“Il mio Tomb Raider è più bello!”
Esistono tuttavia anche dei punti negativi che vanno a diretto svantaggio del concetto di “esclusiva videoludica”, sia essa su PC o su qualsiasi altra piattaforma. Accanto a tutti i possibili vantaggi per l’utente che sono già stati esposti, infatti, si ergono diversi problemi che riguardano tanto l’utente finale quanto lo sviluppatore.
Esclusiva vuol dire ridurre il target potenziale
Il primo dei possibili problemi portati da un’esclusiva sta, come accennato prima,
nel campo economico, che si riflette tanto sugli sviluppatori quanto sugli utenti che acquistano una determinata console: per quanto permetta di sfruttare al 100% l’hardware della macchina di riferimento (portando significativi vantaggi per i fruitori del prodotto),
il mercato a cui si rivolge un’esclusiva è considerevolmente ridotto, “castrato” dall’assenza di potenziali vendite su altre piattaforme. Per questo motivo, un titolo in esclusiva su PC o una qualsiasi console
dovrà fare il doppio, se non il triplo del lavoro per imporsi sul mercato e per raggiungere una quota di vendite decenti; ciò comporta che le aziende interessate a un’esclusiva siano disposte a pagare
moneta sonante pur di ottenere un nome particolare e rinomato in esclusiva, e se è vero che ci sono titoli che “si vendono da soli” (
Crash Bandicoot N. Sane Trilogy, possibilmente, insieme a
Uncharted 4) è altrettanto vero che gli investimenti sulla campagna marketing dovranno essere molto più consistenti del normale. Questo comporta una serie di problemi anche a livello socio-economico:
un utente che possiede una determinata console si vedrà “tagliato fuori” dal mercato di una precisa esclusiva “avversaria”, e se questo può essere indubbiamente un vantaggio per chi, poi, l’hardware lo vende (sarà necessario acquistare la piattaforma di riferimento per godersi l’esclusiva), non lo è sicuramente per gli utenti impossibilitati ad acquistare più di una console per generazione. La partita, inoltre, si gioca in questo caso sull’hardware: il software, come già accennato, farà molta più fatica ad ingranare. I teorici del “
Libero Mercato” hanno più di una gatta da pelare in questo senso: sebbene non si possa parlare di monopolî in senso stretto, infatti,
i danni al mercato potrebbero essere più che evidenti, nel caso in cui il sistema delle esclusive prendesse eccessivamente piede (ed è già successo nel caso dell’era PS2, come accennato in precedenza).
A proposito di esclusive temporali, Rise of The Tomb Raider all’annuncio aveva generato una sorta di caso mediatico
Esclusive temporali: una manovra che irrita l’utenza, a discapito dei risultati di vendita
Senza contare i chiari problemi portati dalle esclusive più semplicemente sul campo sociale, sebbene si tratti di un problema dalla misura più “marginale” che potrebbe essere risolto con una maggiore “sensibilizzazione” in senso lato:
le esclusive incentivano le console-war, portando gruppi di utenti a scontrarsi tra loro sulla base di quali siano le esclusive “migliori” possedute dalla propria console o piattaforma (e il caso
Scalebound ha acceso diversi dibattiti in questo senso). Non solo: facendo riferimento a quanto è successo di recente con
Rise Of The Tomb Raider e con
Crash Bandicoot: N. Sane Trilogy, il ricorso alle esclusive porta anche a forme di
“esclusività molesta“, che risulta un fastidio principalmente per l’utente finale: i possessori di una console si vedono ostacolati “temporaneamente”, ritrovandosi a dover aspettare anche diversi mesi prima di vedere il titolo tanto atteso sulla propria piattaforma. Indubbiamente un tale sistema si rivolge a chi possiede più di una console alla volta (incentivando, dunque, più l’acquisto del software che dell’hardware, poiché in molti casi è sufficiente aspettare), ma il problema, ancora una volta, si ripropone: quanti utenti possiedono effettivamente più di una piattaforma in casa?
