Redazione ILVG

Speciale Speciale Fiere: View Conference 2016

Nell’ultima settimana di Ottobre, siamo stati invitati a partecipare alla View Conference che si è svolta a Torino, dal 24 al 28. Per chi non lo sapesse, questa conferenza è giunta quest’anno alla diciassettesima edizione, e racchiude una serie di seminari e workshop a tema VFX & Computer Grafica in ambito videoludico e cinematografico. Nella giornata di giovedí 27 giugno abbiamo avuto modo di incontrare nomi di altissimo livello dal mondo di Hollywood e della Silicon Valley; in questo speciale, vogliamo raccontarvi la nostra esperienza.

 

Due chiacchiere con Mark Haimes
Innanzitutto, abbiamo avuto la possibilità di seguire il workshop “Scrutinizing the writing process & lifestyle: 7 Hack to avoid becoming a hack”.

Marc Haimes, sceneggiatore di Kubo e la spada magica, ci ha spiegato come fare uno screenplay per un film di successo. Haimes, grazie alla proiezione di alcune clip tratte direttamente dal film (prodotto da LAIKA e uscito di recente nelle sale italiane), ha analizzato i vari passaggi da seguire durante la stesura di uno script: dalla prima bozza alla consegna, fino al lavoro di affinamento finale grazie alle correzioni degli editor, dando suggerimenti e consigli agli aspiranti scrittori in platea in un botta e risposta che ha coinvolto molti studenti presenti in sala.

Bisogna affrontare gli step che vanno dalla scrittura alla realizzazione di un film con amore, ma senza essere troppo innamorati della propria storia. Bisogna essere pronti a tagliare qualcosa e a modificarne altre. Ci saranno ostacoli e coincidenze, che ci aiuteranno se sapremo sfruttarle, e bisogna tendere a finali che siano semplici ed emozionanti. Tutto qui, sulla carta.

Grazie all’utilizzo di esempi pratici – come indicazioni su come si sia evoluta la sua sceneggiatura -, Haimes ci ha spiegato i vari passaggi che da un’idea portano alla proiezione in sala, affrontando nel caso specifico tutti i problemi avuti in un film in Stop-Motion come è Kubo. Poi ha esortato i ragazzi in sala a scrivere, ad essere appassionati ed entusiasti in quello che fanno, ma usando la testa, poiché capita che a volte gli sceneggiatori si innamorino di alcune idee, di alcune scene, ma la vera forza sta nell’essere pronti a sacrificare quel che più si ama a pieno appannaggio del risultato finale.

In Kubo e la spada magica – dice Haimes –  io stesso ho dovuto tagliare una delle mie scene preferite. Non mi è piaciuto farlo, ma alla fine bisogna avere chiaro il bene comune.

Ha inoltre aggiunto che non bisogna avere paura di “copiare” i propri miti, nel senso più ampio di “prendere ispirazione”:

Vi piace Tarantino? Ispiratevi a lui senza paura che qualcuno vi dica che avete copiato. Il prodotto finale del vostro lavoro non sarà mai una copia, perché ci avrete messo comunque la vostra interpretazione, le vostre caratteristiche e la vostra visione del mondo. E sarà proprio questo a renderlo originale e diverso dagli altri”.

 

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Passeggiando per l’artigianato ludico
Successivamente ci siamo tuffati nel seminario “Keeping it real: Making Videogames by hand” , dove Daniel Fountain, Programmatore e Puzzle Designer di State Of Play, ci ha parlato della realizzazione di Lumino City. Per chi non lo sapesse, Lumino City, disponibile per iOS e PC, è un puzzle-adventure in cui impersonerete Lumi, la protagonista, che intraprende un viaggio per salvare suo nonno, scomparso sotto circostanze sospette.

Fountain ci ha spiegato, attraverso video e foto, come dall’idea di base (semplicemente disegnata) gli sviluppatori siano riusciti – non solo grazie alla programmazione, ma anche attraverso modelli fisici – a creare il gioco che conosciamo oggi.

 

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Gli scenari sono stati completamente realizzati a mano (utilizzando carta, cartone e colla) e animati al computer, grazie a infinite sessioni di registrazioni video. State of Play ha costruito un modello di città alto 3 metri, con luci in miniatura e motori per renderlo vivo, grazie alla collaborazione con architetti, artisti, prop-maker e animatori.

I movimenti dei personaggi, invece, sono stati ricreati grazie ad un sapiente utilizzo della realtà aumentata e della computer grafica – unita, naturalmente, ad un enorme lavoro di programmazione – ed integrati alla perfezione in quel mondo di cartone che è diventato il marchio distintivo della software house. Il risultato finale ha portato il titolo a vincere il premio BAFTA nel 2015.

