Recensione Gravity Rush 2

Un famoso proverbio recita il troppo stroppia. In chiave videoludica, questo tipico esempio di saggezza (o presunta tale) popolare potrebbe tradursi grossomodo in questo concetto: inserire contenuti pensati solamente per fare “volume” ed allungare l’offerta danneggia nel complesso il prodotto. Ed è questa, senza girarci troppo attorno, la colpa più grave di Gravity Rush 2, quella macchia che impedisce a questo sequel firmato (di nuovo) Japan Studio di assestarsi allo stesso livello della prima avventura di Kat. Qualche capitolo in meno, e forse andando a reindirizzare l’offerta nella fascia di mercato in cui (economicamente parlando) hanno già giocato Ratchet e Clank l’anno scorso, e probabilmente parleremmo di un altro must have per PlayStation 4. Eppure, il lavoro di Keichiiro Toyama, al netto di una delusione iniziale in più di un senso, è riuscito a chiudere in modo efficace il cerchio sulle avventure di questa misteriosa ragazza, caduta dal cielo per salvare il suo mondo ma che suo malgrado non è riuscita a salvare PlayStation Vita.

In gravitas res
La storia raccontata da Gravity Rush 2, senza troppi preamboli, inizia lanciando il giocatore in quello che dovrebbe essere il vivo delle vicende: dopo gli eventi del primo capitolo e del corto animato “ponte” tra i due episodi, Kat è stata risucchiata in una tempesta gravitazionale che l’ha costretta a separarsi dall’amica Raven e da Dusty, facendo ricomparire a Jirga Para Lhao solo la ragazza (priva dei suoi poteri, visto l’assenza del gatto che ne è a tutti gli effetti la fonte) e Syd, altra faccia già nota a chi ha giocato il primo capitolo. Jirga Para Lhao è una città composta essenzialmente da minatori, dove la vita è dura e tutti gli uomini devono servire, lavorando all’estrazione di minerali che alimenta l’unica entrata cittadina, il commercio. Regola aurea che sembra però valere solo per le classi sociali inferiori, quelle che vivono più vicine alla superficie terrestre, mentre chi abita nelle isole più alte del complesso (veri e proprio quartieri di lusso per i cittadini più abbienti) vive sfruttando questa manodopera e sperperando il proprio patrimonio frivolamente in feste e altri eccessi. Le prime battute di Gravity Rush 2 sono proprio dedicate a questo conflitto di classi, che vedrà Kat prima opporsi allo status quo (non solo dal punto di vista sociale) e poi cercare di abbattere questa separazione netta tra ricchi e poveri, tra “noi” e “loro”. Non mancherà comunque anche un ritorno alla Hekseville del primo capitolo, riproponendo diversi elementi del cast del primo capitolo e nuove aggiunte pensate per costruire quello che, di fatto, è il secondo atto della produzione.

La sensazione è che Gravity Rush 2 “perda tempo” nella prima parte, laddove sarebbe stato meglio inserire meno missioni e più sostanza
Dove Gravity Rush 2 centra il bersaglio è, come dicevamo, nella chiusura del ciclo dedicato a Kat aperto nel primo capitolo. Se nel 2012 il titolo, dal punto di vista del racconto, non dava troppe spiegazioni e si lasciava alle spalle ampi aloni di mistero e situazioni non chiarite, questo sequel riesce indubbiamente a far quadrare il cerchio sulla figura della Regina della Gravità. Certo, rimangono ancora alcuni aspetti non propriamente chiari a cui si può dare un’interpretazione più o meno libera, ma arrivati finalmente ai (veri) titoli di coda tutto quello che riguarda Kat e Raven è chiaro e qualche colpo di scena non manca. Il problema? Un ritmo di gioco dannatamente (e come vedremo a breve, anche ludicamente) blando nelle prime sezioni proposte, con un atto uno (e anche qualche missione della seconda parte, a ben vedere) che restituisce la sensazione di essere stato artificiosamente allungato per aggiungere minutaggio al contatore delle ore di gioco e allineare l’offerta lato contenuti alla piattaforma di riferimento per Gravity Rush 2. Alcune missioni senza troppi giri di parole sono al limite del futile e vanno a diluire un po’ troppo la sostanza, laddove da un certo punto in poi il tutto accelera e si arriva a giocare l’atto tre, dopo i primi titoli di coda, tutto d’un fiato. Un peccato, perché gli spunti interessanti nella prima parte non mancavano (e nella seconda si arriva davvero ad un soffio dall’introdurre la questione che contrappone privacy e sicurezza), ma tutto questo va inevitabilmente a scontrarsi con la piattezza di questi “filler”, tanto nella storyline principale quanto (dove va detto, l’approccio nasconde una sua ragion d’essere) nelle missioni secondarie, mediamente poco inclini ad approfondire quanto sta succedendo lasciando il compito ad alcuni dialoghi opzionali disseminati sulla mappa. Insomma, i contenuti non mancano nemmeno alle voci di contorno, andando ad includere (tra le altre cose) anche sezioni pensate per il grinding delle gemme necessarie a sbloccare le varie abilità di Kat, ma tutto scade velocemente nel ripetitivo e ci si ritrova ad affrontare questi spezzoni d’esperienza a caccia di trofei o semplicemente per apprezzare il gameplay del prodotto nelle sue sfaccettature. E sì, fortunatamente pad alla mano e con i Nevi a schermo il tutto riesce a farsi volere bene, facendo anche meglio del primo Gravity Rush.

