La seconda giornata parigina, lasciando momentaneamente da parte le voci che trovi sotto la colonna “roba da scrivere il prima possibile”, inizia dal punto di vista fieristico, circa alle 8.30. Prevedendo che da ora in poi probabilmente i tempi di attesa tra una prova e l’altra si andranno ad allungare decidi che la priorità è quella di provare
Rigs. Riesci (
sfruttando il fatto che il pass per la stampa permette di accedere alla Games Week un po’ prima dell’apertura ufficiale, fissata alle 9) ad essere tra le prime 12 persone ad accompagnare il titolo Guerrilla Cambridge in questo primo debutto pubblico. Mentre sei in fila ad aspettare scambi due chiacchiere con uno degli addetti dello stand, buttando li che hai delle ottime aspettative sul titolo visto che hai già apprezzato gli sviluppatori per il lavoro su
Killzone Mercenary: viene fuori che stai effettivamente parlando con il Sound Designer e lo Studio Manager del titolo. Ormai è ufficiale, i videogiochi sono l’equivalente più prossimo della Forza e mantengono unita tutta la galassia. Il titolo,
come già detto, risulta davvero divertente e (
oltre a decidere che il Tempest è una classe tremendamente figa e giocherai probabilmente sempre in quel ruolo) in buona sostanza riesce a venderti senza ombra di dubbio Playstation VR. Considerato che quando ripassi dalle parti dello stand trovi un cartello che annuncia una coda di un ora per provare Rigs, l’eventualità che sia piaciuto anche ad altra gente non è così remota.
*Inserire battuta triste su Expo*
Dopo Rigs è il momento di una capatina all’area dedicata a Battleborn, il nuovo titolo di Gearbox (
che dovreste conoscere per il lavoro dietro Borderlands), dove prevedibilmente ti trovi ad affrontare una buona mezz’ora di coda che fortunatamente tieni occupata grazie allo schermo dello stand Bandai Namco che mostra una sessione di prove ad
F1 2015. La partita dura all’incirca una mezz’oretta, affrontata nei panni di Seth (
scelto perché se ne va in giro armato di due spade), ed il tutto sembra inequivocabilmente realizzato in perfetto stile Gearbox: dalla grafica (un cell shading che rispetto a Borderlands è in linea di massima più colorato) al carattere ironico della produzione. Molto apprezzato il sistema di potenziamento scelto, che fa partire tutti i partecipanti dal livello uno e gli permette di acquisire e potenziare le rispettive abilità punto dopo punto e uccisione dopo uccisione. Sicuramente da provare più a fondo non appena la beta arriverà su Playstation 4.
Delle pulizie dovrà occuparsi l’Uomo Ragno
Subito dopo intercetti la zona colonizzata da Ubisoft, dove purtroppo non trovi
For Honor (
o se c’era non sei riuscito a capire dove) e ti devi accontentare di
Tom Clancy’s The Division. Una volta entrato nessuno si dilunga in qualche tipo di spiegazione, lasciandoti quindi giocare più o meno come preferisci la modalità multiplayer del titolo: il tutto sembra abbastanza in linea con quanto si vede in un third person shooter e, al netto dei tempi di respawn che portano via anche una trentina di secondi (
magari facendo poi rientrare vicino al fuoco nemico e ripetere la procedura da capo), senza grossi problemi ma parimenti senza nemmeno nulla che si possa indicare come particolarmente interessante. Con il legittimo sospetto che alla fine questa si rivelerà una modalità di contorno piuttosto che l’attrazione principale del titolo, posi il controller di Xbox One per ritrovarlo poco dopo allo stand di Microsoft in occasione della prova con
Rise of The Tomb Raider. Riesci a giocare in verità abbastanza poco a questo secondo capitolo della “seconda” Lara Croft, ma l’idea è che la base di partenza sia quella di due anni fa con qualche aggiunta (
per esempio le trappole dentro le tombe, che speri di vedere in numero maggiore e con più importanza… Dopotutto c’è scritto Tomb Raider, non “Lara scendi che ho buttato la pasta”). Con la speranza che questa volta il livello di sfida sia tale da non farti rimpiangere un Assassin’s Creed a caso, passi oltre e decidi che è il caso di iniziare a buttare giù due righe su quanto provato fino a questo momento.
Nota mentale: “Ho sentito che con il mio pass ho diritto ad un droide in omaggio” è sicuramente una cosa da provare alla prossima occasione
Prima di passare da HTC per la prova su strada di Vive, fai una capatina al padiglione 2.1, dove tra i vari stand presenti c’è una seconda area dedicata a Playstation, anche se decisamente più piccola di quella del padiglione 1. Ti fa un po’ specie trovare li in mezzo un po’ per caso
Ratchet & Clank per PS4, considerato che nell’area principale trovava posto anche roba uscita di recente come PES 2016; non appena una postazione si libera ti accaparri il posto e ti cimenti nella sezione su binari (
letteralmente, visto che si trattava di muoversi su un convoglio) abbandonata da chi si era seduto li prima di te. Non è sicuramente lo scenario migliore per dare un giudizio preliminare sul prodotto, considerato che non solo inizi a giocare a metà partita ma che l’audio è completamente azzerato (
e la postazione non è provvista di cuffie), ma il feeling è senza dubbio quello delle altre produzioni della serie di Insomniac, a metà tra platform e sparatutto.
L’area dedicata ad HTC Vive
Quella con
HTC Vive, come forse avrete già letto
nell’anteprima dedicata, è il secondo indizio che ti suggerisce che forse i tempi per la realtà virtuale sono finalmente maturi. Certo, molto probabilmente c’è ancora molto da fare dal punto di vista della resa visiva (sia in questo caso che con indosso Playstation VR il livello di dettaglio si abbassa per forza di cose), ma accettata la cosa l’esperienza diventa sicuramente più coinvolgente e abbatte definitivamente la quarta parete (
o quantomeno gli da una bella mazzata). Nel caso di HTC Vive c’è da dire che andrà valutato anche il costo in termini di altre periferiche e di spazio da dedicare a queste simulazioni, visto che non a tutti avanza una stanza da adibire esclusivamente a cose del genere senza altri ostacoli/arredamento in mezzo.
Skull Face da The Phantom Pain in compagnia dell’addetto alle pulizie (in basso a destra)
L’idea del terzo giorno sarebbe quella di dedicare un po’ di tempo ai titoli presenti in fiera e non ancora affrontati, come il DLC di Bloodborne (
The Old Hunters) o
Homefront. La cosa è destinata a rimanere sulla carta visto che da una parte la partenza incombe e l’aeroporto che ti deve riportare in patria è a circa 2 ore di mezzi pubblici da dove ti trovi e dall’altra le file hanno raggiunto proporzioni ragguardevoli. Finisce che riesci solamente a fare un secondo giro ad alcuni titoli presenti nel “corridoio” del booth di Playstation e che ripieghi in ritirata nella saletta dedicata alla stampa, portandoti un po’ avanti con gli articoli pubblicati poi in questi giorni.
See you soon. O quantomeno non appena qualcuno organizza un’altra cosa del genere
#LiveTheRebellion