Durante la View Conference di Torinotenutasi dal 24 al 28 ottobre Barry MeadeCo-fondatore e Direttore di FireProof Games (studio responsabile della serie di successo The Room) si è dimostrato molto disponibile a rilasciare una breve intervista sull’evoluzione dei videogiochi, sul loro futuro e sulle implicazioni che potrebbe avere la realtà virtuale, in particolare per i titoli creati dalla sua software house.

 

Per chi non lo conoscesse, Barry Meade, prima di fondare FireProof Games nel 2008, ha lavorato principalmente in Criterion, dov’è stato artefice di una delle più fortunate serie di giochi automobilistici arcade: Burnout. Dopo aver capito che per lui creare giochi non significava fare soldi, fondò FireProof Games col solo intento di mettere il giocatore al centro dell’esperienza. Citando le sue parole: “Quello che ci interessa è creare giochi che la gente vorrà comprare, non vogliamo solo fare soldi“.

 

La saga The Room, ad oggi, ha venduto 18 milioni di copie. Il primo capitolo è stato nominato “gioco dell’anno per iPad” nel dicembre 2012, ricevendo nello stesso anno anche un premio Bafta; questi riconoscimenti hanno portato il titolo ad un boom di vendite nel gennaio successivo, consacrandolo come uno dei migliori giochi mai creati su mobile. The Room Two ha poi seguito le orme del suo predecessore, diventando gioco dell’anno 2013. Il terzo capitolo della saga ha alzato ulteriormente l’asticella, portando la serie ad un livello assolutamente eccelso nel genere dei giochi basati sulla risoluzione di enigmi, divenendo vero e proprio punto di riferimento della categoria.

 

Dopo questo doveroso incipit, vi lasciamo all’intervista integrale che Barry Meade ci ha gentilmente concesso:

 

La serie di The Room è spesso tenuta in alta considerazione dalla comunità videoludica, anche tra coloro che in genere denigrano i titoli mobile. Qual è secondo voi il motivo di questo successo?

 

Sinceramente non lo so, non mi occupo di questo, però credo che molto sia dovuto al fatto che abbiamo creato qualcosa di nuovo, un gioco che non esisteva; e questa è stata la nostra forza. Prima, nel 2011/12, c’erano nel mondo Mobile solo brutte copie di giochi famosi, ma poi qualcosa è cambiato. La potenza dei telefoni ha aiutato certamente quest’evoluzione.

 

Il successo di The Room ha dato vita ad un grande numero di cloni ed emuli. Trovate che questo sia un rischio per le vendite e l’identità del vostro brand, oppure è uno stimolo per fare sempre meglio ed emergere dalla massa?

 

Quando si crea un gioco di successo è normale che altri tentino di imitarlo. A volte le copie possono essere pessime, altre volte invece potrebbero essere degli ottimi giochi, pur non essendo l’originale. Certamente questa situazione può essere sia un rischio che uno stimolo a migliorarsi. In questo i miei ragazzi sono bravissimi, ed è per questo motivo che non dormiamo sugli allori: siamo una piccola realtà con solo 9000£ sul conto, sbagliare significa chiudere.

 

The Room eccelle dal punto di vista della realizzazione grafica. In un videogioco come questo, quanto conta la realizzazione tecnica e quanto la componente artistica?

 

Sono importanti allo stesso modo. Possiamo dire che una componente non può esistere senza l’altra. Quello che ci interessa è creare giochi che la gente vorrà comprare, non vogliamo solo fare soldi: ciò porterebbe a creare giochi poco coinvolgenti per i giocatori, i quali sono la nostra risorsa più importante. Per questo motivo i nostri titoli, nel caso specifico The Room, hanno un’ottima componente artistica e una precisa realizzazione tecnica. Miscelando queste due componenti siamo riusciti a sviluppare un gioco dove la parola d’ordine è “paura”. Se solo fosse mancata una di queste componenti, probabilmente il gioco sarebbe stato come tanti altri, senza la sua unicità.

 

A nostro parere la serie The Room sarebbe particolarmente adatta per la realtà virtuale. Avete piani in proposito?

 

Quando ho visto per la prima volta un visore per la realtà virtuale ho pensato esattamente la stessa cosa: sarebbe incredibile un gioco come The Room su VR. Un gioco come il nostro, pensato per far paura, è particolarmente adatto a questa nuova tecnologia. Potremmo apprezzare ancora meglio giochi dal sapore horror, come Outlast per esempio. Se decidessimo di dedicarci alla creazione di questa versione, non sarebbe un semplice porting, bensì un titolo completamente nuovo, creato da zero apposta per i visori VR in modo da sfruttare appieno le loro caratteristiche. Al momento, però, non abbiamo ancora in programma di lavorare a questa versione, più che altro per motivi economici: attualmente è una tecnologia poco sviluppata e ancora in mano a pochi, e questo vorrebbe dire che potremmo spendere un sacco di soldi senza averne un ritorno. Pensate che abbiamo speso in tutto circa 3 milioni di dollari per The Room, un progetto come questo costerebbe almeno 10 volte tanto. In futuro però, quando ci saranno almeno 10 milioni di persone che utilizzeranno regolarmente la realtà virtuale, si: sarà quello il momento perfetto per rilasciare il gioco. Bisogna tenere conto che siamo ancora davanti a visori con una risoluzione limitata, pur con infinite potenzialità. Pensate che negli Stati Uniti sono vendutissimi i visori per i dispositivi mobili. Hanno un costo inferiore e una maggiore risoluzione. Certo, per funzionare hanno bisogno di un telefono che costa solitamente sui 700 dollari, ma una volta tolto il visore potrete usarlo come un semplice telefono. Dovreste provarlo.

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