Tu la regina del celebrità della gravità…
Procediamo con ordine. Dal punto di vista più direttamente ludico, Gravity Rush 2 è figlio del suo predecessore e ne eredita gran parte delle meccaniche (e dei problemi, come avremo modo di approfondire). Di conseguenza anche il sistema di controlli è estremamente familiare a chi ha giocato il primo capitolo su PlayStation Vita o Gravity Rush Remastered l’anno scorso. Ecco che quindi Kat può colpire i nemici con combo più o meno lunghe (a seconda delle gemme investite in quel ramo delle abilità), schivare gli attacchi di Nevi e soldati che la prendono di mira, sfruttare i campi di stasi per lanciare al loro indirizzo oggetti di scena e alterare il suo centro di gravità permanente sfruttando la meccanica per volare da un punto all’altro della mappa. L’unica grossa novità è una revisione del sistema legato alla scivolata gravitazionale, che invece di affidarsi ad entrambi i grilletti per controllare i movimenti della Shifter viene adesso attivata dalla sola pressione del tasto L2, diventando più complessa da gestire (specie se non si disattiva la sensibilità dell’accelerometro di Dualshock 4) senza un apparente motivo. Quantomeno per la prima decina di capitoli proposti.

 


Per approfondire:
Gravity Rush Remastered
 

Le novità ludiche vincono e convincono: il gameplay ne esce arricchito fuori da ogni dubbio e più divertente che mai

