Solo, lontano dalla squadra, paracadutato nel folto della foresta che ricopre l’isola come muschio su una pietra. Il frusciare delle onde, che sembrano tendersi verso la Luna piena, inquietano le prime, tranquille e buie ore del mattino. È tutto a posto, nulla di cui preoccuparsi, solo un piccolo contrattempo. Scoppiettanti rami e foglie secche accompagnano i guardinghi passi, colonna sonora di questa inattesa passeggiata. Un tonfo sordo, ritmato, costante, in inesorabile avvicinamento. Il sangue si ghiaccia davanti all’impossibile: una creatura che può vivere solo nei documentari, nei film, o in scheletriche vesti nei più rinomati musei del mondo, si staglia dinnanzi a occhi di vetro, atterriti e rassegnati. Un’ultima corsa disperata, accompagnata da un’orchestra di alberi caduti e ansimi di terrore; zanne candide come la luna diverranno scarlatte come ordina la natura, per l’ennesima volta a distanza di milioni di anni.
Il fascino dei dinosauri è innegabile, suvvia. L’uomo è da sempre attratto da questi esseri quasi fantastici, così lontani nel tempo dalla nostra civiltà ma così vicini da poter calpestare la stessa terra su cui questi meravigliosi rettili predavano e venivano predati durante l’era giurassica, magari andando al lavoro tutti i giorni. Questo fascino ha ammaliato ogni media possibile, non di meno i videogiochi, con
Turok: Dinosaur Hunter per Nintendo 64 tra i titoli più caratteristici di questa categoria, per esempio. Anche il papà di
Resident Evil (
serie in procinto di approdare su PS4, Xbox One e PC il prossimo 24 gennaio con il settimo capitolo), nonché uno dei
game designer più influenti e prolifici della storia,
Shinji Mikami, si è fatto azzannare da questo mondo, ideando quella che a un primo sguardo può sembrare una divagazione in salsa rettiliana della longeva faida tra agenti S.T.A.R.S. e zombie:
Dino Crisis. Le somiglianze tra le due serie, sbocciate durante l’era
PlayStation, sono innegabili e portano indelebilmente la firma di Mikami-san, ma come scopriremo a breve, Dino Crisis ha un valore che trascende dalle sue meccaniche non propriamente innovative e assolutamente derivative di un genere nato solo pochi anni prima, quello dei
survival horror 3D. Avventuriamoci quindi in questa
retrocensione,
back in 1999, facendo attenzione e zanne e artigli, per scoprire quanto sia ancora valido questo fossile videoludico appena diventato maggiorenne.
La Valle Incantata si tinge di rosso
Uno scellerato esperimento ha portato i dinosauri nella nostra era…
Al di là del goliardico paragone col noto e adorabile film d’animazione con protagonisti dinosauri tutt’altro che minacciosi,
Dino Crisis mostra alcune analogie con un altro titolo cinematografico, il
cult di Steven Spielberg,
Jurassic Park. Le due trame seguono due strade parallele che non si incontrano mai, ma ritrovarsi sorpresi da agili
Velociraptor e fuggire dinnanzi al famelico
Tirannosauro farà rivivere a più di un giocatore alcune delle più emozionanti scene della pellicola. La sceneggiatura invece, come accennato, non ha niente a che vedere con parchi divertimento fuori controllo e simili, bensì narra di fantapolitica, incidenti spazio-temporali e di un gruppo di soldati scelti, la
S.O.R.T., intenta ad indagare sulle misteriose attività del centro ricerche sito su
Ibis Island, nella
Repubblica di Borginia (
il cui nome farà accendere una lampadina sulla testa di voi lettori amanti della saga Ace Attorney!) con la missione di ritrovare il dottor Edward Kirk, dato per morto e invece impegnato in un progetto segretissimo. Protagonisti principali della vicenda sono i 3 agenti S.O.R.T., la bella e letale
Regina, il massiccio caposquadra
Gail e lo scapestrato
Rick, dotato di un umorismo spiccatamente da fine XX secolo.
Grotteschi poligoni – Capcom – 1999
Una trama non banale e sempre coinvolgente, grazie al velo di mistero che avvolge la fantascientifica vicenda, viene profumata da un’atmosfera fantastica. L’edificio è asettico, con le sue fredde superfici metalliche, i suoi loghi quasi propagandistici, la tecnologia avanguardista (
il titolo è ambientato nel 2009, nientepopodimeno) e i segni di una disperata lotta contro creature totalmente inaspettate da scienziati e impiegati della base. Il rosso del sangue macchia di tanto in tanto le sterili sale del complesso, donando quel tocco di colore così fondamentale nel genere.
L’esplorazione di questi ambienti (
ottimo il level design generale)
è sicuramente il punto forte dell’esperienza, con i suoi bizzarri enigmi (
interessantissimi i codici DDK da decifrare), le combinazioni da segnare a matita in fondo al libretto di istruzioni (
pratica old school ormai quasi totalmente scomparsa dalle nostre abitudini), le immancabili chiavi per aprire porte affacciate sul mistero e i classici rompicapi basati sullo spirito di osservazione del giocatore, il tutto con una cadenza quasi da
Metroidvania,
dove la mappa e un buon senso dell’orientamento sono alleati vitali.
Classico come il cubo di Rubik
…con tutte le loro manie di protagonismo!