Elefanti kyotensi
Nintendo: fuori dagli schemi dal 1983
Con l’eccezione del paragrafo più “storiografico”, abbiamo per il momento ignorato il proverbiale
elefante nella stanza,
Nintendo. Non è un mistero che, in particolare nelle ultime tre generazioni, il comportamento della casa di Kyoto sia sfuggito al pattern cui tradizionalmente siamo abituati nel settore: tra GameCube e Wii il salto in avanti, computazionalmente parlando (
a livello di concetto il discorso è più complicato, quindi per il momento posate pure i forconi) non è stato propriamente marcato, e Wii U come sappiamo si è affacciato sul mercato ufficialmente come prima console dell’ottava generazione, ma
in realtà in competizione con le macchine di settima, già sul viale del tramonto. Non solo: in un mercato che come detto ha ormai trovato un tacito accordo su alcuni standard di fatto, Nintendo
si è proposta e continua a proporsi al di fuori di questo schema, portando avanti la sua visione senza piegarsi, nel bene e nel male, a queste logiche. Il risultato di questo approccio, per cause diametralmente opposte (Wii perché grazie a Wiimote apriva a possibilità inedite ed esclusive, Wii U per necessità) è stato comunque lo stesso:
In un mercato all’insegna delle esperienze multipiattaforma, Nintendo vive ancora soprattutto di esclusive.
A Switch l’ultima parola: nel 2017 può una console vivere soprattutto di esclusive?
Una sorta di curioso anacronismo che, pur non essendo privo di controindicazioni e problematiche (anzi) ha permesso a diverse esclusive di continuare a prosperare in un mercato dove numericamente sulle altre piattaforme sono in svantaggio. Che si tratti di ingenuità o di rischio calcolato, Wii U pur non riuscendo a far breccia nel portafoglio del grande pubblico ha visto nei suoi cinque anni di vita una serie di titoli di alto profilo che nessun altro
attore sul mercato è riuscito a replicare, dal punto di vista della frequenza di uscita. Sarebbe però
troppo frettoloso tirare le fila su questo punto adesso, con Switch arrivata sul mercato lo scorso venerdì e con ancora tutto il suo ciclo vitale davanti. Se anche questo tentativo si rivelerà un clamoroso buco nell’acqua (e nel bilancio), dovremo prendere atto del fatto che senza titoli multipiattaforma è ormai impossibile inserirsi in un tessuto con una trama simile a quella del medium videoludico, e che le esclusive per quanto forti da sole non bastano a portare a casa il risultato. Diversamente, se il risultato dell’equazione sarà più simile a quello di 3DS, la conclusione non potrà che essere una: c’è ancora spazio per quella che qualche riga più su abbiamo definito come una religione morente. Di certo, al momento, c’è che ancora una volta un intero settore sembra pendere dalle labbra di chi lo ha salvato dopo la crisi dell’83.
L’utopia dell’Unico Anello
Per concludere, non possiamo certo ignorare alcune delle tendenze più recenti, che sembrano un primo tentativo di uniformare il mercato sotto una stessa bandiera (per quanto le modalità, attualmente, siano parecchio marginali). Il progressivo limitarsi delle esclusive videoludiche e l’Era dell’Informazione hanno portato ad alcuni tentativi di incentivare la fruizione di un prodotto su più piattaforme, con una maggiore attenzione verso l’utente finale: è questo il caso del
cross-play – non solo tra PlayStation 4 e PlayStation Vita:
Rocket League permette ai giocatori PC di affrontare gli amici che lo possiedono su console, facendo poggiare entrambe le versioni sugli stessi server. Allo stesso modo, sono sorti alcuni servizi (come il programma
Play Anywhere di Microsoft) che sembrano voler uniformare l’utenza, portando vantaggi sia ai fruitori finali che, indubbiamente, al mercato in continua espansione. Fanno sorridere, però, l’ingenuità e la quasi pudica innocenza di chi combatte battaglie ideologiche in virtù di una “
console unica“: tenendo in considerazione tutti i ragionamenti finora effettuati, non è possibile – ed è addirittura poco auspicabile – immaginare un mercato videoludico dominato da una console unica, per quanto l’idea possa solleticare l’intelletto con estrema facilità. Certo, il problema delle esclusive verrebbe definitivamente risolto, ma – e qui si scende nel campo strettamente economico – il mercato ha sempre e comunque bisogno di un equilibrio di “potenze” per reggersi in piedi, altrimenti rischia di collassare su se stesso.
La cosiddetta console unica, dunque,
è poco più che un’utopia irrealizzabile.
Da aggiungere alla lista “cose che per cui avrei ammazzato negli anni ’90”
Non è necessario approfondire in questa sede il problema dei monopolî e delle Leggi Antitrust di fine ‘800, è roba noiosa e di certo non troppo pertinente; ma provate a pensare uno scenario in cui una singola azienda può imporre globalmente i prezzi delle proprie console e del proprio software per ottenere il massimo profitto possibile, non avendo alcun avversario sul mercato mondiale. Spaventoso, non è vero?
#LiveTheRebellion