Come un buon vino infatti Gravity Rush 2 cresce man mano che lo si gioca, liberandosi delle zavorre che ne svilivano la resa a schermo e la riuscita complessiva non solo sul piano narrativo, ma anche per quanto concerne l’esperienza ludica. Sbloccati i due stili di gravità aggiuntivi di Kat infatti diventa chiaro il perché la scivolata sia stata “confinata” su un solo tasto: l’altra mano, sul touchpad, serve appunto ad innescare questi, e una volta che tutte le tessere del mosaico sono al loro posto la meccanica acquisisce una profondità assolutamente non banale e, nel complesso, più riuscita rispetto al capitolo d’esordio. Kat durante l’esperienza acquisirà la Gravità Lunare (attivabile facendo uno scroll verso l’alto sul touchpad di Dualshock 4), che renderà la scivolata gravitazionale più lenta dal punto di vista della velocità, ma più gestibile sul fronte della manovra non solo grazie a cambi di direzione più puntuali ma anche perché in questo stato la ragazza può saltare notevolmente più in alto. Di contro, la Gravità Gioviana è agli antipodi, posizionandosi sul lato opposto dello spettro delle possibilità grazie ad una velocità di movimento tremendamente più drastica, pagata però dal punto di vista della precisione in manovra e dei salti, decisamente più contenuti e “a bassa quota”. Presa la dovuta confidenza con il sistema la soluzione non può che essere promossa e risultare ludicamente appagante, andando a nobilitare tutte le sfide inserite in-game legate alla scivolata gravitazionale. Ma i due stili gravitazionali non si limitano ad impattare su questa meccanica, e condizionano il gameplay a tutto tondo. La Gravità Lunare sul campo di battaglia risulta meno interessante se si va ad analizzare il danno inflitto dal singolo attacco, ma compensa grazie ad una sorta di auto-agganciamento dei nemici e con un calcio gravitazionale estremamente più rapido. Ma è nelle sezioni esplorative che la novità mostra davvero tutte le sue potenzialità, andando ad inserire una certa componente di platforming e permettendo di spostarsi sulla mappa senza dover necessariamente ricorrere ai poteri gravitazionali di Kat: il salto a molla consente, appoggiandosi ad una parete, di spiccare un balzo in elevazione, mentre il salto a razzo permette di spostarsi anche in orizzontale senza dover modificare la gravità. Chiude poi la possibilità di utilizzare la schivata a mezz’aria per mantenere quota e raggiungere parti dello scenario altrimenti precluse, fornendo al giocatore un pacchetto che alla fin fine è interessante in battaglia ed arricchisce parecchio il tutto quando si parla di movimenti (e le sezioni in cui viene posto l’accento su questo non mancano, né durante la campagna che nelle side-quest). Anche in questo caso la Gravità Gioviana funge da Yin per lo Yang lunare, andando a rendere Kat più letale (ma più lenta) sul campo di battaglia, incrementando i danni per attacco e aggiungendo non solo la possibilità di parare e contrattaccare (particolarmente utile in alcune boss fight), ma anche un mortifero calcio gravitazionale capace di essere caricato per infliggere danni ad aera e colpire più nemici contemporaneamente. Un arricchimento che questa volta pone l’accento sul battle system, ma non trascura la parte di esplorazione introducendo un paio di interessanti varianti sul tema. Kat è infatti più pesante, e di conseguenza modificando la gravità la velocità di spostamento da un punto all’altro sarà maggiore, come anche la velocità di caduta quando si va a ripristinare la gravità originaria. Visto che si combatte molto spesso in aria, diventa un elemento tattico molto utile per tornare a terra velocemente o frapporre ostacoli tra Kat ed il nemico e riorganizzare le idee, oltre che per spostarsi più velocemente sulla mappa (tenendo sempre d’occhio l’indicatore della gravità).

gravity rush 2 kat sing

Senza sezioni stealth e con più fasi puzzle saremmo stati più felici e meno frustrati
Il risultato non può che essere accolto favorevolmente, visto che va a migliorare – in maniera anche abbastanza marcata – quanto visto nel capitolo precedente, facendo complessivamente crescere la profondità del prodotto. Tanto più che le occasioni in cui sfruttare a tutto tondo le novità non mancano, e dal punto di vista della sfida Gravity Rush 2 pondera le sue scelte meglio di quanto fatto dal punto di vista narrativo: ci sono sì le classiche boss fight contro il Nevi gigante di turno dove bisogna distruggerne i nuclei, ma non mancano scontri contro avversari di taglia umana che danno un serio filo da torcere alla Shifter, riuscendo a divertire chi sta davanti allo schermo. L’unico grosso “però” è che le sezioni puzzle viste nel primo capitolo si siano in pratica date alla macchia, comparendo (in un unico caso, peraltro) solo a ridosso del finale dell’opera. Un peccato, visto che la sezione proposta risulta essere tra le più ispirate del prodotto, e se si ripensa ad alcune delle missioni riempitive di cui sopra in cui Kat deve seguire un bersaglio o avanzare senza farsi scoprire (e basta uscire da determinate aree perché il gioco faccia fallire la missione, barando e aumentando il senso di frustrazione) viene da chiedersi chi abbia deciso di inserire più spezzoni stealth rispetto a queste fasi.

… Bella magnifica senza un’età
Dal punto di vista artistico discutere Gravity Rush 2 è, senza mezzi termini, pura eresia…
Per tradizione dedichiamo da sempre l’ultimo paragrafo delle nostre recensioni alla performance lato tecnico di un titolo, spendendo anche qualche parola sulla sua resa artistica. Gravity Rush 2 gestisce questi due aspetti con una certa schizofrenia, facendo molto bene da una parte e molto male dall’altra. Dal punto di vista del colpo d’occhio generale infatti il gioco è (non troviamo davvero un’espressione meno entusiasta per descriverlo) bellissimo: la direzione stilistica del primo capitolo, a metà tra la scuola del fumetto francese e il manga giapponese, beneficia della maggior potenza di calcolo di PlayStation 4 e riesce a confezionare un pacchetto che da questo punto di vista è francamente indiscutibile.

