo fluido, ma almeno a livello grafico le uniche limitazioni sono legate agli spazi.

 

Il problema è ben diverso quando si parla di audio. Oltre al lato economico (un doppiaggio costa due volte, prima per la localizzazione, poi per i doppiatori stessi), sorge anche il problema della sincronia delle animazioni e dell’audio. Se avete mai visto un qualsiasi film doppiato, potete benissimo capire di cosa si parla. Nei videogame le sequenze parlate hanno durate fisse, legate al file audio che viene caricato durante le risposte. Andare a inserire un testo differente comporta delle inevitabili variazioni nella durata del file, che richiedono a loro volta una diversa sincronia nelle animazioni, nei silenzi e nei movimenti labiali e delle espressioni. Questo, spesso e volentieri, richiede di ricalibrare OGNI SEQUENZA INTERATTIVA, adattandola alla nuova lingua, un lavoro che richiede l’intervento del team di sviluppo più che della compagnia di localizzazione, aumentando i tempi.

 

Ovviamente, si potrebbe controbattere che, se lo fanno per gli altri stati, perché non farlo anche per l’Italia?

 

Per la risposta, basta guardarci allo specchio…

 

L.A. Noire sarebbe stato impossibile da localizzare a causa del labiale

 
Una galassia poco popolata
Lo scorso anno fece scalpore una questione molto simile, sollevata da Gordon Van Dyke, ex produttore esecutivo di EA Visceral e Paradox Interactive (Dead Space ed Europa Universalis, tanto per farvi qualche nome). In un tweet, Van Dyke invitava gli sviluppatori a non perdere tempo con il mercato italiano, concentrando piuttosto i propri sforzi su una localizzazione brasiliana o russa.

 

A prima vista, un consiglio da veri str…i, specie dal nostro punto di vista se consideriamo la marea di reazioni negative. E lo ammetto, io stesso sono stato colto dall’istinto di far polemica sulla questione. Senza nulla togliere all’assoluta mancanza di tatto e professionalità di un commento del genere, a mente fredda vengono fuori alcuni dettagli sottintesi che probabilmente Van Dyke dava per scontati.

 

L’italiano è una lingua poco parlata nel resto del mondo
Tutto si riduce a una semplice questione di numeri: sapete qual è la lingua più parlata al mondo per numero di abitanti? Inglese? Spagnolo? Sbagliato. Si tratta del cinese mandarino. Nonostante la bassa percentuale di madrelingua all’estero, la Cina può vantare il maggior numero di abitanti in un singolo stato. In quest’ottica è subito chiaro come i circa 59 milioni di madrelingua italiani sparsi nel mondo impallidiscano di fronte agli oltre 160 milioni di utenti russi. Un numero ancora maggiore riguarda il portoghese (da cui il riferimento di Van Dyke al Brasile), con più di 200 milioni di utenti.

 

…incoraggiante…

 

A fronte della stessa spesa per la localizzazione (forse qualcosa di meno, visto che i traduttori nostrani sono tra i meno pagati d’Europa), quale masochistica ragione potrebbe spingere un’industria estera a localizzare in italiano anche il doppiaggio? Purtroppo serve a poco anche il fatto che una serie come Mass Effect abbia già avuto un doppiaggio di alta qualità in passato: tutto è sacrificabile sull’altare del marketing.

 

Quindici uomini, e una bottiglia di rum!
Eppure, anche volendo trasformare l’apparente mostro dell’industria videoludica in una tenera dama di carità che fa tutto per i giocatori senza chiedere nulla in cambio (piccolo indizio: se pensate che questa dovrebbe essere la realtà, siete parte del problema), resta un altro minuscolo scoglio che impedisce alle localizzazioni di approdare in terra italica.

 

I GIOCATORI NON SONO POCHI, MA NEMMENO I PIRATI
Dati di vendita alla mano, l’Italia è uno dei peggiori mercati videoludici in Europa per i titoli tripla A al di fuori degli sportivi. Nonostante il numero di giocatori italiani sia maggiore rispetto a quello dei giocatori spagnoli, ad esempio, le infografiche dimostrano che un quarto di questi gioca principalmente a titoli mobile, spesso privi di doppiaggio, e che nonostante tutti i nostri bei discorsi sul valore dei nostri doppiatori, quando si tratta di tirar fuori il portafogli e pagare per questo lavoro la pirateria dilaga. Steam ne sa qualcosa…

 

Spagna e italia a confronto: meno giocatori ma un mercato più ampio

 

Certo, in giro per la rete ci sono anche alcuni commenti che dicono cose tipo: “chi ce lo fa fare di pagare un gioco a prezzo pieno quando non abbiamo nemmeno l’audio in italiano?”. E avrebbero anche senso, se considerassimo magari elementi come attori famosi presi a doppiare personaggi in lingua originale, il cui valore aggiunto si perde nel passaggio di lingua. Ma la questione che sembra essere alla base di questa protesta è la mancata voglia di leggersi i sottotitoli mentre si ascolta un doppiaggio estero.

 

E allora ogni polemica decade, visto che viviamo in un’era in cui nessuno si lamenta dei fansub per show e programmi non portati ufficialmente nelle nostre zone, finché questi sono gratuiti. E anche davanti a Netflix e alle sue molte lacune quando si parla di doppiaggio italiano, nessuno sembra aver mosso un dito.

 

Gli italiani sono tra i primi in europa per giochi mobile e casual (fonte: Newzoo)

 

Se siete arrivati fin qui con la lettura, tuttavia, è molto probabile che vi stiate chiedendo: ma allora protestare non serve a nulla? È davvero stupido cercare di far sentire la propria voce (in tutti i sensi)? No, certo che no, ed è per questo che ci sentiamo di condividere un link: quello alla petizione ufficiale per richiedere un doppiaggio in italiano anche per Andromeda. Certo, a questo punto difficilmente vedremo qualcosa entro l’uscita, ma il bello di vivere in un’epoca di contenuti digitali è che è facile inserire un aggiornamento anche dopo il lancio di un titolo,

 

D’altronde, “fare rumore” nel modo giusto (senza proteste infantili o “minacce” di disdire i preordini) è il mezzo migliore per far sentire ai publisher che esistiamo anche noi, una community che ha diritto di sentirsi a casa anche nelle profondità dello spazio!

#LiveTheRebellion