 

Il game-development secondo Daryl Anselmo
È toccato poi a Daryl Anselmo, Art&Creative Director Zynga, che è salito sul palco con l’intervento: “The emotions of game development”   

Anselmo ha oltre 20 anni di esperienza nel settore, e attualmente lavora per Zynga a San Francisco. Il suo lavoro più recente l’ha incluso nel team di lancio di FarmVille 2. Ad oggi più di un miliardo di persone gioca ai vari giochi che Zynga propone; ma, prima di spiegarci come lavora Zynga, Anselmo si è voluto soffermare sulle sue sfide personali.

Daryl ha spiegato come, pur avendo un ottimo lavoro e un buon guadagno, nel suo precedente incarico era totalmente alienato, una persona senza empatia (si credeva solo al mondo); questo l’ha portato ad avere gravi problemi personali, sfociati in un’obesità compulsiva. Dopo una prima ripresa, cadde in uno stato di grave depressione che lo riportò di nuovo al sovrappeso.

È lampante come il gioco, assieme ad altre componenti come hobby, sport e attitudine mentale, possano aiutare le persone a combattere i propri demoni, che possono essere anche gravi, come la depressione o il peso eccessivo.

Grazie ai videogiochi – come i titoli marchiati Nintendo e LoL -, Anselmo è riuscito ad uscire dal suo stato di malinconia e a trovare uno stimolo per rimettersi in carreggiata con degli obiettivi precisi. Oggi Anselmo è riuscito a tornare in forma e a dedicarsi ad attività sportive di rilievo, come la partecipazione ad alcuni triathlon. Ma rimane comunque con un’alta soglia d’attenzione, perché sa che la tentazione è sempre dietro l’angolo.

 

 

Anselmo ha quindi voluto mettere queste sue esperienze nel modo di pensare i videogiochi. La parola d’ordine per lui e per Zynga è Flow, un flusso di emozioni che accompagna il giocatore e lo inserisce in una strada che porta ad una “comfort zone” durante il gioco, atta a non produrre né ansia, né noia.

 

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Dalle sue parole si può capire come lui pensi che ci sia una sottile linea che separa il creare emozioni dal mero guadagno, ma Zynga riesce ad equilibrare questi due temi grazie alla componente artistica del gruppo e a quella contabile: il creare emozioni é una delle loro “missioni”, in quanto loro puntano a soddisfare il giocatore piuttosto che le proprie tasche.

 

 

Per finire, una curiosità sulla software house: rispondendo ad una domanda dal pubblico, Anselmo ha voluto spiegare il perché del logo e del nome della compagnia. La risposta è stata molto semplice: Zynga era il cane di uno dei fondatori, che ha voluto ricordarlo in questo modo utilizzandone il nome per la software house e la razza per il logo.

 

Un tuffo nell’infanzia
Siamo rimasti, infine, ammaliati dal lavoro di Audrey Ferrara, Environment Supervisor di MPC, nel suo seminario: “Crafting a Boreal Jungle for Disney’s The Jungle Book.”.

Audrey Ferrara ha seguito tutta la parte riguardante gli effetti grafici ambientali de Il Libro della Giungla; con un susseguirsi di video ed immagini, l’artista ci ha spiegato come ci siano voluti due anni per creare il film, coinvolgendo più di 800 artisti e visitando 43 diverse location in giro per l’India anche solo per una pellicola lunga 95 minuti. La sezione Environment della produzione ha passato migliaia di ore facendo photoshoot dei più minimi dettagli delle location selezionate in India; dei 43 luoghi iniziali, ne sono stati scelti solo 19 da utilizzare per gli ambienti del film

Sono state inoltre fotografate e scansionate più di 1600 specie vegetali (dalla più piccola muffa al baobab, il gigante degli alberi) al fine di ricreare al meglio le location, utilizzando modelli digitalizzati delle foto fatte in loco. Moltissimo lavoro è stato fatto sulla renderizzazione delle foglie, la parte più difficile da digitalizzare in una pianta, e con un minuzioso procedimento sono state rese il più possibile reali all’interno del film. Inoltre, Ferrara ha spiegato che il film è stato girato quasi totalmente in bluescreen, utilizzando riproduzioni a 360 gradi in CGI; è stato incredibile vedere come in uno studio con solo una zolla di terreno siano state ricreate ambientazioni complete all’interno della giunga. Per far sembrare il più reale possibile la pellicola, però, nelle riprese sono stati lasciati dei “glitch”.

Nota di merito per i titoli di coda del seminario, che sono stati riprodotti come un libro che viene sfogliato, mostrandoci via via i personaggi che camminano in mezzo alla giungla.

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