Un’opera che si sarebbe quasi tentati di contemplare in silenzio ed immobili, se pad alla mano come detto non fosse così divertente.

L’asse Parigi-Tokyo si ritrova anche nelle sonorità del titolo, che portano nelle casse del proprio impianto audio una lingua che amalgama i tratti più dolci della Langue d’oil ai suoi più ruvidi di quella nipponica, riuscendo a tradurre in suoni umori e stati d’animo dei personaggi in modo efficace, specie se si pensa che il lavoro è tutto essenzialmente d’inflessione (essendo la lingua parlata una lingua fittizia). E, a coronare il tutto, si ritrova la splendida colonna sonora sentita nel primo capitolo, cui si mixano pezzi inediti per le nuove aree del titolo e che riescono allo stesso modo ad arrivare al cuore di chi gioca.

… La performance tecnica però mostra ampie ombre
Metabolizzate quanto detto qui sopra per quelli che sono gli aspetti più artistici del titolo, e adesso immaginate quello che vi abbiamo raccontato venga sconquassato da tremendi cali di frame rate quando il tutto viene messo sotto sforzo. Lanciare un calcio gravitazionale in Gravità Gioviana caricandolo al massimo coincide con l’azzoppare il numero di fotogrammi al secondo che passano sul televisore, ma anche quando la situazione inizia a farci concitata motore di gioco viene messo a dura prova. Mediamente, in situazioni normali, tutto funziona tranquillamente, ma il fatto che alla fine per il giocatore sia così facile andare a causare problemi di questo tipo (come detto, basta sfruttare la Gravità Gioviana) è un duro colpo per la produzione. Come è dura mandar giù l’idea che, nonostante due release del titolo precedente abbiano ampiamente evidenziato il problema (ne abbiamo parlato anche sulle nostre pagine) nulla si sia fatto per risolvere le incertezze della telecamera, che va in affanno con la stessa facilità dell’engine. Capiamo l’impossibilità di inserire un lock-on manuale fisso, che avrebbe letteralmente ammazzato l’esperienza di gioco, ma il fatto di aver deliberatamente ignorato il problema incapaci di proporre una soluzione non ha giovato ad un risultato finale tra luci e ombre.

Verdetto
8 / 10
Ma inserire una co-op no?
Commento
Non si può negare che Gravity Rush 2 sia un ottimo titolo. Diversamente, non gli avremmo assegnato una valutazione che riteniamo decisamente alta per motivi di comodo, senza davvero credere alle parole che avete appena letto (o meglio, speriamo abbiate letto). D'altra parte è indubbio come il titolo di Japan Studio non sia esente da problemi, siano questi un'eredità del titolo precedente o invece nuovi elementi destabilizzanti, che tradiscono una certa ansia da parte degli sviluppatori nel voler proporre un prodotto - contenutisticamente, visto che gameplay e componente artistica sono fuori da ogni dubbio riuscitissimi - all'altezza del prezzo del biglietto richiesto. A mancare è, per un tratto troppo lungo, la sostanza, e la sensazione è che con qualche missione riempitiva in meno (e magari proponendo più spezzoni puzzle) staremmo parlando di un capitolo al di sopra delle già alte aspettative che si potevano nutrire dopo l'ottimo esordio e l'ancor più riuscita remastered. Il risultato finale invece paga pegno: rimane comunque un titolo con cui confrontarsi, se si è stati sedotti a suo tempo da Kat e Raven, ma che si accontenta di essere un ottimo titolo invece di entrare nell'elité dei migliori prodotti in esclusiva per PS4.
Pro e Contro
Ludicamente è maturato moltissimo
Artisticamente indiscutibile
Finalmente delle risposte
Tanti contenuti...

x ... Ma mediamente piatti
x Ingrana lentamente
x Frame rate a tratti incerto
x Telecamera (ancora) ballerina

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