Il
24 Maggio 2006, un conciso comunicato stampa
Valve dava la notizia che
Half-Life 2: Episode 1, l’atteso prosieguo delle avventure di
Gordon Freeman, era entrato in fase
gold. Contestualmente veniva rivelato che l’episodio sarebbe stato il primo di una
trilogia, che si sarebbe dovuta concludere nel
Natale 2007 con Episode 3, che veniva difatti annunciato ufficialmente.
Sono passati esattamente 10 anni da allora e la storia, come sappiamo, ha preso una piega differente.
Half-Life 2: Episode 2, inizialmente previsto entro la fine del 2006, slittò fino ad Ottobre 2007, per essere incluso assieme al rivoluzionario
Portal in quello straordinario pacchetto denominato
The Orange Box. Di Episode 3 si persero invece le tracce, al punto che ben presto i contorni tra questo ed il fantomatico
Half-Life 3 divennero sempre più sottili. L’opinione comune, supportata da numerose voci mai ufficialmente confermate, è che lo sviluppo dell’episodio sia stato cancellato e che i suoi contenuti siano poi confluiti nella lavorazione del terzo capitolo ufficiale della saga,
anch’esso ad oggi latitante. Mettiamoci il cuore in pace:
sono 10 anni che attendiamo Episode 3/Half-Life 3.
La storia degli sparattutto passa per Half-Life
La storia di Half-Life è inevitabilmente legata a doppio filo con quella di Valve Corporation. Fondata nel 1996 da
Gabe Newell e
Mike Harrington (entrambi con un passato in
Microsoft dove, tra le altre cose, avevano lavorato al
port Windows di Doom) la casa prese in licenza da
Id Software il motore grafico del primo
Quake, modificandolo pesantemente per la realizzazione di uno sparatutto dal nome in codice
Quiver. Dopo un cambio di nome ed uno strategico rinvio per non andar a competere nei negozi con
Quake II,
Half-Life venne rilasciato nel 1998,
cambiando per sempre il mondo degli sparatutto in prima persona e dei videogiochi in generale. La spinta propulsiva della prima generazione di FPS, che partiva dal seminale
Wolfenstein 3D, proseguiva per la serie di
Doom e culminava nella storica rivalità tra
Quake e
Duke Nukem 3D, passando per serie come
Heretic/Hexen,
Descent e
Marathon, si era ormai esaurita. Il genere era nella piena maturità e pronto per evolversi verso forme più complesse ed elaborate.
Half-Life fu il gioco giusto al momento giusto
Half-Life fu il gioco giusto al momento giusto, non solo introducendo un universo complesso e credibile ed una trama intrigante e ben sceneggiata, ma anche
cementando uno stile narrativo privo di cutscene, basato piuttosto su eventi scriptati in-game ed indizi ambientali. Anche a livello di gameplay c’erano degli elementi di novità, come puzzle ambientali e –
suona quasi blasfemo dirlo – platforming in prima persona, che nell’amalgama generale diedero luogo ad un titolo immersivo, affascinante, maturo ed assolutamente all’avanguardia per l’epoca. Il successo di Half-Life fu unanime tra critica e pubblico e grazie all’apertura di Valve alla comunità di modder diede vita ad una
lunghissima coda di prodotti derivati, realizzati sia livello amatoriale che da professionisti. Non solo le espansioni
Opposing Force e
Blue Shift, realizzate da
Gearbox, ma anche mod multiplayer come
Day of Defeat,
Counterstrike e
Team Fortress Classic e perfino prodotti autonomi, come il western sci-fi
Gunman Chronicles.
A tutto vapore!