A mettere un po’ di pepe sul DualShock ci pensano gli ovvi ma sempre inaspettati incontri con i rettili, terrificanti di per sé, grazie alla letale promessa di morte e resi ancora più terrorizzanti dal legnoso e ormai anacronistico
sistema di controllo 2D del personaggio, come da tradizione. Dimenticate quindi le levette analogiche, il D-Pad gestirà i movimenti di sua maestà Regina, la quale potrà estrarre l’arma con il tasto R1 e fare fuoco premendo il virtuale grilletto posto sul tasto X. Gli scontri quindi risultano assolutamente riusciti per quanto riguarda l’aspetto emotivo, ma il
pathos viene in parte smorzato dalla
dinamicità tendente allo zero di queste sezioni, con i più avvezzi agli spaventi (
chi scrive ad esempio, il quale ha affrontato il gioco a difficoltà Facile e con le luci ben accese) che premeranno forsennatamente il grilletto finché la famelica creatura non cadrà al suolo in una pozza di sangue (
occhio se non vedete sangue), facendo attenzione al numero limitato di munizioni. Decisamente più dinamiche, purché sempre afflitte dagli imprecisi controlli, le fughe dal mitico T-Rex, immune ai proiettili standard e che quindi ci costringerà a fughe rocambolesche, coadiuvati dal tasto Quadrato adibito alla corsa; in queste sezioni l’adrenalina verrà pompata attraverso il cavo del pad, per finire nel cervello, dove alimenterà le nostre più primitive paure.
Che bellezza questi lucertoloni
Dal punto di vista tecnico si intuisce quanto Dino Crisis fosse impressionante nel 1999 e il tempo, bisogna ammettere, è stato piuttosto clemente con quest’opera. Dinnanzi agli occhi del giocatore si presenta un comparto grafico interamente poligonale (
un deciso cambio di rotta rispetto agli sfondi pre-renderizzati di Resident Evil), dove i modelli degli interpreti sono naturalmente un po’ grotteschi, sia nei tratti somatici che nelle animazioni, ma dove l’ambiente di gioco risulta dettagliato e ricco di tocchi di classe, seminati con dovizia dai designer, come le falene che volteggiano intorno ai lampioni o le tracce di sangue lasciate dalla nostra eroina in caso di emorragia. Sotto il profilo sonoro poi, la situazione è ancora migliore;
la colonna sonora di Makoto Tomozawa, alternata a silenzi pregni di tensione,
riesce a sottolineare al meglio ogni situazione, dove si alterneranno tetre ma sempre delicate note di pianoforte, l’elettronica sincopata del theremin, tonanti tamburi e scintillanti piatti.
Gli effetti sonori non sono di minor qualità; lo sciabordio delle onde che si infrangono sugli irti scogli, il doppiaggio inglese (
sottotitolato in italiano) di buona fattura e soprattutto loro, i versi e i ruggiti dei vari dinosauri. La maggior parte degli sforzi, sotto il profilo tecnico, sono stati fatti per dare vita a queste temibili creature ricoperte di scaglie: entrare in una stanza vuota e sentire il ticchettante richiamo di un Velociraptor ancora invisibile alle telecamere fisse riesce a far gelare il sangue e a mettere sull’attenti il giocatore: un fascio di nervi pronto a fare fuoco. Le animazioni degli stessi meritano un plauso per i loro movimenti fluidi e realistici (
nel limite delle possibilità di PlayStation). Com’era intuibile,
l’anima del titolo risiede nei preistorici nemici che andremo ad affrontare, unici nel genere, agili come non mai e variegati per razze e metodo d’attacco: oltre ai già citati Velociraptor e T-Rex, è impossibile non menzionare gli Pteranodonti, che piomberanno dai cieli notturni per provare a ghermire la nostra soldatessa.
Il museo dei Dino… Crisis
Dino Crisis è dunque un’esperienza degna di essere giocata ancora oggi? Se l’arcaico sistema di controllo non vi spaventa, la risposta è certamente positiva, tanto da sperare in un futuro quanto improbabile remake in salsa moderna.
Il titolo è appassionante e ricco di bivi decisionali (
in cui dovremmo decidere se seguire i piani di Gail, diretti e ad armi spianate, o di Rick, ragionati e pacifici) che a seconda delle scelte sfoceranno in tre finali, aumentando notevolmente la rigiocabilità del titolo e facendoci vivere sezioni ludiche inedite rispetto alla precedente
run. L’esplorazione è ancora oggi fresca e ben elaborata, spingendoci a spremere le meningi e ad ammirare l’inventiva di alcune situazioni, accompagnati dall’angoscia e dalla fretta tipici del genere e del fratello maggiore,
Resident Evil. Purtroppo il primo capitolo di questa serie rappresenta anche il suo punto più alto;
Dino Crisis 2, sempre su PlayStation, virò decisamente su un
gameplay action con poche velleità di ragionamento.
Dino Stalker rappresentò una divagazione in salsa light gun in attesa di
Dino Crisis 3, esclusivo per la prima Xbox, portò i nostri rettili preferiti su una diroccata stazione spaziale, sancendo il punto più basso della serie (
la critica lo stroncò unanimemente) e l’accantonamento di una proprietà intellettuale che non aveva più molto da dire.
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