Dopo aver dominato l’immaginario comune del videogiocatore PCista per tutto il periodo a cavallo tra la fine degli anni ’90 ed i primi anni 2000 e dopo alcuni anni di silenzio,
nel 2004 Valve rilascia il nuovo capitolo della sua saga,
di nuovo un momento di svolta nella storia dei videogiochi
Half-Life 2, ed è di nuovo un momento di svolta nella storia dei videogiochi. Non solo per l’altissima qualità del titolo, che espande le intuizioni di storytelling dell’originale e che per un certo periodo diviene il nuovo metro di paragone per l’IA dei nemici, le animazioni e la simulazione fisica, ma anche perché
il suo lancio coincise con quello della piattaforma di distribuzione digitale Steam, battendo sui tempi qualsiasi altra casa di sviluppo nel mondo del
digital delivery. A pensarci bene all’epoca fu un vero e proprio azzardo e non furono poche le voci scettiche, soprattutto provenienti da paesi come l’Italia in cui la banda larga aveva ancora scarsa penetrazione (
nella mia cittadina, ad esempio, sarebbe arrivata quasi due anni più tardi). Con questa mossa lungimirante Valve riuscì ad anticipare la crisi del videogioco PC in forma fisica, a porre un argine al fenomeno della pirateria online ed a creare
una piattaforma che a distanza di una decina d’anni è difatti monopolista nel settore della distribuzione digitale (con buona pace di
GOG,
Origin e
Uplay). Nel 2006 esce invece il primo episodio della
trilogia che continua la storia di Half-Life 2, rimasta come tristemente sappiamo
incompiuta, mentre Valve inizia un’operazione di diversificazione della sua offerta, spesso prendendo sotto la propria ala promettenti progetti amatoriali, portandoli al rango di vere e proprie hit: ne sono un esempio i brand di
Counterstrike e
Team Fortress, i cui successivi episodi sono stati sviluppati internamente alla casa, ma anche dei due capitoli di
Portal, nato come progetto studentesco, i due
Left 4 Dead di
Turtle Rock Studios (poi autori di
Evolve) e
DOTA 2, sequel della mod di
Warcraft III che diede origine al
genere dei MOBA.
L’attesa continua
Nonostante le molteplici iniziative di Valve,
il cliffhanger al termine di Episode 2 resta senza risposta. Episode 3 prima ed Half-Life 3 poi sprofondano in un blindato silenzio, con la casa che man mano si sbottona sempre meno sui fantomatici progressi (
o sull’assenza di questi) nello sviluppo. Nel contempo prolificano sul web frotte di
complottisti che tentano di scorgere in ogni dichiarazione ufficiale ed in ogni indizio reale o presunto la conferma che Half-Life 3 sia in dirittura d’arrivo, con rumor di volta in volta più folli ed articolati. La ben più prosaica realtà ci parla invece di una software house che ha colto al volo
l’occasione che decine di compagnie possono solo permettersi di sognare, trasformandosi da sviluppatore puro nel più grande distributore che la storia dei videogiochi ricordi. È chiaro come oramai Valve sia più assorbita dal suo ruolo di gestione della piattaforma Steam che dal pensare a nuovi titoli in lavorazione: perfino i suoi giochi al momento attivi,
Team Fortress 2,
Counterstrike: Global Offensive e
DOTA 2,
non sono dei prodotti in se e per se, ma delle piattaforme su cui gli utenti investono in microtransazioni. La Valve Corporation del 2016 è troppo impegnata nel cercare di anticipare o plasmare i trend videoludici del futuro prossimo, tra sistemi operativi (
SteamOS), hardware (le sfortunate
Steam Machine, ma anche lo
Steam Controller) e
VR (con il
Vive sviluppato in collaborazione con
HTC). Rispetto a questo cosa è un misero videogioco? Alcuni di voi potrebbero ribattere che
Half-Life non è solo un “misero videogioco”, ed avrebbero assolutamente ragione. Ma proprio per questo
Valve non può permettersi di bruciare la sua IP più storica, importante, iconica con un titolo fatto tanto per fare. No,
sono convinto che un giorno ci sarà un Half-Life 3
sono convinto che
un giorno ci sarà un Half-Life 3, un giorno in cui gli sviluppatori di Valve avranno ideato nuovi e rivoluzionari modi per portare avanti il discorso sull’immersione, la narrazione ambientale e le tematiche distopiche che caratterizzano la serie. L’ultimo decennio è stato occupato di prepotenza dagli sparatutto militari alla
Call of Duty, un genere per certi versi agli antipodi di quello di Half-Life, e solo nell’ultimo stanno nascendo o rinascendo delle alternative, vedi i vari
Doom,
Battleborn ed
Overwatch. Non so ancora dire se in questo rinascimento ci sia spazio per un Half-Life 3, quello che è certo è che gli ultimi anni ci hanno abituato a sorprese incredibili, come gli annunci di
Shenmue 3, del remake di
Final Fantasy VII o come il fatto che titoli dal travagliato sviluppo come
The Last Guardian e
Ni-Oh fossero ancora vivi. Ci avviciniamo ad un periodo di grandi annunci, quello dell’
E3 di Los Angeles. Come sempre è d’obbligo mantenere basse le aspettative, continuando però a sperare per il meglio.
Abbiamo aspettato 10 anni, possiamo aspettare ancora un po’. A patto che ne valga davvero la pena.
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